Ultimatum dei carapintadas a Menem di Mimmo Candito

Ultimatum dei carapintadas a Menem Con un duro documento del golpista Seineldìn i militari irrompono nella crisi argentina Ultimatum dei carapintadas a Menem Gli oltranzisti dell'esercito attaccano lo Stato Maggiore per non aver fatto rispettare le promesse di amnistia - Accuse al neopresidente di essersi alleato ai «marxisti» per la politica economica - Un tentativo di sfruttare la fase di trapasso istituzionale nostro servizio BUENOS AIRES — Con un documento di critiche e di rampogne contro gli alti comandi, ieri il colonnello Mohamed Seineldin, leader dei carapintadas. è intervenuto decisamente nella crisi politica argentina, n documento è una dura requisitoria contro il gen. Francisco Gassino, capo di stato maggiore, accusato di non aver applicato l'amnistia interna concordata con lo stesso Seineldin al tempo della ribellione di Villa Martelli, n documento non è solo una dichiarazione su problemi interni delle caserme, incide direttamente nei rapporti tra potere militare e società civile, e rimette in discussione l'egemonia costituzionale del potere politico sulle questioni della difesa. Arrivando in una fase difficile della transizione, e proprio mentre la crisi politica si trova nell'indeterminatezza dei poteri tra il presidente uscente ormai dimissionario, Alfonsin, e Menem che ancora non ha assunto né le responsabilità né la legittimazione del mandato, intorbida pesantemente gli ultimi giorni della presidenza radicale e punta a condizionare le scelte e le decisioni del nuovo presidente peronista. I carapintadas (cioè le facce nere, i soldati con il viso tinto di nerofumo) sono l'ala oltranzista dell'esercito: attaccano i vecchi generali, imputandogli di aver svenduto l'onore delle forze armate, e mirano a imporre una leadership dei gradi intermedi più giovani, considerati i soli capaci di recuperare il potere militare e la dignità perduta delle armi. La prima ribellione era avvenuta durante la Settimana Santa di due anni fa, e l'aveva guidata il colonnello Aldo Rico, con il quale il presidente Alfonsin aveva negoziato una resa senza spargimento di sangue; lo stesso Rico aveva ripreso la guida di un battaglione ribelle a Monte Caseros, nel gennaio dell'88, accusando il governo di non tener fede agli impegni; c'era stato un patteggiamento, le truppe inviate dallo stato maggiore si erano rifiutate di intervenire, e alla fine Rico si era arreso di fronte a nuove promesse di Alfonsin. Le promesse (riguardavano la sostituzione del capo di stato maggiore, la liberazione di alcuni ufficiali arrestati per ribellione, la chiusura dei processi contro ufficiali e soldati accusati di aver partecipato alla feroce repressione degli Anni 70) ancora una volta non erano state mantenute, e arrivava la rivolta di Seineldin, più seria e drammatica perché il colonnello Seineldin è un uomo di grande prestigio nelle forze armate ed è considerato il leader indiscusso di tutti i fermenti che agitano i giovani ufficiali imbevuti di una dottrina pesantemente nazionalista e autoritaria. Ora Seineldin torna a farsi sentire. In tutti questi mesi aveva mandato avanti a far proclami e annunci il suo diretto subordinato, il colonnello Aldo Rico; ma adesso si è veramente a una svolta politica, e i carapintadas intendono profittare della debolezza dei poteri costituzionali, per trarre il maggior vantaggio in questo improvviso braccio di ferro. L'obiettivo dell'assalto è duplice: costringere Menem ad accettare una amnistia, o comunque rivendicare dell'amnistia che alla fine probabilmente ci sarà la paternità e ogni merito; e poi guadagnare ulteriore forza nello scontro interno alle caserme, per scalzare il vecchio generalato e dettare una linea che tenga conto degli ideali revanscisti dei nuovi colonneli e dei maggiori. Seineldin spara a zero contro il potere politico: attacca i peronisti, accusa Menem di aver imbarcato nel nuovo governo marxisti e trozkisti, critica le scelte di politica economica, e annuncia nuove azioni dimostrative. Un'uscita allo scoperto così avventurosa pare poco omogenea a chi finora aveva dimostrato una grande capacità di azione tattica; c'è da credere che la resa dei conti debba essere vicina. Voci insistenti parlano di un referendum sull'amnistia ai militari, e la gente di Seineldin non si sente tranquilla con le decisioni rinviate al giudizio di un popolo. Mimmo Candito

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