Avanguardia dalla Russia profonda

Avanguardia dalla Russia profonda S'INAUGURA AL LINGOTTO LA GRANDE MOSTRA SULLA STAGIONE 1870-1930 Avanguardia dalla Russia profonda ;Da domani e fino al 20 ottobre la rassegna (260 dipinti in un ambiente ideato da Renzo Piano) sarà aperta al pubblico - Sessantanni di ricchissima creatività che il regime stalinista ha «occultato» dopo l'imposizione del «realismo socialista» - Il dialogo ira innovazioni occidentali e tradizione bizantina, dal movimento degli «ambulanti» alla fioritura cubo-futurista • Le figure-guida di Malevic e Tatlin, le opere di Kandinskij e Chagall TORINO — All'inizio, Repin, uno dei celebri 'Ambulanti», rappresenta Sofia Dragomirava informa e costume di Ucraina E' un omaggio del 1889 a Courbet e, alle spalle, a Corot. Alla fine, Brodsky, rettore all'Accademia di Leningrado ricostituita daU'-apparaU staliniano, affossando la sperimentazione rivoluzionaria e produttivista degli Atelier di Stato. Siamo nel "32 e U pittore raffigura, con l'oggettività parafolografica del neonato «realismo socialista», Lenin allo Smolnyi, come fosse un santo tridentino della Controriforma cattolica su un altare milanese o bolognese del primo '600. Fra questi due poli c'è ilformidabile e tumultuoso contributo di sessantanni di arte russa e sovietica atta cultura visiva mondiale: dal Simbolismo all'estrema avanguardia sublimata o costruita di Malevic, di Tatlin ediRodèenko. La mostra si inaugura oggi e verrà aperta al pubblico da domani fino al 20 ottobre, grazie all'iniziativa della Fiat, del ministero della Cultura dellXIrss e di Italia-Urss, lungo l'esatta limpidissima scansione dei teli bianchi di Renzo Piano fra i pilastri del Lingotto. Sono 260 dipinti e strutture plastiche, oltre a una ricchissima documentazione fotografica e gràfica nel corridoio centrale. Rivelano e recuperano, con estensione e approfondimento mai visti in Occidente e nemmeno in Unione Sovietica, un contributo che era divenuto rapidamente un -oggetto misterioso» dopo la messa a regime, nell'Unione degli Artisti del 1932, del fervido contrasto di gruppi,'di forme, di idee del primo decennio rivoluzionario, erede a sua volta del clima altrettanto fervido del precedente trentennio zarista. Prima di quel 1932, lo straordinario prototipo di organizzatore culturale che Djagilev aveva scatenato, a Parigi-e poi nel mondo, fra primo e secondo decennio del "900 (in Italia, alla Biennale e poi alla Secessione Romana) aveva rappresentato la prima fase di quella cultura; e nel 1914 Marinettifu alternativamente osannato e sbertucciato a Mosca e a Pietroburgo. Dopo quel 1932, rimase viva e attiva solo la testimonianza degli emigrati, Kandinskij e Javlenskij, Chagall e Larionov e la Goncarova. Punì e i fratelli Pevsner e Gabo. Per fortuna della cultura nostra e sovietica nel segno della -Glasnost», il conservatorismo della burocrazia staliniana non segui l'idea distruttiva di -arte degenerata» elaborata dai nazisti. Forse ciò avvenne anche nel rispetto del gesto di Lenin che nel disfece delle grandi collezioni di Sukin e di Morozov, a Mosca, il primo museo al mondo esclusivamente di arte contemporanea 'Occidentale». Lo stalinismo si limitò ad occultare opere e documenti dell'avanguardia 'borghese» per lasciare esclusivo spazio al 'realismo socialista», alle sue radici formali e ideologiche nel movimento pittorico degli •Ambulanti» e, in parte, nel simbolismo slavo-orientale fra '800 e primo "900. Rimase alla luce, attraverso la straordinaria collezione di bozzetti e di modelli del Museo Bachruéin di Mosca, solo l'incontro in forma scenografica fra arte figurativa e costruttivista e la grande stagione pre e postrivoluzionaria del teatro lirico, di balletto, di prosa: un punto di esclusiva e incomparabile gloria che l'ordinatore Carandente, con la collaborazione di Claudia Terenzi, ha messo giustamente in primo piano. Djagilev ci contempla, superbamente snob sia nella tunica russa sia nell'eleganza occidentale, dai ritratti di Serov e di Bakst. E i bozzetti scenografici sono densi di memorie storiche: di Benois il siparietto neosettecentesco per Petruska e Le pavìllon d'Armìde, che vide nel 1907 al Teatro Mariinskij di Pietroburgo l'esordio di Nizinskij, della Pavlova e di Fokin come ballerino-coreografo; di Golovin la morbida fantasia slavo-orientale per il Boris Godunov, con cui Djagilev esordì nel 1908 e stupefece Parigi con l'interpretazione di Saljapin e i costumi di Benois; della Gonéarova lo scatenato, fiabesco primitivismo d'avanguardia, ancora una volta orientaleggiante, del Gallo d'Oro, con cui esordì a Parigi nel 1914 con i Balletti Russi. La dialettica fra l'apertura, l'adeguamento, il contributo alle rivoluzioni artistiche 'occidentali», e il legame con la tradizióne russa orientale-bizantina, fantastica e fiabesca, popolare e ortodossa, percorre tutta questa grande stagione ed è chiaramente scandita in senso storico e cronologico dalle sezioni della mostra. Le prime, dedicate agli -Ambulanti», alla cerchia raccolta ad Abramcevo dall'imprenditore Savva Mamontov, e al -Mondo dell'Arte», sono necessariamente penalizzate dall'inamovibilità delle colossali scene romantico-realiste di antica storia russa e di umanitarismo sociale tolstoiano di Kramskoij (il fondatore assente, per minor rango qualitativo), Surìkov, Repin, e di quelle più elegantemente -moderniste» dedicate alla Pietroburgo di Pietro il Grande e di Elisabetta da artisti del -Mondo dell'Arte» come Serov, Dobuzinskij, Lansere — un altro assente, meno giustificato. Ma risultano ugualmente bene in evidenza le radici di quella dialettica fra Oriente e Occidente. L'intenzione originaria degli -Ambulanti», con l'illusione di calare uno spirito russo autoctono in forme già attardate di verismo europeo, è esemplata dal bozzetto dei Cosacchi in barca di Surikov e dalla Meditazione sul monte di Polenov, scena evangelica alla Domenico Morelli; ma il loro spirito vero è sem¬ mai da cercare nello straordinario ritratto con cui Repin nel 1912 letteralmente divinizza nell'oro del sole e della natura il vecchissimo Tolstoj, con forme che da noi portano il nome di Previati e Nomellini. Con Polenov assistiamo già al passaggio degli -Ambulanti» alla cerchia di Mamontov, e alla nascita della rivoluzione scenografica nel teatro privato moscovita del mecenate, in cui Polenov è affiancato da Vasnecov. E siamo qui alle prime rivelazioni della mostra. L'insorgere dello spirito 'antico-russo» ad Abramcevo, gran centro di arti decorative -moderniste» ma nelle forme dell'artigianato di tradizione popolare, è presente sia nel grande, fiabesco Sirin e Alkonost di Vasnecov, una sorta di simbiosi fra Gustave Moreau e Giulio Aristide Sartorio su un fondo di tronchi e fogliame preraffaelliti, sia nello splendido sintetismo-verismo pittorico della Chovansina di Nesterov. Questi spunti trionfano, senza possibilità di paragoni con l'Occidente, nel simbolismo 'bizantino» dell'enorme Volo di Faust e Mefistofele e del bozzetto per il Demone caduto del grandissimo Vrubel, in cui scompare ogni confine fra fantastiche convulsioni grafiche e sfaccettature cro¬ matiche, fino ai limiti del gestuale e dell'informale. Programmaticamente 'occidentale- è La cena di Bakst del 1902, fra Munch e Beardsley, già vista nell'edizione torinese 1982 della mostra •Mir Iskusstva». Ma sontuosamente 'Orientali» e fantastiche sono le rivoluzionarie scenografie per Djagilev di Korovin. Juan, Bakst, del grande Rerich per la Sagra della Primavera (come pittore, ma non saprei per qua! via, sembra avere echi nel giovane Casorati), di Golovin. In questo contesto, solo il singolarissimo Dobuzinskij, cupo pittore della Pietroburgo proletaria (Sul Ponte, Notte a Pietroburgo, per cui mi sembra troppo avanzata la datazione 1924), assai vicino alla poesia di Blok, propone la straordinaria «naiveté» quasi predadaista del bozzetto per la version ■ in prosa del 1908 di Petruska di Potemkin, con la regia di Mejerchold, che ispirerà tre anni dopo Benois e Stravinskij. Viktor Borisov-Musaiov, di Saratov. muore a 35 anni nel 1905: accanto a Vrubel, è l'altra grande figura-rivelazione che apre la strada alla nascita dei primi gruppi di avanguardia simbolista, con il suo delicatissimo, sognante mondo vicino a Cecov. A lui, piùche a Vrubel. si richiamano, in forme di più avanzata prospettiva europea, l'effusione cromatica -chiara» di Kuznecov e il sintetismo orientaleggiante dell'armeno Sarjan, dove già si affacciano -fauvisme» e Matisse: sono i maggiori esponenti della -Rosa Azzurra- (con l'assente Miliuti). gruppo che espone alle mostre moscovite del -Vello d'Oro», rivista erede del -Mondo dell'Arte» dopo la trasmigrazione a Parigi di Djagilev. Il -Vello d'Oro-, legato al grande collezionismo moscovita, propone in gran pompa alla Russia i francesi, dagli Impressionisti ai Nabis, ai -Fauves» con Matisse. Ed ecco allora, dal -Vello d'Oro- al -Fante di Quadri: l'avanguardia figurativa matissiuna e cézanniana e -moderatamente» cubista: troviamo echi assai differenziati di Matisse sia nello stupendo, espressionista Giovane con camicia a fiori di Maékov, sia nei ritmico-simbolici Ragazzi e Guerriero assetato (quasi una •scuola romana» 1930, ma nel 1915) di Petrov-Vodkin. Giungiamo qui ad un punto-chiave, discriminante, nel percorso di mostra, assieme al trionfale snodo centrale con le quattro grandi astrazioni espressive di Kandinskij dal 1910 al 1917. Dopo la rivoluzione, Maékov e Petrov-Vodkin saranno animatori dei gruppi figurativi antesignani del realismo socialista Esemplare in tal senso è la presenza in tre punti diversi di una notevole personalità come Natan Altman: con lo stupendo ritratto paracubista della Acbmatova del 1914; con l'altrettanto stupendo Petrokommuna del 1921, in cui, su un fondo cromatico raggista di evocazione metallica, campeggiano forme pure suprematiste e le lettere in libertà del nome che per breve tempo assunse Pietrogrado, 'Comune di Pietro»; e con il triste ripiegamento della Natura morta con fiasco della fine degli Anni 20. Altrettanto esemplari le due presenze di Kustodiev, da una parte vivacissimo illustratore e scenografo nella seconda fase del 'Mondo dell'Arte» dopo il 1909 e dall'altra autore dello straordinario quadro-manifesto del 1920, n Bolscevico, con il colossale -mugik» con la bandiera rossa che si erge sopra i palazzi e le cupole di Pietrogrado. Sono le due anime che convivono nel primo decennio rivoluzionario, fino alla vittoria di quella -realista» per decreto del partito-stato. Dopo lo snodo-Kandinskij, a cui segue quello della raffinata scelta di uno Chagall con opere esclusivamente di presenza operativa in patria, dal morbido sogno iniziale della Finestra. Vitebsk del 1908 allo stupendo Ebreo in rosso del 1915, alla piccola testimonianza del 1921 con il costume per Le maschere di Solom Alejchem al Teatro Ebraico di Mosca, la mostra giustamente privilegia tutto il formidabile fermento d'avanguardia che è alle spalle della Petrokommuna di Altman. Ed ecco via via artisti lutti eccezionali fra i noti e meno noti Ed ecco, ancora, il vario, straordinario schieramento fra cubismo, cttbofuturismo, suprematismo delle donne, la Rozanova, la Popova, la Ekster (purtroppo assente come grande scenografa), la Udalcova. Al centro, concreto quanto ideale, le due figureguida di Materne e di Tatlin, cui l'emarginazione dal 1932 ha riservato una diversa fortuna. Di Malevic, opere esclusivamente di provenienza russa possono documentare tutto il percorso, dall'ingenuo paradivisionismo della Fioraia per cui la scheda dà conto dei recenti studi che la collocano dopo il 1920, ma di cui esiste un prototipo del 1903, al cubismo del 1913, alla 'suprema» astrazione del Quadrato rosso del 1915 e all'astrazione geometrico-costruttiva di Suprematismo dello stesso anno. Per Tatlin, invece, dopo la sintesi cubo-espressionista del Marinaio del 1911 e della Modella del 1912-13 e i bozzetti scenografici che segnano la svolta d'avanguardia rispetto ai fasti orientali dei Balletti di Djagilev, per i fondamentali ma perduti Rilievi e Controrilievi si è dovuti ricorrere alle perfettissime, filologiche ricostruzioni di Martyn ChaUc del 1966-87. A corona dei due massimi, e della bella sala dedicata ai realisti-costruttivisti Pevsnei e Gabo nei loro anni rivoluzionari fino al 1922, gli amici e seguaci- Kljun, Punì, Casnik, i fratelli Stenberg, Rodcenko, la Stepanova, Lissitsky. Un'assoluta rivelazione: il Movimento nello spazio del 1919 di Matjusin, -grande astrazionecromatica, che si direbbe dipinto a New York nel 1950 o anche più tardi. E, su un opposto livello fantastico-surreale, le sfaccettature della 'Crescita universale» del grande visionario Filonov propongono una sorta di eredità rivoluzionarie, di Vrubel R versante -realista», infine: finisce per contare solo la pittura. Paragonerà il visitatore il puro burocratismo di Brodsky, e il greve, veramente staliniano, neooggettivismo di Bogorodskij con la genialità di Dejneka nell'illustrare drammi e trionfi di guerra e di pace sovietica con asciutti ritmi strutturali e cromatici da realismo magico. Marco Rosei Natan Altman: «Ritratta della poetessa Anna Acbmatova», 1914 Marc Chagall: «L'ebreo in rosso», una tela realizzata nel 1915 Isaac Brodskij: «Lenin allo Smolnyi», un'opera del '32 ossequiosa dei canoni del «realismo socialista»