Europa, terremoti preavvisi di Mario CirielloAlfredo Venturi

Europa, terremoti preavvisi Un dato comune per Germania, Gran Bretagna e Francia: il boom verde Europa, terremoti preavvisi In Grecia la sconfitta del Pasok apre la crisi - Cinque partiti tedeschi superano la soglia del 5%: delusi Kohl e Spd - Gli inglesi più europeisti Papandreu si dimette NOSTRO SERVIZIO ATENE—Le elezioni europee in Grecia sono state «oscurate» dalle legislative concomitanti. Lo spoglio per Strasburgo è stato trascurato al punto che ancora ieri sera i risultati si basavano su appena la metà delle schede scrutinate. Le preferenze europee confermano la svolta verificatasi in quelle nazionali, sebbene a percentuali differenziate. I 24 deputati destinati a rappresentare il Paese nell'assemblea comunitaria, a spoglio non ultimato, vengono suddivisi come segue: 10 di Nuova Democrazia, 9 del Pasok, 4 della Coalizione per la Sinistra ed uno di Rinnovamento Democratico. In percentuale, la perdita dei socialisti è altrettanto netta di quella subita nelle politiche, ma in quanto a seggi il Pasok ne perde uno solo, che va ad aggiungersi a quelli neo-democratici. Le legislative hanno registrato un calo di 7 punti del Pasok, che dal 45,8% di quattro anni fa è sceso al 39 per cento. La Nuova Democrazia, per contro, ha ottenuto un incremento meno strepitoso di quanto apparisse nei risultati delle prime ore. II suo vantaggio nei confronti del 1985 è poco meno del 4 per cento, giacché le cifre finali la stabilizzano attorno al 44,5 per cento. Troppo poco per raggiun- gere quel traguardo di maggioranza che essa aveva sperato: le spetteranno 144 seggi sui 300 del Parlamento di Atene, 7 di meno dell'obiettivo prefisso, mentre i rivali principali ne ottengono 125 che, sommati eventualmente ai 29 della coalizione comunista, potrebbero consentire la formazione di un governo. Ma ieri sera si è registrata la svolta: Papandreu è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Sartzetakis, al quale ha presentato le dimissioni del suo governo. Oggi il presidente riceverà Mitzotakis, il capo del partito vincitore «Nuova Democrazia», e gli affiderà un mandato esplorativo di tre giorni, finalizzato alla formazione di un governo di coalizione. Se Mitzotakis fallirà, Papandreu assumerà a sua vòlta un mandato esplorativo. Papandreu era apparso in tv elogiando l'elettorato che, in definitiva, aveva precluso 'alle forze detta conservazione la possibilità di costituire un governo autosufficiente in voti parlamentari'. A chi gli sottolineava la sconfitta del Pasok ha risposto che comunque la maggioranza dell'assemblea apparteneva ai progressisti. Un'allusione che, in parallelo con la porta socchiusa verso sinistra lasciata lungo tutta la campagna elettorale, induce a credere che 11 leader socialista non disdegnerebbe un compromesso storico alla greca. Le prime reazioni comuniste non sono incoraggianti, ma li tempo e le trattative potrebbero portare farle mutare, sebbene nei giorni scorsi sia Florakis, del Pcg (partico comunista greco), che Kirkos, della Sinistra Ellenica, avessero posto come condizione preliminare per una tale intesa l'allontanamento dalla parte «sana» del Pasok del premier chiacchierato. Grazie alla legge elettorale, •noi siamo riusciti a conseguire il nostro fine, quello di evitare la formazione di governi monopartitici» ha detto ieri Mimis Andrulakis, membro dell'ufficio politico del partito comunista. Minas Minassian Andreas Papandreu Londra: i Verdi ferzo partito DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Una cifra dice tutto. I tories hanno ottenuto la più misera percentuale di suffragi dall'inizio del secolo, il 34,1%. L'eurovoto di giovedì 15 ha inflitto a Margaret Thatcher una disfatta sanguinosa, ha distrutto il mito della sua invincibilità. Il labour party è risorto dalle ceneri, ha stravinto oltre le sue più radiose speranze, ha conquistato roccafo*ti conservatrici che parevano inespugnabili. Mancano ancora due o tre anni alle elezioni generali, il governo ha tutto il tempo di riprendersi: ma il carisma di Maggie non sarà più ipnotico. Se la signora vorrà vincere un quarto mandato, dovrà sudarselo. I tories riconoscono la gravità della sconfitta, ma ricordano che l'euroconsultazione è avvenuta a metà strada circa fra le politiche dell'87 e le prossime, nella fase quando maggiori sono le delusioni e le irrequietezze. E ricordano altresì che un verdetto del solo 37 per cento dell'elettorato —un'affluenza modesta, anche se più alta che nel '79 e nell'84 — non può dare che un'immagine distorta degli umori nazionali. E' vero: ma sono considerazioni il cui valore è diminuito dall'ampiezza della protesta anti-Thatcher. Non si è (finanzi ad un piccolo scarto, ma ad una oscillazione tanto maestosa che un suo bis alle elezioni generali innalzerebbe i laboristi al potere e Neil Kinnock a Downing Street. Nell'ultimo Europarlamento vi erano 45 deputati tory, 32 laboristi, un nazionalista scozzese, più i tre rappresentanti dell'Ulster. Le parti si sono adesso invertite a Strasburgo: 32 conservatori, 45 socialisti. Più il nazionalista scozzese e i tre nord-irlandesi. Il labour party, che nell'84 aveva raccolto il 36,5% dei voti, ha accumulato ora il 40,23; il conservative party precipita dal 40,8% al 34,1. Terzo, nella spartizione dei suffragi, è arrivato il green party, con ben 1115 per cento. E' un successo incredibile per un movimento nato ieri. Purtroppo, il sistema uninominale britannico gli impedi¬ sce di convertire in seggi quella manna di voti. E' corretto vedere in questi risultati una conferma del crescente europeismo degli inglesi? Sì, non c'è dubbio. Margaret Thatcher ha condotto una campagna elettorale tutta anti-Cee e i votanti hanno reagito mostrando di preferire al suo euro-negativismo l'europossibilismo di Kinnock. Sarebbe tuttavia errato vedere l'intera vicenda attraverso la lente europea. Maggie è stata travolta da una valanga di delusioni. L'economia va male; l'inflazione è la più alta in Europa, all'8.3 per cento; il deficit nella bilancia dei pagamenti fa paura; la riforma delle imposte locali è condannata da tutti; la «politica dei tagli» al Welfare State, a tutte le spese per la collettività, non trova più consensi. Con euforia comprensibile ma eccessiva, Neil Kinnock annuncia che il labour party è 'sulla strada del potere'. 'Questo test ha inesso a nudo l'arroganza, la superficialità, i pregiudizi, gli anacronismi del premier'. Ma Margaret Thatcher è maestra nei giochi politici. Sembra impossibile che non impari la lezione, che non corregga la sua rotta, che non tenga conto dei nuovi minacciosi scogli verdi e socialisti. Dovrà accettare una metamoforfosi. Non ha molte scelte. Mario Ciriello Bonns la carica della Destra DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN—Franz Schoenhuber è raggiante: oltre due milioni di elettori hanno decretato che i suoi Republikaner sono parte integrante del paesaggio politico tedesco. Con il 7,1 per cento, il partito scalza i liberali dal quarto posto fra i raggruppamenti politici. Ironico, il capo della nuova destra ringrazia Heiner Geissler, segretario generale della Cdu, per avere perduto tanti elettori a vantaggio dei Republikaner. Schoenhuber vuol essere rassicurante: non siamo affatto nazisti, precisa, e nemmeno estremisti o radicali di destra. Ma non esclude a Strasburgo una collaborazione con i francesi di Le Pen. In una giornata elettorale che per la prima volta su scala federale vede cinque partiti valicare la soglia del 5% e partecipare alla ripartizione dei seggi, soltanto i tre gruppi minori hanno motivo di dichiararsi soddisfatti. I Republikaner, com'è ovvio: ma anche i verdi, che consolidano con l'8,4 per cento la loro posizione di terzo partito tedesco. E anche i liberali, che cinque anni fa rimasero fuori dall'assemblea di Strasburgo e stavolta centrano l'obiettivo con il 5,6%. Giornata amara invece per i grandi partiti. I socialdemocratici contavano su un balzo, e sul sorpasso delle unioni cristiane CduCsu, importante premessa per puntare, l'anno prossimo, alla grande svolta a livello federale. L'aspettativa è andata delusa e il balzo non c'è stato. Il partito di Vogel è rimasto al 37,3: il suo livello di questi ultimi anni. Nonostante la caduta della Cdu-Csu, la mediocre prestazione Spd consente al partito di Kohl di conservare, almeno, la testa dello schieramento politico. Certo la caduta è stata brusca: con il 37,8 le unioni cristiane contribuiscono alla registrazione di un altro record. Per la prima volta in un voto federale i due maggiori partiti sono contemporaneamente al di sotto del 40 per cento: effetto del maggiore affollamento della scena politica tedesca. Le unioni hanno perduto rispet¬ to a cinque anni fa più dell'8%, più ancora cioè di quanto hanno conquistato i Republikaner. La consolazione di Kohl e Geissler — siamo pur sempre 1 primi—è abbastanza magra. C'è dibattito in casa Cdu, naturalmente: ma la tentazione di far pagare a Kohl l'insuccesso è temperata dal fatto che il più autorevole candidato alla sua successione, Lothar Spaeth, è stato pesantemente sconfitto nel suo BadenWuerttemberg. Spiacevoli riflessioni soprattutto fra i cristiano sociali di Baviera, alle prese con un problematico dopoStrauss: è stato laggiù che i Republikaner, sfiorando il 15%, hanno fatto i danni maggiori. Ma Schoenhuber rivela di avere stretti contatti con molti dirigenti Csu. Se questi risultati si fossero avuti in un'elezione nazionale, non ci sarebbe al Bundestag alcuna maggioranza a due, a meno di una grande coalizione. Spd e verdi avrebbero insieme il 45,7; l'attuale coalizione Cdu-Csu-Fdp sarebbe al 43,4. Se per ipotesi i liberali saltassero il fosso, avrebbero sulla carta la possibilità di una maggioranza con Spd e verdi (51,3%). E dall'altra parte l'ipotesi nero-bruna (Cdu-Csu più Republikaner ma soltanto questi ultimi la considerano possibile) non arriverebbe che al 50,5. Alfredo Venturi Helmut Kohl