Gli «exit poll» sono sotto accusa di Fabio Galvano
Gli «exit poll» sono sotto accusa I sondaggi, prima dello spoglio, influenzano l'elettorato e tolgono suspense Gli «exit poll» sono sotto accusa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — TJ vero vincitore del primo atto elettorale europeo è stato l'assenteismo; il secondo lo schieramento socialista nelle sue svariate sfaccettature nazionali, ma in particolare quella con il volto del leader laburista Neil Kinnock che, guarda caso, ieri teneva un comizio a Bruxelles; il terzo l'ormai perfezionato sistema dell'exit poli, il sondaggio all'uscita dalle urne, che ha perentoriamente liquidato ogni suspense per ciò che riguarda i risultati nei cinque Paesi dove si è votato giovedì. In attesa del voto di domani, quando gli altri Sette andranno alle urne, l'Europa s'interroga oggi sul peso che questi tre vincitori potranno avere sull'esito finale: in termini di condizionamento degli elettori, ma anche per il presunto capovolgimento degli equilibri di Strasburgo, con le sinistre lanciate dalla débàcle thatcheriana verso un possibile sorpasso del centro destra. Paradossalmente, il maggior riallineamento politico è venuto dal più esiguo schieramento di elettori. Soltanto il 35 per cento degli inglesi, infatti, è andato alle urne. Ma il sistema del collegio uninominale (il vincitore prende tutto) non solo ha cancellato l'incredibile performance dei verdi, che secondo l'exit poli della Bbc hanno conquistato il 14 per cento dei suffragi; ma ha anche decretato il successo laborista (51 seggi a 26, cinque anni fa erano stati appena 32 contro i 45 dei conservatori) che si affianca all'insperata tenuta dei socialisti spagnoli del primo ministro Felipe Gonzalez. Agli inglesi è spettata la palma dell'assenteismo, ma gli altri non sono stati da meno. In Danimarca (46,1 per cento di affluenza) si è toccato il livello elettorale più basso del secolo; in Olanda (48,1) è stato smentito chi prevedeva quote alte per questa «prova generale» del¬ le politiche in programma il 6 settembre; in Spagna (54,7) si è rimasti di un buon 15 per cento sotto i livelli di cinque anni fa. E' per tutti questi motivi che l'assenteismo ha vinto, tanto da far dubitare che i 197 eurodeputati scelti giovedì (su un totale di 518) siano davvero rappresentativi. Degli elettori, forse, sì, dei loro rispettivi Paesi resta da vedere. E ci si domanda altresì se il terzo fra i vincitori, l'exit poli, non abbia snaturato la grande attesa, inducendo molti elettori di domenica a starsene a casa perché 'tanto si sa già oome va a finire, oppure condizionando chi fino ad ora, non aveva ancora formulato una scelta precisa C'è chi giovedì sera si domandava, nel palazzo del Parlamento europeo trasformato in centro elettorale, se gli exit poli non debbano essere banditi; allo stesso modo in cui alcuni Paesi (Belgio, per esempio) già proibiscono i sondaggi nel mese che precede le elezioni. Dopo tutto, che senso ha l'avere impedito lo spoglio dei voti fino a domenica sera, nel lodevole tentativo di mettere i Dodici su un piede di parità, quando poi i sondaggi all'uscita dei seggi dicono tutto? Unica eccezione è stata l'Irlanda, dove il complicato sistema delle preferenze ha fatto preferire una più lineare attesa dello spoglio — quello delle politiche, dove il premier Charles Haughey è forse riuscito a portare il suo Fianna Fall alla maggioranza assoluta — per sapere che volto avesse il voto europeo. Ma non ci sono più segreti, per esempio, per quanto riguarda Olanda e Danimarca Dall'Aia gli exit poli hanno decretato il successo del primo ministro Ruud Lubbers, i cui cristianodemocratici escono rafforzati (10 seggi, 2 più di prima) e i liberali, protagonisti della crisi di governo, severamente ridimensionati (da 5 a 3 seggi), con una tenuta socialista (9 seggi). Da Copenaghen emerge invece il crollo dei conservatori (dal 21 al 14 per cento dei voti, da 4 a 2 seggi) e la faticosa tenuta dei loro alleati, i liberali (2 seggi) e i social-liberali ( 1 ), mentre il maggior partito d'opposizione, quello socialdemocratico, è balzato dal 19,4 al 28 per cento (da 3 a 5 seggi). Anche i socialdemocratici danesi contribuiscono così — sia pure a molte lunghezze dai laburisti inglesi — all'avanzata che le sinistre faranno nell'emiciclo di Strasburgo. Oggi si può prospettare, con un gruppo socialista attorno ai 190 deputati, i comunisti a quota 45, una ventina di verdi, più una manciata d'indipendenti una sinistra a quota 260, cioè alla soglia della maggioranza E tutto per effetto del sistema elettorale inglese: una doppia vittoria, europea oltre che inglese, su Margaret Thatcher sconfitta. Fabio Galvano
Persone citate: Charles Haughey, Fall, Felipe Gonzalez, Margaret Thatcher, Neil Kinnock, Ruud Lubbers
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