Delitto politico senza sconti di A. Galante Garrone

Delitto politico senza sconti Le richieste del pm per i brigatisti Delitto politico senza sconti Di fronte alla richiesta del pubblico ministero alla corte d'assise di Roma, di assolutoria per tutti i 253 brigatisti rossi, capi e gregari, imputati di «insurrezione armata contro i poteri dello Stato» (o per averla «promossa» — l'ipotesi più grave, punita con l'ergastolo —, o per avervi partecipato o averla diretta) e di aver commesso fatti diretti a suscitare la «guerra civile», è più che mai necessario attenerci al solo rigore della legge, senza lasciarci prender la mano da considerazioni storico-politiche o, peggio, da speculazioni di parte. Il problema era ed è uno solo: l'accertamento dei fatti addebitati ai singoli imputati. La risposta mi pare dover essere chiara e netta: quei fatti non sussistono. Cioè, un'insurrezione armata non c'è mai stata, e neanche è stata mai, in concreto, tentata; né sono stati mai commessi fatti diretti a suscitare la guerra civile in Italia. Non staremo a ripetere quel che la dottrina e la giurisprudenza sono venute insegnando da anni. Il farneticante proposito di un sommovimento radicale, proclamato da volantini e messaggi deliranti, la scesa in campo di masse armate, lutto questo è rimasto una folle illusione, una nuda «intenzione» non tradotta in realtà. Di ben altri fatti, precisi e concreti, avevano già dovuto rispondere gli imputati di questo mastodontico processo (omicidi, ferimenti, sequestri di persona, rivolte in carcere, associazioni a scopo di terrorismo, costituzione di bande armate, e così via), e per essi erano già stati condannati a pene anche pesanti, fino all'ergastolo. A. Galante Garrone (Continua a pagina 2 In terza colonna)

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