Budapest in piazza: Nagy torna eroe di Guido Rampoldi

Budapest in piazza: Nagy torna eroe Oggi la riabilitazione del premier che nel '56 sfidò i carri armati russi Budapest in piazza: Nagy torna eroe «E' l'inizio d'una nuova era» annuncerà alla folla l'ex capo della Guardia Nazionale Bela Kiraly - Delegazioni da tutto il mondo: presenti Occhetto e Craxi • Il partito, diviso, teme sviluppi esplosivi • Solo Bucarest boicotta il nuovo corso magiaro DAL NOSTRO mVUTO BUDAPEST — Tra le duecento e le trecentomila persone stamane cercheranno di trovare posto nell'immensa piazza degli Eroi, dove ogni colonna ogni stele da ieri è avvolta dalla stoffa nera; e con gli occhi rivolti alle chi-' que bare deposte su una scalinata trasformata in grandioso catafalco, ascolteranno Bela Kiraly, nel '56 capo della Guardia Nazionale, pronunciare l'elogio fùnebre di Imre Nagy e dei «martiri della Rivoluzione», caduti oltre trent'anni fa per quel sogno di una Ungheria democratica indipendente e neutrale che d'improvviso toma ad essere attuale. «E' l'inizio di una nuova era», dirà il vecchio Kiraly al suo Paese. Sarà la più imponente manifestazione nella storia della Repubblica ungherese, pronostica Miklos Vasarhelyi, che di Nagy fu il portavoce. Poi i resti del capo del governo nel '56, del suo segretario Jozsef Szilagyi, del ministro della Difesa Pai Maleter, del ministro Geza Losonczy e del giornalista Miklos Gimes, tutti tranne Szilagyi impiccati il 16 giugno 1958, saranno sepolti nel cimitero di Budapest: con gli onori concessi ai padri della Patria. Saranno presenti il presidente del Consiglio; il Corpo diplomatico quasi per intero, inclusi gli ambasciatori del Patto di Varsavia con l'eccezione della Romania; uomini politici di tutto il mondo (dall'Italia fra gli altri, sono attesi Occhetto, Craxi e il segretario del pr Stanzani); le vedove e gli orfani degli uccisi; e almeno 500 giornalisti, a trasformare l'evento in una spettacolare abiura del socialismo reale. Il grande assente sarà il Partito: frastornato, diviso, traumatizzato da questo omaggio nazionale alla memoria di quelli che nelle tesi del Comitato Centrale ancora sei mesi fa erano •i controrivoluzionari del •56». «E' la capitolazione, la resa!», s'indigna Robert Ribanszki, l'ex segretario di Jane s Radar. Racconta l'ira e lo choc dei vecchi comunisti, la disperazione dell'ottantenne Kadar: per ordine sovietico consegnò Nagy al boia e ora vede trionfare gli spettri che da quel giorno lo inseguivano. «Ha supplicato la sua guardia del corpo di sparargli». Adesso i ruoli si sono invertiti, e mentre la stampa comincia a processare Ka- dar, il governo avvia la revisione del processo all'ex «controrivoluzionario» Nagy: comincerà il 6 luglio, quattro giorni prima dell'arrivo a Budapest di Bush. Il cambiamento è cosi spettacolare e repentino che lo storico Federigo Argentieri fiuta «un 'aria da 25 luglio» : un pezzo del vecchio regime Radarista disinvoltamente si ricicla e salta sul carro del riformismo radicale. Eppure i più preoccupati sono proprio i vincitori, radical-riformisti del partito e la loro sponda nell'opposizione, impauriti dal rischio che l'apoteosi postuma della «Rivoluzione del '58» spacchi definitivamente il Paese, inasprendo la lotta politica fino a esiti imprevedibili. Cosi la giornata odierna viene consacrata alla «riconciliazione nazionale», per volontà unanime. Appelli a dimenticare giustificati rancori e desideri di vendetta vengono dal partito, dal go¬ verno, dalle Chiese, dalle stesse vittime della repressione kadarista. Anche la storia viene adeguata alla volontà politica della riconciliazione interna e internazionale. Riscrivendo le vicende del '56 il governo diluisce le responsabilità di Mosca, nel tentativo di disinnescare il nazionalismo antisovietico, n ministro degli Esteri, Horn, cita nuovi documenti dai quali risulta che Tito e tutti i Paesi del Patto di Varsavia spinsero l'Urss a schiantare con i carri armati 11 governo di Nagy, colpevole di aver formato una coalizione con i partiti «borghesi» e di aver proclamato che l'Ungheria sarebbe diventata una nazione neutrale. Horn imputa salomonicamente l'assassinio di Nagy un po' a tutti: al movimento comunista alla leadership ungherese, al Guido Rampoldi (Continua a pagina 2 In ottava colonna)