La saga del nero dittatore in turbante di Paolo Patrono

La saga del nero dittatore in turbante La saga del nero dittatore in turbante L'ayatollah Khomeini: per noi europei questo nome dall'attributo ancora oscuro ha preso a circolare poco più di dieci anni fa, tra l'autunno e l'inverno del "78-*79. Il grande vecchio, ieratico e fiero pur nelle ristrettezze dell'esilio, era arrivato in ottobre a Parigi messo fuori precipitosamente dall'Iraq, che per anni lo aveva ospitato nella citta santa di Najaf dove insegnava teologia sciita e sputava maledizioni contro lo Scià. In quegli anni di crisi energetica, la Francia di Giscard d'Estaing era più che interessata a giocare una caria alternativa al regime dello Scià, colpevole dì umiliare i Paesi europei con le ricchezze delle sue royalties petrolifere. Rispolverando il blasone di terre d'accueil, dunque, il governo francese aveva pensato bene di accogliere il capofila dell'opposizione religiosa allo Scià, mandandolo in provincia e raccomandandogli discrezione. Una raccomandazione prò fama, perché in poche settimane il nome di Neauphle-le-Chàteau, un paesino a una cinquantina di chilometri da Parigi, era diventato popolare in tutto il mondo. Codazzi di giornalisti americani ed europei si precipitavano nella tenda-moschea bianco azzurra dove Khomeini combatteva la sua guerra contro lo Scià, per raccoglierne le dichiarazioni bellicose, per tentare di capire che cosa sarebbe stata quella repubblica islamica predicata dal bollente capo religioso. E fra quei cronisti c'era anche chi stende oggi queste note. Quelle ripetute visite alle due vi*lette di Neauphle-leChàteau, sui contrafforti battuti dal vento gelido, mi avevano offerto la possibilità di avvicinare Khomeini e la sua piccola corte formata dalla moglie, dal figlio Ahmed, da un'altra figlia e dal genero, da due nipotini e da un nugolo di «fedelissimi». Vecchi oppositori fiaccati nel fisico dalle prigioni della Savak (la famigerata polizia segreta dello Scià) e umiliati da lunghi an.ù d'esilio, e tanti giovani, accorsi dalle università francesi, Sorbona. Dauphinc, Grenoble, ma anche dalla Germania, dall'Inghilterra, dall America. Tutti uniti nel sogno di cacciare lo Scià e costruire la nuova Repubblica islamica. Tutti cresciuti nel clima di denuncia dcll'ar- retratezza e del malgoverno del regime di Teheran presente nelle opere di Bahman Nini-, mand o nelle analisi di Maxime Rodinson sui rapporti tra islamismo e strutture economiche. E tutti ammaliati dal - verbo sommesso di Khomeini, avvolto nel turbante nero dei Scyyed con uno sguardo saettante che impressionava. Fra i giovani che in quei giorni preparavano elettrizzati il trionfale ritorno di Khomeini a Teheran ricordo il baffuto Boni S.ulr. f u.uro ed effimero presidente, che faceva il pendolare tra il Quartiere Latino e la piccola «capitale provvisoria» dell'Iran a Neauphle, il più austero dottor Ghotzadch (che sarà ministro degli Esteri), il focoso Massoud R.ij.ivi, alla ricerca d'un impossibile connubio tra fondamentalismo islamico e teorie economiche marxiste. In quei giorni febbrili tutti ricordavano con venerazione come segni di predestinazione anche le tappe dell'esistenza errabonda c tormentata della lo¬ ro guida religiosa e politica. Cita va no come mistero divino anche l'incertezza della data di nascita di Ruhollah (nome che significa spìrito di Allah) Khomeini: tra a 1900 o 1902, un dettaglio che lo stesso, interessato non si è mai curato di chiarire. Confermati erano invece il luogo di nascila, «/'oasi dimenticata' di Khomein, ai margini del deserto fra Teheran e Isfahan, e un fatto luttuoso che forse segnò per sempre l'esistenza del futuro Imam. Quando aveva un paio d'anni due sicari d'un feudatario locale gli uccisero il padre mullah. E perse la madre quando ero appena adolescente. Cresciuto in una famiglia di religiosi, con l'esempio del fratello maggiore che era anche lui mullah, Ruhollah si avvia quindi naturalmente agli studi coranici, alla teologia sciita e il trasferimento nella città santa di Qom solidifica le sue scelte. Negli anni turbinosi della lotta di fazioni ingaggiatasi a Teheran, seguita dall'occupazione delle truppe britanniche e dal colpo di Stato di Reza Khan, il futuro primo Scià della dinastia Pahlavi, Khomeini si distingue nell'insegnamento teologico a Qom, dove ha sposato una moglie-bambina alla quale rimarrà unito da un legame monogamo per tutta la vita. Anche se il Corano consente la poligamia. Nel periodo dell'anteguerra, lo Scià aveva accentuato la campagna di laicizzinone del Paese, reprimendo Q dero e abolendo il dado» e rabbigliamento tradizionale. Ma negli anni che seguono Khomeini si impone come uno degli esponenti più intransigenti deU'opposizione al regime e reclama il potere al dero, si batte contro le riforme che indeboliscono i mullah. Questa campagna politica si accentua negli Anni 60, quando si scaglia contro le leggi •sacrileghe» dello Scià: la riforma agraria, l'emancipazione delle donne, il libero accesso dei non mussulmani alle cariche governative. Khomeini viene incarcerato, ma sfugge al patibolo grazie alla clemenza de1 capo della Savak, Pakravan. La riconoscenza non e però una parola inclusa nel suo vocabolario: quando ritornerà a Teheran dopo il successo della rivoluzione islamica, nel "79, Pakravan verrà giustiziato senza processo per suo ordine. Ma prima del trionfale rientro devono trascorrere ancora altri annidi esilio e di lutti familiari. Esule prima in Turchia e poi in Iraq, a Khomeini viene misteriosa!nente ucciso il primogenito, con un veleno che probabilmente era destinato a lui. Lui continua a cospirare e replica, nel 77, con un editto che •depone» lo Scià. In realtà dovrà aspettare ancora qualche altro mese. Il trampolino per il suo successo finale, per il ritorno a Teheran, è l'ultima tappa dell'esilio a Parigi. I suoi proclami incisi sulle musicassette a Neauphle infiammano gli studenti di Teheran e il Bazar, la piazza travolge lo Scià e il suo ultimo governo guidato da Chapur Bakthiar, La sua apoteosi nel febbaiio dcl'79 è però seguita da un bagno di sangue, il primo di tante periodiche purghe. I 'processi islamici» contro gli oppositori insanguinano il Paese, l'assalto all'ambasciata Usa, la guerra con l'Iiaq, l'appello a esportare ovunque la rivoluzione islamica accentuano il suo isolamento. Il resto è cronaca recente: la sanguinosa guerra di fazioni al'mteino, l'umiliazione della tregua con l'Iraq, il tracollo economico. «Con Khomeini, noi giovani abbiamo riscoperto il valore dell'Islam, la più aperta e progressista delle ideologie», d aveva detto un giovane iraniano tlierì anni fa a Parigi La realtà è stata diversa, punteggiata da migliaia di morti-bambini nella guerra con l'Iraq, di migliaia di vittime nelle lotte interne, fino alla condanna a morte lanciata in febbraio contro l'autore blasfemo dei Versetti satanici, Salmtn Rushdic. Chi gli era accanto nell'esilio di Parigi è scomparso: Bini Saar è scappato nell'SI, travestito per evitare processo ed esecuzione, e vive esule in Francia; Ghotzadch e stato impiccato come spia degli americani Rajavi guida da anni la resistenza ai mata contro «il peggiore dittatore dei nostri tempi». Paolo Patrono Teheran, 1980. L'Imam in os| col figlio Ahmed c I nipoti