E' l'ora dei cinesi anche in librerìa di Mario Baudino

E' l'ora dei cinesi anche in librerìa Inchiesta: gli editori e le letterature emergenti. Alla scoperta di scrittori in Estremo Oriente, Africa e Scandinavia E' l'ora dei cinesi anche in librerìa ARRIVANO i cinesi, come in una celebre canzone di Lauzi datata '68, ma questa volta non nuotano e non cantano. Arrivano scrivendo: romanzi, e non più attraverso quella specie di Tao marxista che fu, molti anni fa, il Libretto rosso di Mao. Mentre sulla piazza Tienanmen si gioca il grande e teatrale contrasto della democrazia, gli editori fanno a gara nelTaccaparrarsi il «loro» cinese: da Wang Meng, ministro della Cultura nella Repubblica Popolare edito da Garzanti, a Zhang Je, funzionarla di partito dalla vena satirica e sarcastica, di cui Feltrinelli propone una serie di racconti, Mandarini cinesi, c'è sempre più Cina nell'editorìa italiana, passando per le Storie da proverbi cinesi di Mondadori per arrivare a La morte del re dei serpenti di Ou Hua, pubblicato l'anno scorso dalla romana e/o. Si attende per Guanda Lu Wemfu con Vita e passione d'un gastronomo cinese, un divertentissimo romanzo che narra le peripezie dalla Lunga Marcia alla Banda dei quattro di un borghese amante del cibo raffinato, e anche la Geografia degli eterni rimpianti, biografie immaginarie di epoca classica. E una specialista come Renata Pisu ricorda i tormenti di ieri: 'Fino a quattro o cinque anni fa era molto difficile far passare autori cinesi. E' vero che c'era anche scarsità di opere, o meglio tutto sembrava arrestarsi al '49, ma gli editori erano diffidenti. Ora, a parte l'interesse politico per la Cina, la relativa liberalizzazione fa sì che siano pubblicati parecchi libri, e ci sia quindi molto materiale contemporaneo'. Ma la Cina non è l'unica scoperta. Nei giorni torinesi del Salone del libro Roberto Galasso, dal suo stand Adelphi, confidava un po' stupito che il primo autore di cui gli aveva parlato l'editore americano Andre Schiffrin (Pantheon Books ) era uno sconosciutissimo romanziere estone. Forse c'è davvero uno spettro che si aggira fra gli uffici degli editori di narrativa e saggistica: è l'autore del paese sconosciuto, almeno dal punto di vista della letteratura. E' su tutti i cataloghi, può vestire per un attimo i panni di un giovane turco (come Nedim Gursel, altra conquista feltrinelliana con La prima donna) o di Ruben Rubenovic, un quarantenne jugoslavo nato proprio nel sobborgo di Belgrado dove cent'anni fa Theodor Herzl cominciò a pensare all'idea di Sionismo, e pubblicato dalla neonata casa milanese Hefti; può essere un compassato norvegese o una finlandese come Sirrku Talja, che scrive in francese e viene scoperta per Bollati Boringhieri da Natalia Oinzburg. Forse è il regista indiano Satyajit Ray, di cui Einaudi pubblica i racconti col titolo La notte dell'indaco, anche se per quella letteratura non si è verificato l'effetto-Rushdie, e il successo dei Versi satanici non sembra far da traino ad altri. Forse un giorno, chissà, arriverà anche il grande poeta bulgaro; Montale sosteneva non potesse esistere, nella convinzione che le letterature geograficamente o linguistamente marginali sono condannate in quanto tali. Altri tempi: proprio nell'83 abbiamo visto Jordan Radickov al premio Grinzane Cavour con / racconti di Cerkazkj, edito da Marietti, mentre diversi bulgari vengono ora tradotti da Bulzoni. I cambiamenti sono stati rapidissimi. La slavista Serena Vitale, che non ha certo il problema di «spingere» i russi, ricorda come solo otto anni fa incontrò un certo gelo persino di fronte al nome di Mandel'stam. 'C'è stata poca lungimiranza in passato, ma ancora oggi non mi sembra che letterature come quella boema o ceca, o polacca, al di là dei grandi nomi, abbiano sfondato il fronte del pubblico. Restano patrimonio di pochi lettori'. Se guardiamo alle tirature, è vero, le dimensioni del fenomeno si restringono. Ma se contiamo i titoli pubblicati, il panorama è completamente nuovo. Le grandi tradizioni europee ed americane sembrano aver perso a poco a poco la capacità di stupire, l'Estone Sconosciuto è in agguato. In casa Feltrinelli hanno tentato di cartografare questo continente dai confini labili e sterminati, e il risultato è stata un bibliografia curata da Alba Morino. Nel mondo, per letterature elenca circa 900 titoli scelti fra quelli pubblicati in Italia dal '70 ad oggi, provenienti dall'Europa Orientale e dalla Scandinavia, dall'Africa, dal mondo islamico e dall'Oriente (e non ci sono tutti). E' il segno che le missioni degli editori specializzati, in particolare le scorribande nel Terzo Mondo di Jaca Book (tutto Soyinka. molto prima del Nobel) e quelle nell'Est europeo di e/o hanno dato i loro frutti. Il drappello di milanesi al comando di Sante Bagnoli ha scoperto, in epoca non sospetta, moltissimi autori africani, mentre la casa editrice romana è riuscita ad imporre scrittori dell'Est quando l'entusiasmo della perestrojka era di là da venire: si pensi al praghese Bohumil Hrabal, al polacco Brandys, alla tedesca dell'Est Christa Wolf. Altre pattuglie oggi partono verso i nuovi confini: l'Editoriale Lavoro, di Roma, esplora l'Africa, Emilia Lodigiani con la sua Iperborea la Scandinavia, le edizioni Hefti lanciano la difficile scommessa degli jugoslavi, pur già abbondantemente filtrati in Adelphi (Danilo Kis), Garzanti (il Dizionario dei Chasari, di Milorad Pavic), Jaca Book {L'uso dell'uomo, di Aleksandar Tisma), Studio Tesi (tre romanzi di Miroslav Krezla, un quarto è stato edito da Costa e Nolan), e/o (ancora un romazo di Tisma). "La domanda dì autori stranieri, soprattutto per la narrativa, in Italia è altissima: la tendenza ad andare al di là dei mercati tradizionali diventa una conclusione logi¬ ca', sostiene Luigi Brioschi, direttore editoriale della Guanda, che ha da sempre in catalogo titoli come II profeta del libanese Gibran, o grandi autori giapponesi come Mishima e Tanizaki. E Roberto Calasse che a queste scorribande non è nuovo, si pensi al lancio di Karen Blixen, ammette che la sua è "una curiosità personale-, «anche se la tendenza investe un po' tutta l'editoria mondiale-. Proprio per questo, e dato che i viaggi costano cari, c'è chi preferisce fare a meno di guide esperte e anziché addentrarsi nelle foreste del paese sconosciuto, legge più comodamente le traduzioni francesi o inglesi già disponibili. Se il consulente arde tra passione e filologia, a volte l'editore si accontenta di un'occhiata ai cataloghi, o preferisce fidare nel suo intuito. Accade così che i rapporti fra i due non siano sempre idilliaci. E gli esploratori più intrepidi si sentono frustrati anche ora, nei giorni del successo. Egi Volterrani, ad esempio, ha cominciato ad andare in Africa come architetto, e "dato che non gioco a golf e non vado a cavallo — spiega — nelle ore libere mi sono messo in cerca di teatro e letteratura'. Il risultato è stato ottimo, ma solo negli ultimi anni. Tutto è cominciato nell'85, quando Giulio Bollati, allora responsabile editoriale dell'Einaudi, ha accettato «un romanzo che secondo me è il più bel libro africano fin'ora pubblicato: Le sette solitudini di Lorsa Lopez, del congolese Sony Labou Tansi'. Poi ne son venuti molti altri, fino a Tahar Ben Jelloun, marocchino che vive a Parigi, primo «Goncourt» provenient dal mondo arabo, una delle voci più importanti nella letteratura francofona di questi anni: in Italia ha ottenuto un notevole successo con Creatura di sabbia e La notte sacra, diventando un autore di punta per l'Einaudi e in qualche modo un altro «scout» per talenti africani. E' lui che ha scoperto e sostenuto Mohamed Choukri, autore de II pane nudo (tradotto da Theoria), uno dei libri «blasfemi» condannati da Khomeini; è sempre lui che consiglia caldamente di rilanciare l'algerino Cateb Jacine, il cui romanzo Nedjma è tuttavia già disponibile in una discussa traduzione italiana. Sono proprio i criteri di scelta e le traduzioni, spesso non buone, a rendere la vita dura agli specialisti in aree ora emergenti, ma fino a ieri dimenticate. E gli «esperti» oscillano tra incertezza e scoramento. "Sono stato sempre un esploratore che ha conosciuto grosse difficoltà e alcuni clamorosi insuccessi — riflette Claudio Gorlier —. Vuole qualche esempio? C'è un romanziere somalo importantissimo, che fra l'altro parla molto dell'Italia: Nurreddin Farah. E per ora nessuno lo vuole. In tutta franchezza le dirò che è vero, si pubblica moltissimo, ma non riesco a capire con che politica si facciano le scelte. Certo Mahfuz è stato velocemente stampato, perché ha vinto il Nobel. Certo, Einaudi ha pubblicato, su mia proposta, Wilson Harris, un grandissimo scrittore della Guyana. Ma l'atteggiamento generale degli editori mi ricorda una vignetta che ho visto sul "New Yorker". C'è un signore seduto al tavolo — di fronte a lui. un pastore con un enorme manoscritto — che grida entusiasta: finalmente, il best seller del Lichtenstein!-. Mario Baudino % f i 4. Studenti in lettura sulla piazza Tienanmen (foto di Liu Heung Shing)