Ligaciov, mafioso senza prove

Ligaclov, mafioso senza prove Ligaclov, mafioso senza prove NOSTRO SERVIZIO MOSCA — Dal primo giorno dell'apertura dei lavori, il caso dei due giudici istruttori Telman Gdljan e Nikolai Ivanov incombe sul Congresso con il suo carico inquietante di accuse contro le alte sfere del partito e del potere statale. La denuncia dei due magistrati, lanciata coraggiosamente a metà maggio contro l'attuale membro del Politburo Egor Ligaciov ed altri ex alti funzionari dello Stato accusati di essere coinvolti nello scandalo della mafia uzbeka, ha spaccato in due l'opinione pubblica del Paese, divisa ormai tra chi ritiene i due giudici eroi irriducibili abbandonati dai politici ad una lotta solitaria contro la mafia e chi invece ha trovato gravi macchie nel loro modo di condurre le indagini. E' un tema delicato, un caso soprattutto politico poiché chiama in causa un funzionario considerato il capofila dei conservatori, inviso per questo ad una parte della popolazione che, mandando al Congresso i due magistati in veste di deputati, ha voluto esprimere un voto di protesta contro la «linea Ligaciov», e ha voluto imporre in via indiretta la discussione del caso all'assemblea. Ieri Gdljan e Ivanov hanno di nuovo preso la parola davanti all'assemblea parlamentare per chiedere conto al neo-eletto vicepresidente del Soviet Supremo, Anatoli Lukianov, del suo comportamento nel corso dell'istruttoria sulla corruzione in Uzbekistan, in mano ai due giudici sin dall'83. I due magistrati hanno ripetuto davanti a milioni di telespettatori le accuse che sono costate loro il trasferimento dell'inchiesta in altre mani: il ministero degli Interni e il Kgb avrebbero insabbiato sin dall'87 tutte le prove che inchiodavano gii alti dirigenti di Mosca; con l'approvazione di Lukianov, inoltre, la commissione d'indagine che esamina il metodo istruttorio dei due giudici avrebbe scatenato una campagna denigratoria contro di loro dipingendoli come nemici del popolo; lo stesso Lukianov, in qualità di responsabile della politica interna, avrebbe infine bloccato la lotta contro la criminalità organizzata in tutto il Paese. n vicepresidente ha respinto le accuse ricordando come lui stesso abbia acconsentito a «pensionare» l'ex capo della Corte Suprema Terebilov quando Gdljan in persona espresse sfiducia nei suoi confronti, e come la decisione di procedere contro i due magistrati abbia preso corpo dopo l'arrivo di centinaia di lettere contenenti denunce gravi e precise contro il pool di magistrati anti-mafia. Ma malgrado il tiro incrociato di accuse assuma il tono infuocato di una polemica destinata ad avere pesanti conseguenze, i capi d'imputazione mossi contro gli alti funzionari del partito restano ancora nel vago. Gdljan e Ivanov parlano di un generico coinvolgimento di Ligaciov e di Michail Solomentsev (membro del Politburo fino allo scorso settembre ed ora pensionato eccellente), affermano che questi ed altri nomi compaiono negli atti dell'istruttoria da loro condotta senza tuttavia specificarne posizioni e responsabilità, né i reati di cui si sarebbero macchiati. Molto più chiare e definite sono al contrario le accuse di «irregolarità procedurali» imputate ai magistrati: quasi tutta la stampa, dopo aver salutato a inizio '88 la nascita dei giustizieri della mafia, ha descritto i casi di alcuni imputati cui sarebbero state estorte confessioni con minacce, ricatti e detenzioni in sotterranei disumani. L'accusa nei confronti del pool anti-mafia. gravissima, è di aver compiuto un putsch giuridico, nel tentativo di restaurare la prassi delle condanne extragiudiziarie dei tempi di Stalin. I più magnanimi affermano invece che i due magistrati sono solo a caccia di pubblicità. E' difficile credere, tuttavia, che dopo aver indagato per anni sulla criminalità organizzata, dopo aver mandato in prigione il genero dell'ex leader del Cremlino, il pool di giudici abbia lanciato accuse contro gli intoccabili senza averne le prove. Ma perché queste prove insabbiate dal Kgb stentano ad affiorare persino alle loro labbra? L'unica ipotesi è che sia venuta a mancare la copertura politica indispensabile, che i due magistrati abbiano sparato in alto senza guardarsi alle spalle, sbagliando forse i calcoli sulla forza politica che ha permesso loro di arrivare al punto in cui si trovano. Paola Delle Fratte

Luoghi citati: Mosca, Uzbekistan