Lieto fine per Eltsin, il ribelle di Emanuele Novazio

Lieto fine per Eltsin, il ribelle Il recupero in extremis nel Soviet per placare Pala radicale del Congresso Lieto fine per Eltsin, il ribelle Un deputato, «offeso» per l'esclusione del falco della perestrojka, gli ha ceduto il posto - Ligaciov: la scelta è democratica e corretta Ma Gorbaciov impone il vicepresidente contestato DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Boris Eltsin entra nel Soviet Supremo a sorpresa, per la rinuncia al seggio di un deputato siberiano offeso dalla -miopia politica che ha impedito a Eltsin di far parte del supremo organo legislativo del Paese'. Ed è un recupero che. salutato dalla folla in festa per le vie di Mosca, a sera, dà finalmente soddisfazione al gruppo «democratico» dell'assemblea, per la seconda volta sconfitto, ieri mattina, con l'elezione alla vicepresidenza di Cnatoly Lukianov, il candidato unico proposto da Gorbaciov e messo sotto accusa, in aula, da alcuni deputati radicali. Ma lo svolgimento della seduta, il silenzio persistente e tattico di Eltsin, le voci di protesta per la sua esclusione affiorate a tratti per tutto il giorno e le richieste, addirittura, di ripetere il voto per il Soviet avanzate in qualche intervento, lasciano intendere che soltanto in apparenza il recupero del «grande ribelle», alla fine della quarta giornata di lavori, è dovuto all'improvvisazione e alla generosità del deputato Alexei Kazannik, insegnante universitario a Omsk. n colpo di scena e l'ingresso di Eltsin nella «Camera alta- del Congresso sono, al contrario, il frutto di un'operazione politica subito avviata dall'ala radicale, sabato, alla quale Gorbaciov non si è opposto: il Segretario-Presidente, ieri, ha manifestato anzi -l'appoggio di principio' alla proposta del deputato siberiano, e ha snellito al massimo le operazioni procedurali che minacciavano di rinviare ancora il voto mantenendo l'aula in un'atmosfera di instabilità e litigio. Una concessione, insomma, un ripiego imposto dalle circostanze o una sonda lanciata fra i ranghi più tumultuosi e inquieti del Congresso. L'inatteso ritorno di Boris Eltsin, primo escluso nella lista russa che presentava dodici candidati per undici seggi, sembra nascere soprattutto dal desiderio di placare gli animi dopo le polemiche senza precedenti esplose sabato alla notizia della sua esclusione, e continuate domenica con manifestazioni popolari a Mosca e altrove. E' segno di disponibilità e di flessibilità al vertice, è una risposta alle minacce di dar vita a un'opposizione organizzata che non capovolge, certo, i rapporti di forza in Parlamento: l'elezione di Lukianov conferma che la linea scelta dal vertice s'impone, un passo dietro l'altro, e continuerà a imporsi, nonostante le proteste squillanti di una parte della base. Ma la sortita del deputato Kazannick e la benedizione di Gorbaciov mostrano, anche, che il vertice ha fiutato il rischio di una frattura troppo aspra e netta fra la minoranza dei deputati «democratici», appoggiati dalla piazza, e la massa dei deputati «all'antica» sostenuti dall'apparato. La formula proposta, e accettata, per le dimissioni di Kazannik e l'ingresso di Eltsin al Soviet Supremo è del resto di abile fattura: scartata la richiesta del deputato sibe- riano, che pretendeva un semplice «scambio», si è scelta una via meno drastica e più morbida, capace di evitare un nuovo controverso voto su Eltsin e in grado di fissare un precedente: il deputato dimissionario è stato sostituito «automaticamente» dal primo escluso, n voto è stato quasi unanime, poche mani si sono levate per opporsi, tanto poche che non sono state neppure conteggiate e Eltsin, che nei corridoi del Congresso avrebbe salutato una decisione capace di impedire «te imprevedibili conseguenze dello scontento popolare', non è stato il solo a dar segno di soddisfazione: «La scelta è democratica e corretta', ha commentato in tv Egor Ligaciov, avversario «storico» di Eltsin; -Il problema è risolto-, ha commentato alla fine Gorbaciov, e il suo era autentico sollievo. Perché questo soprattutto è stato il recupero di Eltsin, un saggio compromesso dopo prove di forza ripetute ed estenuanti. Prima che la sortita del deputato Kazannik sconvolgesse la seduta ormai in chiusura, il Presidente aveva ottenuto soddisfazione anche sulla scelta del suo primo vice, ma al prezzo di un dibattito infuocato. Anatoly Lukianov è stato eletto con la maggioranza assoluta dei voti, non meglio precisata peraltro, 179 «no» e 137 astensioni: un dissenso superiore a quello che si era manifestato per l'elezione di Gorbaciov, giovedì. Ma le voci che hanno espresso opposizione e dubbi su di lui, anticipate sabato da Andrei Sacharov, erano ro¬ venti e imbarazzanti, un'altra manifestazione delle divisioni che segnano il «Congresso». Come ha votato per i decreti sulle manifestazioni e sui poteri della polizia che rappresentano una svolta antidemocratica e «il ritomo della repressione»?, gli hanno chiesto in molti Quando ha saputo dell'intervento delle truppe a Tbilisi? E perché un candidato unico, perché la mancanza di scelta? Ma soprattutto, gli ha gridato quasi Telman Gdljan, il giudice che ha guidato il «pool» contro la mafia uzbeka e che è stato destituito dopo aver provato la corruzione di alti funzionari, -perché non impugna il lavoro della commissione d'inchiesta a nostro carico, che fa di tutto per imporci l'immagine di "nemici del popolo"?-, perché non illustra il suo -impegno contro lo sviluppo della criminalità'') «Davvero lei crede, dopo tutto quanto è staio detto, di avere il diritto morale di ricoprire l'incarico?», gH ha chiesto Gdljan. Le risposte sono state alle volte d'impegno, se in difesa dei «meccanismi necessari a proteggere lo sviluppo della democrazia', alle volte sfumate e attente soltanto ai principi, se contro la corruzione e lo sviluppo della criminalità, e molti voti a suo favore sono stati forse imposti dalla necessità di non compromettere troppo Gorbaciov e la sua scelta. Ma il Presidente ce l'ha fatta e può contare, al vertice, sulla difesa e sull'appoggio di un uomo uso a tutte le manovre d'apparato. Emanuele Novazio

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