Un Armani per la Borsa di Valeria Sacchi

Un Armani per la Borsa Al creatore di moda una quota della Sim di Francesco Micheli Un Armani per la Borsa Lo stilista rinnova anche la collaborazione con la società, che da anni produce i suoi abiti casual - La Finarte mira ad intese con altri creatori del made in Italy - L'annuncio nella City LONDRA — Giorgio Armarli, non solo ha confermato per sei anni, raddoppiabili, il contratto che lo lega alla Sim, il gruppo di confezioni di Modena, ma entrerà nel capitale della società con una quota di 'minoranza qualificata'. Lo ha annunciato ieri, presso la Swisse bank di Londra, Francesco Micheli che, attraverso la sua merchand bank Sviluppo, ha recentemente rilevato la maggioranza della società dalle famiglie Rocchetti e Banfi e dall'ex amministratore delegato Livio Orassi. Armarti non sarà l'unico socio di minoranza: Micheli ha già ceduto un 10% della società alla Sige, un 2% al Lloyd Adriatico mentre l'attuale management, capeggiato da Luca Ramella, ha un altro 4%. Inoltre, parecchi pretendenti bussano alla porta. L'annuncio è stato dato ieri a Londra da Micheli, dallo staff di Sviluppo (Renato Preti, Roberto Sesenna e l'ultimo acquisto, Peter Gyllenbaga ex-Golden Sachs) e dai vertici del gruppo modenese: Luca Ramella, amministratore delegato di Sim (già consulente dei Ricchetti e artefice della ricollocazione del gruppo) e Roberto Tacchi, amministatore delegato di lari, la società nella quale sono oggi concentrate le attività industriali di Sim, dunque uomo del prodotto. Ma perchè a Londra? Perché quando nel 1986 la Sim venne quotata in Borsa (oggi sul mercato è distribuito circa il W7r), quasi il 10% del capitale venne collocato dalla Sige proprio a Londra. Logico quindi che Micheli, nuovo azionista di riferimento di Sim e autore del rilancio, si sia affrettato a rassicurare gli azionisti esteri. I quali sono accor- si, numerosi, all'appuntamento. La Sim, dunque, ha voltato pagina, dopo la crisi che di colpo, a partire dal 1987, l'aveva messa progressivamente in ginocchio riducendo gli utili consolidati da 13,5 a 3 miliardi per arrivare alla perdita di 5,4% dell'esercizio 1988/89. Una crisi originata dall'acquisto di due nuove società, la Delfino (abbigliamento per bambini) e il Calzificio Europeo (i quali, insieme, hanno gravato con perdite complessive di oltre 18 miliardi in due anni) e complicata da un dissidio crescente tra la famiglia Ricchetti e Livio Orassi, l'uomo che, a partire dal 1980, attraverso l'accordo con Armani e altre grandi firme (Versa- ce, Krizia, Coveri e Moschino), aveva fatto letteralmente «esplodere» il caso Sim, fino a portarlo alla quotazione. •L'operazione Sim è un esempio da business school* ha detto ieri Micheli 'Abbiamo acquistato il controllo, abbiamo fornito il nuovo management finanziario e l'abbiamo rimessa in corsa'. Quanto è stata pagata? Il conto è difficile perché l'operazione, fatta per tappe, non è ancora perfezionata per ragioni fiscali (ma Sviluppo ha già tutti i poteri di controllo): l'unico dato di riferimento (anch'esso imperfetto) è la prima tranche del 20% acquistata a un prezzo medio di 5000 lire per titolo, ossia 20 miliardi. Recentemente, poi, la Sim ha rilevato da Ramella e dal suo socio Consonni (ex Prenatali il 5% di «Intimo 3», società che gestisce 75 punti vendita con un sistema di franchising innovativo. Inoltre, mentre Delfino a settembre verrà fusa in Iam, la famiglia Ricchetti si è impegnata a ricomperare entro giugno il Calzificio Europeo. Però Micheli ha osservato «Come merchand bank, stiamo cercando di trovare altri compratori. Quest'anno, il gruppo torna ad un utile di oltre 10 miliardi, con previsione di 16117 per il 1991 e un fatturato che, sempre nel 1991 supererà i 200 miliardi-. La forza di Sim sta nell'alta specializzazione: in pochi giorni, l'azienda è in grado di trasformare una qualsiasi idea stilistica in un capo producibile a costi contenuti. Non solo: essa si avvale di una struttura distributiva che porta le sue griffe a 500/600 punti vendita in Italia (solo nei centri cittadini) e a non meno di 400 punti vendita esteri. 'Nei nostri settori di forza, jeans, t-shirts, pantaloni, ossia nel made in Italy griffato, rappresentiamo in Italia quasi il 26% del mercato donna e oltre il 14% del mercato uomo» ha detto ieri Luca Ramella 'Pensiamo quindi che il nostro maggiore sviluppo sarà sull'estero. Per questo, stiamo strutturandoci con nuove società commerciali nei principali Paesi europei. Stiamo anche modificando il mix della produzione, riducendo la quota jeans a favore di altre a maggior valore aggiunto, e rafforzando le nostre linee personali, come Delfino, Mela Gay a, Bolthon e Pal-chou, marchi che possiamo imporre grazie alla forza della nostra rete». Valeria Sacchi Giorgio Armani attorniato dalle indossatrici dopo una sfilata

Luoghi citati: Italia, Londra, Modena