«Li Peng, non ci arrendiamo»

«Li Peng, non ci arrendiamo» «Li Peng, non ci arrendiamo» DAL NOSTRO INVIATO PECHINO — Dalla folla di migliaia di persone partono slogan contro un Primo ministro che Deng mantiene al suo posto avendo un'altra volta riaffermato nello scontro di vertice di tenere in pugno il destino della Cina: «Li Peng bandito!; "Processo pubblico a Li Peng». Solitamente non ci si poteva neanche fermare davanti all'ingresso del misterioso quartiere in cui sono il Comitato centrale e le abitazioni degli alti dirigenti: un vasto compound addossato alla Città Proibita, circondato da alte mura. Ma adesso tutto sembra possibile. Nulla si scorge di ciò che accade all'interno ma la gente si ferma fuori a gridare la sua indignazione, le sue richieste, la sua passione politica. Non si riesce a vedere nulla di quello che c'è dietro quelle mura. Neanche dalla vasta entrata con alte porte spalancate: la vista è impedita dal grande pannello che viene secondo la tradizione eretto all'interno per impedire che entrino spiriti maligni. Ma gli spiriti maligni per il potere sono tutti qui davanti, in questa folla innumerevole, traboccante. Arrivano in corteo superando la piazza Tienanmen, vanno avanti facendo un lungo giro per tornare poi ad unirsi agli studenti che da giorni la occupano. Tutti inalberano vessilli indicanti l'università o l'unità di lavoro di cui fanno parte. Ai lati dei cortei si accalca altra folla applaudendo quelli la cui presenza ha un profondo significato politico: ecco lo striscione del Quotidiano del Popolo, con decine di redattori, men¬ tre la redazione è occupata da militari. Applausi, sorrisi, mamme che protendono i bambini Ecco quelli della televisione e della radio centrale, e questi del Quotidiano dei Lavoratori. Applausi per tutti. 'Se Li Peng non viene in piazza non torniamo a casa, se non si dimette saremo qui tutti i giorni». Altri osano il sacrilegio e fanno l'accostamento a Chou En-lai: 'Chou, il Primo ministro non ti somiglia», «17 figlio adottivo di Chou si deve dimettere». Ecco gli striscioni degli studenti dell'Istituto di lingua estera, preceduti dal gruppo dei professori della cellula comunista. Le insegne sono tutte in lingua estera, tedesco, francese e inglese: 'Perché almeno attraverso le immagini il mondo sappia per che cosa ci battiamo» spiega un ragazzo: «A morte i nemici del popolo», 'Tutte le tirannie finiscono male», 'Potere al popolo». Questi ragazzi, questa moltitudine chiedono e vogliono esattamente le stesse cose che vorrebbero altri popoli sotto regimi autoritari se avessero il coraggio e la serena forza morale per esprimersi che stanno dimostrando i cinesi in questi giorni Lo fanno anche con un gesto estraneo alla loro tradizione per diversità linguistica, ma divenuto ormai patrimonio comune di tutti i popoli in condizioni analoghe: l'indice e il medio alzati a V, in segno di vittoria. Lo sanno fare anche i bambini in braccio alle mamme che glielo hanno già insegnato. Così come le richieste sono fondamentalmente le stesse che farebbero altri popoli se potessero esprimersi: 'Ciò che vogliamo è una democrazia all'occidentale — spiega un ragazzo — ma sappiamo che è un obiettivo impossibile. Dobbiamo essere realistici e per questo vorremmo quindi cominciare a migliorare il partito, a educare il partito comunista». Come visione d'insieme le manifestazioni di questi giorni richiamano quelle, consegnate alla storia, della rivoluzione culturale. Questi che sono oggi in piazza sono i figli di quelle moltitudini di guardie rosse che furono però strumentalizzate da un Mao cinico per i suoi scontri di potere. Questi non sembrano disposti a farsi strumentalizzare da nessuno. E non combattono più per riaffermare la linea di questo o quel presidente augurandogli diecimila o centomila vite, come facevano le guardie rosse, né per sbarazzarsi di quelli che «si sono messi sulla strada del capitalismo». Via il dogmatismo ideologico, solo aneliti di democrazia. E anche coreograficamente c'è qualcosa di nuovo: le tribune rosse affiancate all'ingresso della Città Proibita che in quelle manifestazioni ospitavano i maggiorenti del partito e dell'esercito affiancati a Mao e alla sua cricca, sono adesso piene di ragazzi che dopo aver sfilato in corteo si riposano. C'è un'atmosfera festosa, distesa, serena, malgrado l'intensità politica Sotto il sole a picco nella giornata caldissima la gente si ristora a innumeri banchetti di bibite ghiacciate, di cocomeri, di gelati f. m. Pechino. Uno studente improvvisa una danza per divertire 1 compagni sulla piazza Tienanmen (Tel. Associated Press)

Persone citate: Chou, Chou En-lai, Mao

Luoghi citati: Cina, Città Proibita, Pechino