«I rifiuti bloccano 500 aziende»

«I rifiuti bloccano 500 aziende» Allarme dell'industria chimica: «Senza nuove discariche fermeremo l'attività» «I rifiuti bloccano 500 aziende» I produttori lombardi di vernici e inchiostri denunciano: «I Comuni ci negano aree dove eliminare i residui» - «Per smaltirli all'estero è necessario un iter di mesi» - «Servono misure urgenti, ventimila dipendenti rischiano il posto» MILANO — «Saremo costretti a bloccare la produzione, se non si troverà modo di smaltire i rifiuti che continuano ad accumularsi»: lo ha detto Benito Benedirli, presidente dell'Associazione vernici inchiostri sigillanti adesivi (Avisa), la cui assemblea annuale si è conclusa ieri con un documento di denuncia delle difficoltà In cui, per questa ragione, il settore si trova da tempo. Sono oltre 500 le imprese interessate, con almeno 20 mila dipendenti (in ciascuna lavorano da un minimo di 15 persone a un massimo di un migliaio) e con un fatturato complessivo che nell'88 ha superato i 4 mila miliardi. In ogni azienda l'entità dei rifiuti corrisponde da un minimo del 3 a un massimo del 10 per cento della produzione. «Da 3-4 anni è diventato praticamente impossibile smaltirli — ha proseguito Benedilli — perché tutti i Comuni ci rifiutano le aree dove costruire (anche a nostre spese) nuovi impianti di smaltimento. Le pastoie burocrati¬ che rendono lunghe mesi le pratiche per esportare i residui in Paesi europei attrezzati e disponibili a riceverli (come la Francia e la Germania); gli inceneritori sì possono usare solamente in misura ridotta, e la legge 475 approvata alcuni mesi fa è ancora ben lungi dal diventare operante, a causa dell'opposizione, dettata da particolarismi locali, delle pubbliche amministrazioni». Le norme autorizzano la costruzione di un centinaio di impianti attraverso la penisola, «ma se anche i lavori cominciassero subito, occorrerebbero dai 5 agli 8 anni prima di normalizzare completamente la situazione'. Nell'attesa, l'Avisa ha chiesto rimedi da attuare entro breve termine: lo snellimento delle pratiche per l'esportazione e la facoltà di usare integralmente gli impianti di termodistruzione, poi la possibilità di smaltire gli scarti nelle normali discariche delle immondizie solide urbane, infine la creazione — sotto controllo pubblico e privato e nella zona dei futuri impianti —di luoghi di stoccaggio provvisori del rifiuti Le aree esistenti infatti straripano, ed è questa la ragione principale per cui, in mancanza di interventi immediati, si profila il blocco della produzione. Sulla base delle norme vigenti, la maggior parte degli impianti sarebbe già da considerare fuori legge, perché la quantità di depositi accumulati è superiore ai massimi consentiti Situazione egualmente grave pure in altre sedi che con l'Industria chimica non hanno nulla a che vedere. Oggi, ha lamentato Gabriele Cutolo, vicepresidente della Federchimlca per i rapporti esterni, le norme che regolano lo smaltimento di rifiuti si traducono, di fatto, soltanto in divieti: «Ma le imprese, a cui giustamente vengono imposti obblighi, devono essere messe anche nella condizione di assolverli. Noi siamo disponibili a dare, fino infondo, il nostro contributo per risolvere il problema. Non altrettanto possia¬ mo dire delle forze politiche». L'Avisa, è stato sottolineato ieri, è punto di riferimento per aziende portanti della nostra economia: dalla stampa di libri e giornali alla costruzione e protezione di case, mobili, elettrodomestici, automobili, imballaggi, alimenti. Un insieme che occupa quasi 1 milione di persone e fattura circa 150 miliardi all'anno. Alla discussione in programma durante la mattinata, prima dell'assemblea, erano presenti anche sindacalisti, esperti di ecologia e ambiente, industriali di settori diversi. Sergio Cofferati, segretario generale della Filtea Cgil, ha auspicato la ricerca di tecnologie mirate da un lato a ridurre la produzione di residui, dall'altro a tendere al completamento ' del cicli e al controllo dell'attività di smaltimento. L'esigenza di ridurre i residui di lavorazione si è presentata anche in passato, e, talvolta, è stata intimata dal mercato prima ancora che dalla salvaguardia dell'am¬ biente. «A pari velocità, oggi un'automobile consuma almeno il 20% di benzina in meno rispetto a 20 anni fa — ha ricordato l'ingegnere chimico Andrea Balzarotti — e questo perché la crisi petrolifera impose, a suo tempo, di progettare motori a rendimento migliore, in modo da bruciare quasi interamente la benzina. Anche nelle raffinerie e in numerosi altri impianti furono adottati accorgimenti e modifiche dettati dall'esigenza di ridurre il consumo energetico». Un altro modo per alleviare, almeno temporaneamente, la situazione, potrebbe essere il «riciclaggio» degli scarti: «Per esempio, dai fanghi di Scarlino, pigmenti di base delle vernici bianche, che tante polemiche suscitarono lo scorso anno, oggi si ottengono gessi bianchi e rossi da utilizzare nel campo dell'edilizia. La stessa resina, se distillata secondo particolari sistemi, potrebbe venire usata per realizzare vernici di basso costo». Ornella Rota

Persone citate: Andrea Balzarotti, Benito Benedirli, Gabriele Cutolo, Ornella Rota, Sergio Cofferati

Luoghi citati: Francia, Germania, Milano, Scarlino