«Bonn non è una pedina» di Alfredo Venturi

«Bonn non è una pedina» Il discorso del presidente Weizsaecker per i 40 anni della Repubblica «Bonn non è una pedina» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — 'Noi non siamo una grande potenza, ma non siamo nemmeno una pedina in mano d'altri». A ventiquattro ore dalla sua trionfale rielezione, il presidente Richard von Weizsàcker propone, celebrando i quaranta anni della Repubblica Federale, il tema esplosivo della sovranità nazionale tedesca, n capo dello Stato pai-la nella stessa Beethovenhalle in cui ha ricevuto, il giorno prima, il suo secondo mandato presidenziale. Nella sala piena di invitati, di fiori, di bandiere e di ottima musica (i Filarmonici di Monaco diretti da Celibidache hanno eseguito la Quinta di Beethoven), è culminata così la grande festa del giubileo federale. E non poteva non culminare con la sottolineatura, più o meno esplicita, di una esigenza nazionale ormai diffusa: la Germania vuole uscire dal suo interminabile dopoguerra. Weizsàcker, molto vicino in questo alla visione del ministro degli Esteri Genscher, così controversa in Occidente, individua nei mutamenti in corso nell'Unione Sovietica il fatto nuovo, la 'Storica occasione» su cui fondare un avvenire europeo, e tedesco, più sicuro e meno armato. Purché, avverte Weizsàcker, a quei mutamenti corrisponda «un nuovo modo di pensare anche da noi». E purché, ancora, si tenga ben fermo che l'ancoraggio occidentale delia Germania, alla Nato e alla Comunità Europea, non si discute. Questo ancoraggio, nei giorni della grande controversia tedesco-americana sui missili, è soggetto a forti perplessità internazionali. Non poteva dunque mancare nel discorso presidenziale un riferimento a questa orisi. 'Chi intravvede nel nostro atteg¬ giamento un'ombra di infedeltà all'Alleanza, dimentica che l'Alleanza sì regge sul principio della libera responsabilità». Questo passaggio è stato salutato da grandi applausi. Proprio ieri il settimanale Sterri suggeriva la questione del giorno: siai.-.o alleati o vassalli? Una questione che non è, come si potrebbe immaginare, appannaggio della destra: anzi l'opinione conservatrice tradizionale teme una tendenza che di fatto potrebbe incoraggiare un latente neutralismo. E' invece la sinistra a segnalare il problema: lo ha fatto di recente Oskar Lafontaine, vicepresidente socialdemocratico, possibile candidato alla Cancelleria per le elezioni del '90.1 sondaggi di opinione continuano a segnalare che la stragrande maggioranza dei tedeschi desidera che il Paese resti nella Nato. Ma come ha detto re¬ centemente un altro dirigente socialdemocratico, Horst Ehmke, vogliamo restarci «come un Paese alleato, non occupato». Le ragioni di questo risveglio tedesco sono tante. C'è il nuovo corso sovietico, che nell'opinione federale si traduce sia in una diminuita percezione della minaccia bellica, sia nella speranza che la divisione del Paese possa essere in qualche modo rimessa in discussione. C'è la crescente insofferenza per il territorio nazionale trasformato da decenni in un grande accampamento militare. C'è infine il lusinghiero bilancio di questi quaranta anni che hanno trasformato la Germania Anno Zero, devastata e indigente, in uno dei Paesi più floridi del mondo. 'Uun buon capitolo della storia tedesca», lo ha definito Weizsàcker. Alfredo Venturi

Persone citate: Beethoven, Celibidache, Horst Ehmke, Oskar Lafontaine, Richard Von Weizsàcker, Weizsaecker

Luoghi citati: Germania, Monaco, Unione Sovietica