Quel giorno fallì la pace di Pio XII

Quel giorno fallì la pace di Pio XII 1939: EUROPA VERSO LA GUERRA Quel giorno fallì la pace di Pio XII Il 1° maggio di cinquantanni fa, Mussolini ricevette padre Tacchi Venturi, il gesuita che manteneva contatti con il Vaticano, venuto per sondarlo su una possibile iniziativa di pace di Pio XII. Il Papa era sempre più preoccupato per il peggioramento della situazione internazionale a seguito dello smembramento della Cecoslovacchia da parte delle truppe naziste, che avevano anche strappato Memel alla Lituania, e dopo l'annessione dell'Albania da parte dell'Italia. Le minacce di Hitler contro Danzica e la Polonia la cui indipendenza era stata garantita da Francia e Inghilterra il 31 marzo precedente rendevano più che mai attuale lo scoppio di una conflagrazione bellica. Perciò Pio XII aveva in animo di lanciare la proposta di una conferenza con la partecipazione di Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia e Polonia, nel tentativo di risolvere pacificarfìcnte i loro problemi. Prima d'inviare il messaggio, il Papa desiderava però conoscere il parere di Mussolini. Ed ecco la risposta di quest'ultimo, nel resoconto dello stesso Tacchi Venturi: «Trattasi,ili una cosa seria che va ben ponderata; ora è tardi (erano le 20), ho bisogno di un giorno per pensarci su; torni da me domani e ne parleremo insieme, la Germania non può illudersi di fare con la Polonia ciò che le è riuscito di fare con gli altri sema spargimento di sangue; Iti Polonia resisterà; sarà sopraffatti! dalla prevalente forza tedesca ed avremo il principio di una guerra europea". E l'indomani sera, confermando a padre Tacchi Venturi la sua adesione alla proposta di Pio XII, suggerì che l'invito alla conferenza contenesse chiaramente lo scopo "lineilo cioè di comporre pacificamente le questioni che tengono in disaccordo la.Germania e la-Polonia. Li Francia e l'Italia e- le altre che da queste dipendono". Quest'ultima parte si trova nel telegramma che il segretario di Stato card. Maglione inviò ai nunzi a Berlino, Parigi e Varsavia e al delegato apostolico a Londra. Era evidente l'intenzione di Mussolini di riprendere in campo internazionale quel ruolo primario che Hitler gli stava togliendo. Ma c'è da credere che il suo desiderio di pace, quantomeno allo scopo di guadagnar tempo, tosse sincero. Comunque la sua risposta indusse Pio XII a preparare di suo pugno il testo del messaggio, in cui si legge tra l'altro: ••...Sentiamo oggi imperioso il dovere di. fan appello a coloro dai quali dipende il componimento degli attuali pericolosi dissensi e invitarli, in nome di Dio e di quel/a umanità da loro così profondamente sentita, ad esperire in pacifiche conversazioni le vie che sembrino adatte a scongiurare il pericolo di cruenti conflitti...". Come venne accolta la proposta del Papa dagli altri quattro Stati? La documentazione diplomatica può dirsi completa sull'intero episodio, soprattutto grazie alla raccolta Le Saint Siège et la guerre en Europe (mars 1939-aoùt 1940), edita da Blet, Martini e Schneider. Londra non nascose il suo «caldo apprezzamento» per l'iniziativa, ma si trincerò dietro la necessità d'intendersi prima con Parigi e Varsavia. E poi c'era il problema degli Stati Uniti, non meno interessati a una conferenza del genere. Se il rappresentante britannico presso la Santa Sede, Osborne, si dichiarò favorevole alla proposta, il governo britannico era condizionato dalle accuse di appeasement rivoltegli in seguito alla Conferenza di Monaco. Accuse cui Chamberlain aveva reagito garantendo l'indipendenza polacca. Tuttavia Londra non oppose un netto rifiuto: preferì suggerire che il Papa si adoperasse per una «mediazione» tra Germania e Polonia da un lato, tra Italia e Francia dall'altro. Ma era proprio quello che la diplomazia vaticana non intendeva fare, perché non era nelle sue tradizioni e nei suoi scopi di entrare nel merito delle questioni. La reazione francese fu alquanto riservata, come riferì il nunzio Valeri. Il ministro degli Esteri Bonnet gii aveva detto di ritenere possibile un accordo con l'Italia che aveva limitato le sue richieste a un porto franco a Gibuti, a due posti nell'amministrazione del Canale di Suez, ed alla riconduzione delle convenzioni italo-tunisine. Ora «la Germania,con l'Italia, di fronte al gruppo delle potenze democratiche, avrebbe potuto far poco, ma senza l'Italia non avrebbe potuto far niente». In conclusione, Bonnet «soggiungeva che senza dubbio un messaggio pontificio di pace avrebbe potuto avere una profonda eco nel popolo italiano, ma che tuttavia non era forse impossibile che altrove si interpretasse come un sintomo di debolezza nella compagine delle potenze democratiche». Il che denota l'influenza del punto di vista inglese sulla progettata iniziativa. Fu veramente il Daily Mail a rendere pubblica quest'ultima con un commento negativo ripreso dalla stampa francese? O non fu piuttosto, come pare certo, il segretario generale dei Quai d'Orsay Alexis Léger, a ispirare la stampa francese in senso avverso? La Polonia, come riferì il nunzio Cortesi, seguì in modo più evidente l'atteggiamento dei suoi alleati. Dopo una prima accoglienza favorevole all'iniziativa papale, seguì una serie di critiche contro il comportamento dell'Italia, infine fece sapere di non essere favorevole alla conferenza per il timore che un suo insuccesso aggravasse il pericolo della guerra, ma di sperare nei «buoni uffici diretti della diplomazia pontificia». Rimaneva da considerare l'atteggiamento della Germania. Il nunzio a Berlino, mons. Orsenigo, fu ricevuto dal Fuhrer a Berchtesgaden, il 5 maggio, alla presenza del ministro degli Esteri von Ribbentrop, per sentirsi dire che non esisteva peticolo di guerra. «Con la Polonia, continuò Hitler, ho disdetto il patto del 1934, ma non perché siansi rifiutate le mie richieste, ma solo perché è mutata la situazione nostra reciproca dopo l'intervento dell'Inghilterra. Però anche questo non significa la guerra da parte mia. Infatti, per quanto riguarda Danzica, questa è città libera affidata alla S.d.N.; si potrà discutere, trattare circa questo assetto di Danzica, ma non è detto che si arrivi perciò ad una guerra...». Il che voleva poi dire che, non essendoci pericolo immediato, la progettata conferenza era prematura o addirittura inutile. L'opinione quindi di Mussolini die Hitler sarebbe stato favorevole all'iniziativa anche in considerazione dei 40 milioni di cattolici tedeschi si rivelò sbagliata. Dovette constatarlo Ciano, incontratosi con Ribbentrop a Milano il 6 e 7 maggio per decidere l'annunzio immediato del Patto d'acciaio. Secondo quanto l'ambasciatore Pignatti disse al card. Maglione, Ciano e Ribbentrop «hanno constatato l'avvenuto miglioramento della situazione internazionale e ritenuto che una conferenza delle cinque potenze sarebbe ora prematura e, ad ogni modo, attualmente non necessaria». Così fallì l'iniziativa di Pio XII. Italo Garzia, che ha pubblicato un accurato studio su Pio XIl e l'Italia nella seconda guerra mondiale (nella collana diretta da Gabriele De Rosa presso la Morcelliana), ritiene che la proposta sia stata fraintesa dagli Stati democratici. Può darsi. Ma sembra altrettanto valida l'argomentazione che questi ultimi non avrebbero rifiutato di partecipare alla Conferenza se Hitler avesse dato segni credibili di volerne ottemperare le decisioni. Il che era altrettanto opinabile, quanto il credere ne\\'«avvenuto miglioramento della situazione internazionale». Tre mesi dopo venne concluso il patto Ribbentrop-Molotov sulla spartizione della Polonia, seguito quasi immediatamente dall'inizio della seconda guerra mondiale. Enrico Serra