Jung, un'analisi durata una vita di Alberto Papuzzi

Jung, un'analisi durata una vita INCONTRO A ZURIGO CON LA PSIC0ANA1ISTA MARIE-LOUISE VON FRANZ Jung, un'analisi durata una vita La sua allieva e amica pubblica in Italia gli studi sul «Piccolo principe» • A 74 anni, malata, ricorda: «Andai in bicicletta a chiedergli di curarmi» - «Per sei mesi non parlammo di me, ma di alchimia» • «Era affascinante, caloroso, assolutamente onesto» «Non nominava mai Freud, tacque sulla loro rottura» - «Lo irritava l'incomprensione dei colleghi. Diceva: "Quanto sono idioti"» DAL NOSTRO INVIATO Zurigo — Marie-Louise von Franz, allieva, collaboratrice, amica di Cari Gustav Jung, è seduta in un angolo del suo studio, con il busto eretto e gli occhi fissi: nella luce falsa del pomeriggio che entra lateralmente da una finestra potrebbe essere una fotografia di Nadar, appesa tra i vecchi libri che coprono le pareti della stanza. Ha 74 anni. E'piccola. Indossa un tailleur in velluto verde di foggia maschile. Il morbo di Parkinson, di cui soffre da sette anni, la costringe a una rigidità innaturale, come quella di una bambola. A causa della malattia, è una persona abituata a economizzare le energie: attende in silenzio le nostre domande, con paziente gentilezza; dà risposte concise con una voce priva di inflessioni. Tiene le mani strette ai braccioli per controllare il tremor. Ma quando si evoca Jung, la vecchia signora si rianima: allora la voce cambia registro e anche il volto si illumina; sorride e ride, sconfinando nei ricordi di una giovinezza perduta, la cui ultima traccia è conservata nei suoi libri sulle fiabe, sui miti, sui sogni, sulla morte. Siamo a Kùsnacht, un elegante sobborgo sulla riva Nord del Lago di Zurigo dove Jung mori nel 1961. La casa della von Franz sembra uno chalet, nascosta tra il verde di una stradina di villette. Dal tetto rami di glicine scendono su una veranda in legno. Abbiamo salito una scala intagliata nella pietra viva e abbiamo attraversato un piccolo giardino dall'aria selvatica. Ci ha ricevuti una donna grossa e allegra: un medico canadese, che vive con la von Franz da quando è malata, Nella penombra dello studio riluce il v.olto enigmatico di un Budda decorato con foglie d'oro. E' un ricordo dei viaggi di Jung in Oriente? «No. E' un ricordo dei viaggi di mio padre. Il quale era un ufficiale austriaco. Fece la guerra tra Russia e Giappone. La guerra del 1905. E percorse l'India». Echi di tempi in cui viaggiare significava ancora varcare una soglia e mettere piede in altri mondi. «Io sono nata, per caso, a Monaco. Venni in Svizzera a tre armi. Non ho mai accompagnato Jung nei suoi viaggi perché non avevo abbastanza soldi. Una volta lo seguii a Roma per una conferenza, pagandomi il viaggio». Durante il colloquio, Marie-Louise von Franz porta a galla una nuda semplicità di rappresentazione della realtà. Le cose sono un sì o un no. Ogni sua risposta è come una porta che si apre su una precisa direzione. Soltanto quando le chiediamo se sia ottimista o pessimista sulfu- turo della nostra società, si rifugia nell'ambiguità: «lo sono così e così. Guardando lo stato del mondo, penso che non ci sono chances.Ma può esserci una via d'uscita del tutto irrazionale». Altrimenti le sue risposte appaiono nitide e maieutiche, come se noi non fossimo seduti dirimpetto a lei, ma sdraiati sul fatale lettino dello psicoterapeuta. Per esempio, che cosa divide essenzialmente Freud e Jung? «Freud ha stabilito una teoria razionale rigida. Jung ha esplorato la natura creativa dell'uomo. Freud impone la guarigione dal di fuori. Invece Jung è come l'omeopatia: cerca di guarire la malattia con le sue stesse' passioni, senza teorizzare normalità e anormalità. Credo che il freudismo sia destinato a perdere peso perché si fonda sulla filosofia razionalista, la quale non è più in sintonia con la realtà: l'energia nucleare, la biologia, la genetica pongono problemi che mettono in crisi i presupposti freudiani». Oppure, come spiegare gli interessi di Jung per l'esoterismo? «Non è vero che esistano due Jung. Lo studio comparato delle religioni e i suoi interessi per l'alchimia sono in connessione logica con la terapia. Infatti i diversi sistemi religiosi non sono altro che le antiche terapie, a cominciare dallo sciamanesimo, che è una forma di psicoterapia. Tutte le grandi religioni, per prime il buddismo e il cristianesimo, sono per Jung sistemi psicoterapeutici, che hanno il compito di conservare l'equilibrio psi¬ chico dell'uomo. Distruggere la religiosità in un gruppo etnico vuol dire condannarlo alla nevrosi». Se la domanda contiene in nuce la risposta, la von Franz conferma con un semplice sì. Lei non si è sposata per Jung? «Sì». Jung è stato l'uomo della sua vita? «Sì». Talvolta aggiunge una breve precisazione. Oggi si assiste a una ricomparsa dell'irrazionale: la giudica positiva? «Sì. Ciò migliora la condizione umana». Lei teme gli eccessi di razionalismo? «Sì. Quando è apodittico ed esagerato il razionalismo è sempre negativo». Lei ha una fede? «Sì. Ma non secondo una confessione. Non.sono cristiana, neppure buddista. Io credo in un Dio, comunque lo si chiami». La morte è un passaggio che fa parte della vita? «Sì. Io credo in una continuazione oltre la morte. Anche se non credo in una continuazione individuale». Si conoscono delle polemiche sull'interpretazione che la von Franz ha dato di Jung. Ne hanno risentito gli stessi rapporti con il C. G. Jung-Institut, che ha sede a Kùsnacht, in una casetta sul lago. Forse la preoccupaziorie della vecchia signora, volgendo gli occhi a un emozionante passato, è la fedeltà all'uomo che lei ha conosciuto: «Essendo un genio, era solo. Lo irritava l'incomprensione dei suoi colleghi. Diceva: quanto sono idioti! Quando ci attaccavano mi citava Goethe: "Lascia che i cani abbaino. Noi fuggiamo a cavallo". DI Freud con me non parlò mai. Jung non parlava del suo passato. Fui stupita e o n n a o . e e ? cì. amea o o e g. i nùae lolo: o. e a: o a ni an a a di scoprire che tanti anni prima c'era stata una rottura». Il rapporto tra Cari Gustav Jung e Marie-Louise von Franz iniziò una mattina del 1933 a Bóllingen, un villaggio a trenta chilometri da Kùsnacht, dove si trovava (e si trova tuttora) la residenza di campagna del celebre psichiatra. Il quale aveva chiesto di incontrare un gruppo di liceali, per conoscere i problemi delle nuove generazioni. «Eravamo in otto, ricorda la von Franz, restammo con lui l'intera giornata, fino a mezzanotte. Era affascinante: un uomo caloroso, assolutamente onesto, con un'intelligenza geniale». Sei mesi dopo, la von Franz scrisse a Jurig, "chiedendogli di essere analizzata. Jung aveva 58 anni e insegnava al Politecnico di Zurigo. Le sue opere erano già famose e discusse: nel 1921 Psychologische "IVpen, nel 1931 Seelenprobleme der Gegenwart (edito da Einaudi nel 1942 con il titolo TI problema dell'inconscio nella psicologia moderna). Rispose a quella diciottenne appassionata di filologia classica che l'avrebbe analizzata in cambio di traduzioni di testi esoterici in latino e greco. •Cosi andai ad analizzarmi in bicicletta, da Zurigo a Bóllingen». E come si svolgevano le sedute analitiche? «Oh, per sei mesi non parlammo mai di me. Parlavamo di alchimia». Ma quanto durò quell'analisi? «Tutta la vita, com'è naturale». Lei è diventata a sua volta analista? «Soltanto dopo i quarant'anni. Insegnavo latino e greco al ginnasio e gli studenti mi , , n n chiedevano di essere analizzati. Cessai la scuola e mi dedicai all'analisi. I miei primi clienti erano giovani americani. Tutti veri pueri aeterni. Fu così che studiai questo tipo psicologico». TI Puer Aeternus è un dio fanciullo al quale si rivolge Ovidio nelle Metamorfosi E" anche il soggetto di un libro della von Franz, pubblicato quest'anno da una piccola casa editrice, la Red di Como, con il titolo L'eterno fanciullo. Pagine strane, misteriose, seducenti, in cui s'incontrano la teoria junghiana degli archetipi e gli studi della von Franz sulle fiabe. Protagonisti aerei e onirici del libro sono infatti Antoine de Saint-Exupéry e il suo Piccolo principe. La Red ha pubblicato altri quattro libri della vecchia amica di Jung e ne ita in preparazione di nuovi. Opere precedenti figurano nel catalogo scientifico di Boringhieri, come Alchimia, frutto dei primi studi con Jung, ora ripresi in mano dalla von Franz. «Sono stanca. Non posso più scrivere per il tremor, soltanto dettare. Ho sempre bisogno di molto riposo. Ma dedico le poche energie che mi restano a scrivere un libro sull'alchimia arabica. E' un ritorno alla mia giovinezza Chiudo il cerchio della mia vita». Il paralume accanto alla poltrona della vecchia signora è rimasto spento. Gli alberi che s'intravedono dalla finestra non lasciano più filtrare la luce. Nella stanza che odora di legno e di libri è scesa una penombra soffusa di malinconia. «All'inizio dell'analisi io piangevo sempre. Jung cercava di farmi ridere. Una volta mi dice: guardi signorina che gli uomini non amano le donne che piangono. Ma io continuo a versare lacrime. Allora lui manda un grosso sospiro. Sa che cosa le direi se fossi il conduttore del tram? Per carità, signorina, che cosa avete? Era così buffo che scoppiai in una risata..». Mentre usciamo MarieLouise von Franz ci raccomanda: «Non chiudetevi dietro la porta». Il medico canadese che fa da segretaria e dama di compagnia fuma sulla veranda. Le villette di Lindenbergstrasse sono silenziose e deserte. Sul lago corrono le barche a vela. Qualche gitante si attarda nel crepuscolo su quelle rive, dove una mattina dell'anno 1933 una liceale di Zurigo di padre austrìaco correva in bicicletta verso il destino. Alberto Papuzzi w Zurìgo. Marie-Louise von Franz, allieva, collaboratrice, amica di Cari Gustav Jung, in un angolo del suo studio (Photo Print)