Infastiditi e complici dei partiti di Sergio Romano

Infastiditi e complici dei partiti Paradosso italiano Infastiditi e complici dei partiti In teoria non dovrebbe esservi questione più fortemente sentita dalla pubblica opinione di quella che va sotto il nome di questione istituzionale. Il Paese è governato poco e male in condizioni che non soddisfano, per una ragione o per l'altra, nessun ceto sociale. Siamo tutti all'opposizione, anche se abbiamo interessi diversi, c tutti convinti che la ragione dei nostri mali sia il «regime dei partiti», come si è andato configurando in Italia dalla fine degli Anni Sessanta a oggi. Prendete una dozzina di italiani e metteteli intorno a un tavolo. Si lagneranno dei trasporti che non funzionano, delle lettere che non arrivano, delle lince telefoniche ingombre, degli appalti lottizzati e del cattivo sistema sanitario. Vi diranno che è assurdo votare per un partito senza garanzie di sorta sulla politica che farà nel corso della legislatura e vivere continuamente con la crisi alle porte. Vi diranno che alle prossime elezioni, se i partiti non riusciranno a mettersi d'accordo per governare il Paese stabilmente sino alla fine della legislatura, crescerà il numero degli italiani che si asterranno dal voto in segno di protesta e di sfiducia. Vi diranno che occorre un esecutivo stabile e responsabile, con cui tutti — sindacati, imprenditori, consumatori, contribuenti — possano fare i conti. E vi diranno infine che sono stanchi di un'Italia a gambe all'aria, in cui i partiti non riescono a mettersi d'accordo per governare II Paese, ma sanno accordarsi perfettamente per spartirsi il sottogoverno. Se la Costituzione è vecchia, se la legge elettorale non permette di scegliere governi stabili e lascia il Paese nelle stesse condizioni in cui era alla vigilia del voto, se l'Italia non riesce più, dall'inizio degli Anni Settanta, a completare una legislatura, occorre rinnovare il sistema. I partiti e i loro capi, vi diranno, vanno giudicati alla luce di questa esigenza. E' questo più o meno il linguaggio degli italiani. Ma a questo linguaggio non corrisponde nessuna reale pressione popolare per la riforma del sistema costituzionale italiano. Ho creduto per molto tempo che il maggiore ostacolo alle riforme istituzionali fosse rappresentato dalle «rendite di posizione» dei singoli partiti e dalla loro riluttanza a metterle in gioco. E ho pensato che le riforme sarebbero state adottate dai partiti soltanto sotto la spinta delle circostanze e di una forte pressione della società civile. Credo oggi che la situazione si sia rovesciata. I partiti finiranno per Sergio Romano (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

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