Dagli Usa guerre alla plastica

Dagli Usa guerre alla plastica Materiali sempre più resistenti; ora l'industria studia come eliminarli Dagli Usa guerre alla plastica Già «progettati» numerosi prodotti biodegradabili ■ Ma hanno costi elevati e richiedono tecnologie complesse - La scelta del colosso lei Pubblichiamo dalla rivista "Technology Revue» edita dal Mit un articolo di Ann Gibbons sulle novità dell'industria americana nel campo della plastica biodegradabile. Dopo aver creato per decenni plastica sempre più resistente e durevole, i chimici si stanno trasformando in alchimisti alla rovescia perché ora progettano plastica capace di dissolversi. Oggi la plastica rappresenta il 7,2% in peso di tutti i rifiuti urbani. Si tratta di una pesante eredità per le generazioni future perché normalmente la plastica richiede duecento anni per degradarsi. La plastica degradatele rappresenta una soluzione condivisa da molti. Restano però diversi inconvenienti da eliminare. I materiali degradabili hanno un costo più elevato e normalmente non sono affidabili come i materiali tradizionali. Inoltre alcuni tipi di nuove materie plastiche non si dissolvono completamente e si ignora il grado di pericolosità dei residui e la stessa industria è piuttosto riluttante a impegnarsi in questa tecnologia. 'Seguiamo supinamente il mercato», afferma Roger Lloyd, dell'Ici Biologica] Products, divisione dell'Imperiai Chemical britannica. Le diverse materie plastiche hanno in comune proprietà di resistenza e flessibilità ideali per i più svariati prodotti, dalla punta degli aerei alla fodera dei pannolini. La plastica non arrugginisce, non ammuffisce e non marcisce; inoltre mantiene la propria integrità in ambiente umido, al caldo e al gelo. Le ragioni di questa indistruttibilità sono di natura chimica. Ai chimici si presenta quindi il problema di riuscire a indebolire queste catene sintetiche senza privare della sua resistenza la plastica stessa. Le ricerche si sono indirizzate su tre categorie di plastiche: biodegradàbili, degradabili chimicamente e fotodegradabili. 1 ) Nella plastica biodegradabile la struttura chimica viene indebolita dall'inclusione di agenti che consentono alla fiora fungina e ai batteri di attaccare e digerire le catene di idrocarburi. Questo materiale ha però un costo elevato. Alla ricerca sulle plastiche biodegradabili ha dato un ri¬ levante contributo il chimico James Potts, dell'Union Carbide. Dai suoi studi, condotti negli Anni Sessanta, è risultato che i microorganismi attaccano e digeriscono i vari polimeri naturali, quali l'amido di mais, la cellulosa, il cotone e la seta, ma una sola classe di polimeri sintetici: quella dei poliesteri. Alla struttura chimica di questi polimeri sono connessi «gruppi esteri», del genere di quelli presenti nei grassi e negli oli animali e vegetali. Gli enzimi prodotti dai microorganismi individuano i gruppi esteri e vi si attaccano, trasformandoli con acqua in alcool e acido, che l'organismo è in grado di digerire. L'America Cyanamide Co. produce acido poliglicolico degradabile per suture che nel corpo umano; ma il materiale ha un costo equivalente a 45.000 lire al chilogrammo, mentre il prezzo medio della plastica tradizionale equivale a 2000 lire al chilogrammo. I poliesteri sono diventati i modelli di riferimento per i chimici che studiano come rendere biodegradabile la plastica per gli usi più vari. All'Università del Maryland, William Bailer induce la formazione di esteri in plastica tradizionale derivata dal petrolio, quale il polietilene usato nei sacchi neri per spazzatura e nel contenitori del latte. I chimici dell'Ici di Wilmington, Delaware, seguono una via diversa, che consiste nello sviluppo di un processo di fermentazione per generare batteri normalmente presenti nel terreno: un processo analogo a quello della coltivazione industriale del lievito di birra. Questi batteri, se nutriti di zucchero e acido, producono il polimero Phbv (acido valerianico idrossibutirrico). Secondo il chimico Tom Galvin, dell'Ici, il Phbv sarebbe particolarmente adatto per la produzione di pellicole protettive per terreni agricoli e di placche per osteosintesi. Molti produttori nanno espresso interesse per il Phbv, ma il costo di produzione di questi materiali, equivalente a 45.000 lire al chilogrammo, è ancora eccessivo. L'Icl ritiene di riuscire a ridurre a 6000 lire al chilogrammo tale costo entro il 1990. Per ottenere plastiche biodegradabili, molti chimici hanno utilizzato residui e rifiuti agricoli, in particolare l'amido di mais e la cellulosa dei gusci e della pasta di legno, come Ramarli Narayan, alla Purdue University. I microorganismi del terreno o dell'acqua, che si nutrono dell'amido, polverizzano la plastica e la eliminano nel giro di qualche anno. 2) Le plastiche che si degradano chimicamente non si dissolvono completamente come le plastiche biodegradabili. Gli additivi usati nel processo tradizionale di fabbricazione, normalmente amidi, provocano semplicemente la frantumazione del materiale e lasciano residui. Queste plastiche, anche se meno efficaci, sono più economiche. Per esempio, la St. Lawrence Starch Co. produce un materiale degradabile costituito da un polimero plastico rivestito di amido di mais. Al termine del processo produttivo si aggiunge un estere, quale l'olio di mais, con azione ossidante, che favorisce la rottura delle catene polimeriche. Se un sacchetto di questo materiale è lasciato sul terreno, i batteri consumano l'amido e quel che resta è una struttura porosa. Intanto, l'olio di mais reagisce con i sali del terreno o con l'acqua e genera perossidi, che attaccano i legami della plastica residua. Alla fine del processo, i pezzi sono così piccoli che i batteri ne possono digerire la maggior parte. Charles Swanson, ricercatore chimico dell'US. Department of Agriculture's Plant Polymer Research Laboratory, di Peoria, sta studiando una plastica degradabile che per il G0 per cento è costituita da amido di mais. 3) Il terzo tipo di plastica degradabile .richiede l'esposizione alla luce. In queste plastiche fotodegradabili, i gruppi carbonili, composti di molecole di chetoni, di carbonio e di ossigeno, assorbono la luce solare ultravioletta, che innesca una reazione a ratena con la conseguente ro' tura dei legami molecolari. Anche questi materiali, però, lasciano residui. Ann Gibbons

Persone citate: Charles Swanson, Gibbons, James Potts, Lawrence Starch Co, Plant, Roger Lloyd, Tom Galvin, William Bailer

Luoghi citati: America, Delaware, Maryland, Usa