La Casa Bianca si appella al «G7» di Ennio Caretto

La Casa Bianca si appella al «G7» La Casa Bianca si appella al «G7» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINQTON — L'ascesa del dollaro si è Ieri accentuata minacciando prima di causare una frattura tra 1 Sette, e costringendo poi tutte le Banche Centrali a un massiccio intervento coordinato sui mercati dei cambi. Con la moneta Usa ai massimi livelli degli ultimi tre anni — 1463 lire, 2,01 marchi e 142 yen — e con gli operatori in preda al panico per le voci di uno scollamento delle grandi potenze industriali, la Casa Bianca ha riaffermato solennemente gli impegni del Plaza dell'85 e del Louvre dell'87. Tramite il portavoce Popadiuk, Bush ha in pratica rivolto un appello agli alleati perché collaborino più vigorosamente alla stabilità delle divise. Né l'intervento delle banche centrali né le dichiarazioni della Casa Bianca hanno però spinto il dollaro al ribasso. Secondo notizie non confermate, nel timore di una crisi, i Sette terrebbero perciò una riunione dal 31 maggio al 2 giugno a Parigi. L'incandescente giornata del dollaro è incominciata con una notizia bomba del New York Times. D consigliere economico di Bush, Michael Boskin, e il ministro del Bilancio, Richard Darman, ha scritto l'autorevole quotidiano, hanno suggerito al presidente e al ministro del Tesoro Nicholas Brady di tornare al regime monetario degli Anni Settanta, cioè di lasciare fluttuare liberamente il dollaro, tranne casi straordinari. I Sette, hanno aggiunto, dovrebbero ricorrere ad altri strumenti per allineare le loro economie, ad esempio strumenti fiscali e commerciali, con accordi a hoc. n New York Times ha precisato che Boskin e Darman ritengono obsoleti gli accordi del Plaza e del Louvre, soprattutto a causa del Giappone e della Germania, che non hanno ridotto gli enormi attivi della loro bilancia dei pagamenti. L'articolo del New York Times ha spinto subito il dollaro alle stelle: solo sulla piazza di New York esso ha compiuto un lieve passo indietro—a 1456 lire — dopo due interventi consecutivi della Fed. Dì fronte allo scompiglio dei mercati monetari, Bush si è mosso con decisione. Il portavoce Roman Popadiuk ha emesso un breve comunicato. 'Il recente apprezzamento del dollaro è motivo di allarme" ha detto. 'Esso ha posto in dubbio l'impegno dell'amministrazione al coordinamento ira i Sette». 'L'amministrazione — ha proseguito Popadiuk con una velata accusa ad alcuni dei partners degli Stati Uniti — rimane vincolata a questo accordo. Se l'apprezzamento del dollaro si prolungasse o si accentuasse, potrebbe vanificare i nostri sforzi di ridurre gli squilibra commerciali». 'Pertanto — ha concluso il portavoce — noi continueremo a rafforzare le politiche di coordinamento tra i Sette e gli interventi sui mercati dei cambi, come ribadito dal loro comunicato alla riunione dello scorso aprile». Quindi, in una indiretta smentita dell'articolo del New York Times: «fi presidente e il ministro del Tesoro sono gli unici autorizzati a formulare la politica del dollaro: Economisti prestigiosi come Charles Shultze, il consigliere dei presidenti democratici da Kennedy in poi, si sono chiesti se questo monito all'unità farà effetto. La risposta è incerta: non mancano infatti i segni di disaccordo tra le sette potenze industriali. In contrasto con il proclama della Casa Bianca, il governatore della Bundesbank Pohel ha affermato di aver poca fiducia nell'utilità degli intervent delle banche centrali sui mercati dei cambi. In un'intervist a Le Monde, Pohel ha detto che non è necessariamente vero che il dollaro sia troppo alto, e ha sostenuto che in ogni caso "l'economia tedesca è in grado di affrontare i problemi da esso creati». H governatore, che ha invitato Bush a controllare i consumi interni, ha però ammesso che 11 dollaro forte potrebbe fare rincarare le esportazioni americane e rendere più a buon mercato le importazioni negli Usa. Infine Pohel si è pronunciato per una rivalutazione del marco, che a suo parere è stato indebolito di recente dal flusso di capitali .a breve. I mercati dei cambi attendono con ansia la giornata odierna. Lo strumento più efficace per il deprezzamento del dollaro sarebbe un calo dei tassi d'interesse. Ma il governatore della Fed, Greenspan, vi è contrario perché teme che esso contribuisca a rinfocolare l'inflazione. Greenspan è allarmato dal rincaro del petrolio e soprattutto della benzina, che negli ultimi due mesi ha compiuto il salto più spettacolare dal 1980. Ennio Caretto

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