Parma insorge: questo «la» non è di Verdi di Valerio Varesi

Parma insorge: questo «la» non è di Verdi I loggionisti contro la nuova legge: «Alza le note di mezzo tono, per i cantanti è la rovina» Parma insorge: questo «la» non è di Verdi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARMA — «Questo Paese non mantiene fede alla volontà di Verdi», protesta il popolo dei fedelissimi verdiani di Parma, terra natale del musicista. Gli appassionati di lirica sono in subbuglio da quando la legge ha spostato di quasi mezzo tono verso l'alto la vibrazione della nota «la», portandola dai 432 hertz della tradizione ai 440 attuali. Una protesta alla quale hanno aderito cantanti come il tenore Carlo Bergonzi e il soprano Renata Tebaldi, anch'essi di Parma. La legge, in vigore da pochi giorni, costringe a regolare il diapason corrispondente alla nota «la» sulla nuova vibrazione spostando verso l'alto l'intera gamma degli altri suoni. E ciò, stando ai contestatori dei vari sodalizi verdiani di Parma, rappresenterà la fine del bel canto e una vera e propria ecatombe per le ugole, costrette ad esibirsi con l'incubo della «stecca». «/ 440 hertz non si addi¬ cono alla vocalità italiana — spiega Umberto Tamburini, presidente del "Club dei 27", un'associazione in cui ogni componente impersona un'opera verdiana —. E' una vera e propria rovina per i cantanti, la cui voce uscirà malconcia. Questa é una scelta fatta in modo del tutto superficiale ed improvvisato, senza considerare che molti musicisti avevano espresso la loro contrarietà». Il tasto del bel canto a Parma è da sempre delicatissimo. Dalla loro i loggionisti e i cultori del melodramma hanno nientemeno che uno scritto autografo di Verdi il quale, nel 1881, chiuse la diatriba sul diapason con una lettera che fissava a 432 «vibrazioni doppie- il valore del «la» pietra di paragone di voci ed orchestra. E adesso questa lettera è diventata una bandiera per i tradizionalisti della città ducale, infiammati dall'affronto al padre del bel canto nazionale. «Si deve assolutamente tornare ai 432 hertz — interviene Ernesto Matteucci, presidente della "Corale Verdi", con centinaia di affiliati —. Chi veramente impersona il melodramma e il cantante e con questo diapason sarà in enorme difficoltà. Senza contare che la voce gli uscirà inevitabilmente "impiccata", a scapito della linearità e dell 'armonia. D'altra parte il discorso a mio parere è speculativo. Certi strumenti, con i suoni più acuti ora in auge, non potrebbero più essere accordati, si dovrebbe sostituirli-. E fra quelli da pensionare ci sarebbero anche pezzi di enorme valore come gli Stradivari e i Guarneri, incapaci di reggere le nuove accordature. Un grido d'allarme che è arrivato da una città a due passi da Parma, appena oltre il Po: Cremona, patria di liutai di fama internazionale. Ma il problema rimane quello della voce. «Già c'è penuria di cantanti — lamenta Enrico Fanti, appassionato fra i più assidui del "Regio" —. Fi¬ guriamoci se spostiamo verso l'alto il diapason! Certo che la massa sonora dell'orchestra ne trae un indubbio vantaggio, ma per le voci sarebbe davvero un disastro-. E su queste opinioni sono d'accordo direttori d'orchestra come Gian Andrea Gavazzeni secondo cui «l'accordatura alta odierna rende ùnpossibile ia giusta interpretazione di tutto il repertorio dell'Ottocento». Mentre anche Renato Bruson, Placido Domingo e John Sutherland si accodano alla protesta di Bergonzi e della Tebaldi, a Parma la -Corale Verdi» ha organizzato un convegno che ha raccolto il fronte degli oppositori al nuovo diapason stabilito dalla Gazzetta Ufficiale. Le conclusioni le ha simbolicamente tratte Nestore Montagna. 86 anni, il veterano del loggione, uno che al ■Regio- ci va dal 1913. «Da qualunque parte la si guardi si deve concludere che aveva ragione Verdi-. Valerio Varesi

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