«Ustica, non escludiamo la bomba» di Giovanni Bianconi

«Ustica, non escludiamo la bomba» Le conclusioni della commissione nominata da De Mita contraddicono quelle dei periti «Ustica, non escludiamo la bomba» I «sette saggi» indecìsi fra l'ipotesi del missile e quella dell'ordigno esplosivo: avrebbe potuto essere collocato sul Dc9 a Bologna, dove i controlli erano precari - «Le Forze armate non hanno colpe» - Il presidente del Consiglio scrìve ai familiari ROMA — Le Forze armate italiane non hanno alcuna responsabilità nella tragedia di Ustica. Non l'hanno provocata, né hanno fatto operazioni di occultamento di prove o dati. Quanto alle cause del disastro, nonostante la perizia ordinata dal magistrato che conduce l'inchiesta giudiziaria parli esplicitamente di un missile, non si può escludere che a far esplodere il Dc9 àeìl'Itavìa sia stata una bomba. Sono alcune delle conclusioni cui è giunta la commissione Pratis, istituita dal presidente del Consiglio De Mita per "esaminare, coordinare e valutare tutti gli elementi» sulla sciagura che il 27 giugno 1980 provocò 81 morti. I «sette saggi» hanno lavorato per cinque mesi, raccogliendo informazioni dalle fonti ufficiali dell'amministrazione statale (ministeri, Forze armate, servizi segreti, ecc.) e, per le notizie di carattere internazionale, attraverso i normali canali diplomatici, cioè le ambasciate. I risultati dell'inchiesta sono stati consegnati da De Mita a tutti i ministri, al giudice istruttore di Roma Bucarelli e al presidente della Commissione parlamentare d'in¬ chiesta sulle stragi Gualtieri. All'associazione familiari delle vittime, il presidente del Consiglio ha scritto una lettera in cui dice che "la parola definitiva spetterà pur sempre all'autorità giudiziaria». Ulteriori sviluppi sono imminenti proprio su questo fronte: dopo l'istanza delle parti civili di incriminare alcuni vertici militari, il pm starebbe per formulare nuove richieste. Le conclusioni della commissione sono riassunte in dodici punti, che compongono il settimo paragrafo della relazione. Le principali novità sono costituite proprio dall'«assoluzione» dei militari e dalla riproposizione della vecchia tesi dell'ordigno sistemato all'interno del Dc9. Due affermazioni che susciteranno certamente nuove polemiche. Della bomba si parla nel secondo punto delle conclusioni, dopo che, nel primo, i «sette saggi» attribuiscono le cause dell'incidente all'-aaione di un oggetto esplosivo», escludendo quindi il cedimento strutturale del Dc9 e la collisione con un altro aereo. Preso atto che i periti nominati dal giudice avvalorano la tesi del mìssile, la com¬ missione ritiene che «non possa essere scartata l'ipotesi che a provocare l'incidente sia stato un ordigno esplosivo collocato a bordo dell'aereo». Un'ipotesi che la perizia giudiziale aveva escluso categoricamente. Si legge infatti nella relazione consegnata al magistrato due mesi fa: "Dal tipo delle traiettorie e delle profondità di penetrazione dei vari frammenti ritrovati nei cuscini, negli schienali e nei cadaveri, appare accertato che sì sia trattato di un fenomeno esplosivo esogeno, esterno all'aereo...». La commissione Pratis sembra invece voler riproporre la convinzione della bomba anche nella sua terza conclusione, n 27 giugno 1980, scrive nella relazione, all'aeroporto di Bologna, da dove partì il Dc9 diretto a Palermo, le condizioni di controllo dei passeggeri e dei bagagli «erano alquanto precarie». Come dire che non sarebbe stato tanto difficile far arrivare l'ordigno a bordo, anche se "le indagini a suo tempo effettuate dai servizi di sicurezza e dagli organi di polizia per individuare possibili emergenze atte a convalidare la suddetta ipotesi non sono approdate a concreti risultati». Ed eccoci al capitolo delle presunte responsabilità militari. Davanti ai giudici, le parti civili, sulla base della perizia tecnica, contestano essenzialmente due punti: dal centro radar di Marsala sono state trasmesse registrazioni parziali o manipolate, mentre in quello di Licola, quattro anni dopo l'incidente, è stato distrutto il registroplotting D.A.l con le registrazioni del 27 giugno '80. Da quei centri radar, replica la commissione Pratis, non risultano presenze di aerei sospetti. "Va peraltro ricordato — si aggiunge — che la rete della difesa aerea non ha il compito specifico di mantenere il controllo degli aeromobili civili». Non ha trovato conferma nemmeno -la pretesa imposizione che sarebbe stata fatta sul personale di Marsala di tacere* su ciò che accadde la sera del disastro. La mancata trascrizione dei brogliacci, inoltre, si può spiegare col fatto che non c'era niente di significativo. E i registri distrutti? Tutto avvenne, dice la relazione, secondo la normale prassi. E' da ritenere che comunque non ci fossero elementi da cui ricavare ulteriori, significativi dati. Tuttavia, «una maggiore oculatezza da parte dell'ufficiale addetto alla custodia avrebbe consigliato di conservarli se non altro per evitare gratuite illazioni». Infine, la commissione comunica che, sulla base delle informazioni ricevute dal ministero della Difesa e dalle rispettive ambasciate, la sera del 27 giugno '80 non erano in corso esercitazioni aeree dell'Italia, della Nato, degli Usa, della Gran Bretagna, della Germania Federale e di Israele. «/ servizi omologhi interpellati dal Sismi — è scritto nella relazione — hanno escluso di avere notizia di navi o aerei di paesi esteri» nella zona dell'incidente. Viene comunque ricordata la presenza della portaerei Usa Saratoga e di una fregata inglese a Napoli, di due portaerei francesi a Tolone e di quattro navi da guerra sovietiche in Tunisia. Dalla Libia, invece, sono arrivate solo risposte "evasive». Esclusa comunque ogni connessione con il Mig libico ritrovato in Calabria nel luglio del 1980. Giovanni Bianconi

Persone citate: Bucarelli, De Mita, Gualtieri, Pratis