Cinema muto, scoperta d'un tesoro di Ugo Buzzolan
Cinema muto, scoperta d'un tesoro nascosto Stasera su Raiuno viaggio di Gregoretti tra sale chiuse e un Museo vitale; regia di Treves Cinema muto, scoperta d'un tesoro nascosto Perché la televisione — e mi riferisco naturalmente alla tv pubblica — non utilizza, o utilizza poco e cosi male, l'immenso patrimonio, un autentico tesoro, offerto dal cinema muto? E' una domanda che verrà in mente a qualsiasi spettatore, stasera, guardando su Raiuno un programma che si intitola Cinema primo amore e che è sulla nuova sede del Museo nazionale del cinema inaugurata di recente a Torino. Apro una parentesi, n programma è previsto tra le 23 e mezzanotte. Sicuramente, come ogni sera, ci saranno slittamenti d'orario, e la trasmissione comincerà più tardi per terminare nella notte. Tardi, troppo tardi. Ma bisogna dire che ormai ci siamo tristemente abituati: certe trasmissioni definite, con accento quasi allarmato, cultu¬ rali — e sul cui indice di ascolto alto non si può giurare — vengono oggi inesorabilmente emarginate. Anche se riguardano temi importanti. Come Cinema primo amore, garbatissima cronaca a mo' di elzeviro, scritta e diretta da Giorgio Treves, e amabilmente condotta, con affetto e una punta di accorata ironia, da Ugo Gregoretti. Non voglio illustrare la trasmissione dettagliatamente, la vedrete stasera. Ci si immagina comunque che un cinefilo accompagnato da un ragazzino già incantato dal fascino del grande schermo arrivi a Torino per assistere all'inaugurazione del Museo. Melanconicamente vede alcune sale cinematografiche chiuse o che stanno chiudendo, o devastate da incendi, e passa davanti ai locali a luce rossa dai vistosi cartelloni con donne a gambe all'aria, e infine si rincuora giungendo al nuovo Museo affollato di giovani: il cinema non è morto, il cinema non morirà, il ragazzino s'entusiasma e sogna con la lanterna magica e Chaplin vagabondo. Inframmezzato da appassionate «dichiarazioni d'amore» di registi e sceneggiatori (da Lattuada a Suso Cecchi D'Amico, da Pontecorvo a Bertolucci, dalla Wertmùller alla von Trotta), e tutto punteggiato di frammenti di glorioso cinema pionieristico italiano (straordinario il recuperato pezzo con Ermete Zacconi ne L'emigrante di Pastrone), il programma è un esempio preclaro di televisione penetrante e discreta, di intenso reportage sull'attualità, con alcune cose in più: finezza di rievocazione, rifles¬ sione sulla condizione e sui problemi del cinema d'oggi, atto di fiducia e di speranza nel futuro (-Impossibile, disumano prospettare un mondo sema cinema' dice uno degli intervistati). Ma Cinema primo amore pone l'altra questione cui rio accennato all'inizio: perché la tv, perennemente alla ricerca di spettacolo e di intrattenimento-spettacolo, non accoglie il cinema muto? Da anni l'interrogativo non ha mai avuto una risposta dalla Rai. Ma noi la risposta la conosciamo bene: sì, è vero, il cinema muto può dischiudere magazzini favolosi da cui tirar fuori film curiosi e sbalorditivi, autentiche sorprese per un pubblico che li ha sempre ignorati perché sono sempre e soltanto circolati nei cineclub a beneficio di un'elite; sì, è vero, ma come e quando trasmetterli, non possiamo correre il rischio di far scendere gli indici di ascolto, non siamo sicuri che il muto attiri. Nella prossima stagione il bando di esilio cadrà. Posso dare notizia che si sono avviate donerete iniziative fra la presidenza del Museo, la Rai di Torino e i responsabili di Raitre per un'ampia serie di cicli sul cinema muto (film e brani di film inquadrati nella loro epoca e molto brevemente postillati da critici ed esperti). L'iniziativa arriva nel momento opportuno, c'è da tempo una platea, specie di giovani, aperta ad una magica «avventura d'esplorazione» come questa. C'è da augurarsi che le trattative vadano in porto al più presto: per il bene del cinema, e per il bene di una tv che ha bisogno di elevarsi in qualità. Ugo Buzzolan
Luoghi citati: Pontecorvo, Torino
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