Presentata a Roma la mostra che si aprirà il 21 giugno

I miliardi non bastano a salvare il Bel Paese Come celebrare i 50 anni delle leggi Bottai sulla tutela del paesaggio I miliardi non bastano a salvare il Bel Paese (Meglio una riforma che potenzi le strutture pubbliche per la difesa dei beni culturali) Compiono cinquantanni due leggi che nelle intenzioni di Giuseppe Bottai, ministro dell'Educazione nazionale e «gerarca collo», amico di pittori, architetti, scrittori, avrebbero dovuto salvare il paesaggio italiano c i nostri beni culturali. La legge 1089 fu promulgata il primo giugno 193CJ col titolo «Tutela delle cose d'interesse artistico», la 1497 fu discussa in maggio e porta la data del 29 giugno col titolo «Protezione delle bellezze naturali». Bottai aveva 44 anni. Da qualche tempo si sentiva «straniero ai regime» ma questo stato d'animo non frenava il suo zelo nell'imporre provvedimenti contro gli ebrei nelle scuole che pur aveva tentato di modernizzare con la riforma del 19.19. I.o slesso anno delle leggi di tutela, rese ben presto inoperanti dal conflitto mondiale. Dal dopoguerra ad oggi il paesaggio italiano è stato in gran parte cancellato, asfaltato, cementificato. Colpa della legge del '39, definita «inservibile» perché culturalmente arretrata? Discussione elegante ma teorica. Nei latti, dove la volontà di tutela fu effettiva e non contrastala da interessi più forti, il paesaggio venne almeno parzialmente salvato applicando la 1497 che consentiva di vincolare interi centri storici e intere aree di singolare bellezza. Celebre il caso di Portofino, salvala da uno dei pochi piani paesistici che costituirono la principale innovazione introdotta da Bollai, ibernata sino al suo rilancio con la Legge Calassi) del 1985. (Iran parte delle eoste liguri, tirreniche, e parte di quelle sarde, erano vincolate grazie alia legge del '39. La cementificazione non fu impedita per un intreccio di fattori negativi: impotenza o inerzia, affastellamento di una giurisprudenza smisurata, volontà politiche favorevoli agli speculatori. R' però innegabile che la legge 1497 apriva varchi pericolosi e riduceva la tutela del paesaggio alle sole apparenze, ignorando i beni ambientali, cioè i contenuti. Nella sua relazione del 15 maggio 1939 alla Camera, Bottai tentava di andare oltre l'immagine da cartolina illustrata, insistendo sulle bellezze di insieme e sulla necessità di raccordare i piani regolatori con le norme di tutela, «ad evitare che si distruggano legittimamente le bellezze da consertare». Ma, pur precisando meglio i campi d'intervento, restava entro l'orizzonte culturale della legge 778 del giugno 1922 di cui era stato relatore Benedetto Croce (allora ministro della Pubblica Istruzione) «perla tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico-. Da quarantanni si parla di riforma delle Leggi Bottai e in particolare della 1089 che tuttora regola il sistema di tutela delle opere d'arte, dei monumenti, del patrimonio archeologico, insomma di quel mondo su cui regna il ministro dei Beni Culturali, al centro di dure critiche per la sua istituzione (1975) e di feroci attacchi da quando è ministro la signora Bono Parrino. E' stata insediata l'ennesima commissione per lo studio della riforma. Eppure già nel 1964-65 la commissione Francescani, istituita dalla Camera dei deputati, aveva fatto un lavoro serissimo, produccndo tre volumi di documenti, analisi, tabelle di fabbisogni. Carlo Levi nella sua relazione indicò tra gli obiettivi concreti «l'aumento numerico del personale dell'amministrazione delle Arti, condizioni di autonomia e di poteri maggiori». Levi disse anche: «l'er le belle arti si stanziano IO-Il miliardi l'anno; non ne basterebbero 100. Tagliamo i fondi ai carrozzoni parassitari, altrimenti non potremo mai iniziare unti seria politica di tutela". Umberto Zanotti Bianco, Carlo Ludovico Ragghiami, Marco Valsccchi. Enrico Jahier, Amedeo Maiuri, Sabatino Moscati, Lionello Ven¬ turi, G.C. Argan, Cesare Brandi, Pier Luigi Nervi, Luigi Einaudi, Bruno Zcvi, sono alcuni dei nomi elencati tra quelli dei portatori di testimonianze c proposte per la commissione Franceschini. Questa aveva raccolto una robusta documentazione attraverso tutte le soprintendenze sui mali e sui rimedi in materia di biblioteche, di archivi, di archeologia, di musei, di restauri. In sintesi, la commissione Francescani indicò al Parlamento la via maestra: spostare la spesa pubblica dai settori parassitari alla tutela del patrimonio storico-artistico-naturalc, rafforzare gli organi tecnici e scientifici, promuovere la formazione di funzionari più adeguati al compito, con trattamento economico in proporzione. Indicazioni anticipate da Zanotti Bianco nel 1956, al primo convegno di Italia Nostra, fornendo un dato poi ripetuto mille volte: «Le somme stanziate dal governo italiano per le belle arti sono pari a quelle spese in un anno dal Metropolitan Musetti» di New York». Lo stesso Zanotti Bianco parlava di «irritazione per l'impotenza dei soprintendenti». Erano gli anni dei primi attentati su vasta scala al paesaggio teoricamente vincolato, da Capri alla costiera amalfitana, da Agrigento all'Appia Antica. In Liguria dilagava la «rapallizzazionc», sulle Alpi spuntavano le prime «città delle nevi». I soprintendenti erano sommersi da migliaia di progetti; spesso finivano con approvare o tacere, dopo avere imposto piccole modifiche. ! Il difetto principale della legge 1497 venne alla luce in quegli anni: fondare la tutela non su divieti assoluti nelle zone di eccezionale valore e su una buona pianificazione del territorio ma su vincoli affidati al potere discrezionale di poche persone, spesso impreparate e sempre mal pagale. Le capacità di controllo c di contenimento dovevano migliorare col passaggio delle respon¬ sabilità in materia urbanistica alle Regioni, ma i comportamenti dei risultati furono deludenti, con alcune eccezioni. Il ministero c le soprintendenze restano protagonisti in alcuni settori della 1497 e nell'ambito della 1089 (Tutela delle cose d'interesse storico-artistico). Un soprintendente può decidere su restauri delicatissimi, autorizzare o impedire l'esportazione di opere d'arte e viaggi all'estero di capolavori, dare un parere determinante per un nuovo monumento in piazza del duomo come per la costruzione di un grattacielo. Però il direttore di un musco non ha le divise per i custodi né poteri o mezzi per acquisti e restauri. La riforma si impone; le indicazioni non mancano. Ma il ministro Bono Parrino propone intanto un piano da 9000 miliardi in nove anni che conferma la tendenza a indebolire le già fragili strutture pubbliche, preferendo al finanziamento degli impegni ordinari la distribuzione di miliardi a valanga per opere straordinarie affidate a privati. Nello stesso tempo il governo respinge la legge della Regione Sardegna che, pur con ambiguità e lacune, prometteva di vincolare le coste dell'isola per salvare il salvabile. Per celebrare i cinquantanni delle Leggi Bottai si faccia qualcosa di meglio, ad esempio una leggina di due soli articoli: «E'vietata qualsiasi modificazione dei tratti di coste della Penisola e delle isole non ancora edificati. Le aree soggette a questo divieto vengono acquistate dallo Staio e gestite da chi abbia comprovata competenza*. I quattrini potrebbero venire dalla vendita di una parte dei beni demaniali di cui si parla con tanta leggerezza, fatti salvi quelli che non devono essere alienati perché d'interesse storico e artistico. Lo vieta la stessa Legge Bottai: forse i proponenti della grande abbuffata lo hanno dimenticato. Mario Fazio

Luoghi citati: Agrigento, Capri, Iran, Italia, Liguria, New York, Portofino, Sardegna