Genscher, il diplomatico inaffondabile di Alfredo Venturi

Genscher, il diplomatico inaffondabile Da 15 anni ministro degli Esteri di Bonn, sfida le accuse di opportunismo e di arrendevolezza verso l'Est Genscher, il diplomatico inaffondabile Considerato a lungo un alleato fidato dagli americani, nell'87 decise di credere in Gorbaciov - Una sua frase che evocò fantasmi e paure: la mia responsabilità come ministro tedesco non si ferma sull'Elba DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Ogni volta che sull'Atlantico si incrociano due aerei, dice Shevardnadze, è facile che su tutti e due ci sia Genscher. La battuta del ministro russo vuole sottolineare la frenetica attività del suo collega tedesco. L'agenda del vicecancelliere è incredibilmente carica: non passa giorno o quasi senza che le agenzie di stampa riferiscano di un suo incontro o di una sua dichiarazione, di una sua partenza o di un suo ritomo. C'è stato di recente un vuoto, subito dopo l'avvio della conferenza di Vienna sul disarmo convenzionale: Genscher era in clinica per un intervento chirurgico. Ma non ha concesso ai medici più di pochi giorni: per tornare sulla scena dimagrito, abbronzato, in piena forma: di nuovo alle prese con il suo ritmo incalzante. E tutto questo sembra durare da sempre. L'iperattivo Genscher è fra gli attuali ministri degli Esteri il più anziano in carica: quindici anni compiuti ieri. E' infatti il 16 maggio '74 quando Helmut Schmldt lo chiama a guidare la diplomazia federale nel suo primo gabinetto. Presidente dell'Fdp, il partito liberaldemocratico, Genscher ha già un'esperienza quinquennale di ministro: Willy Brandt lo aveva nominato agli Interni il 12 ottobre '69. Nel '74 Brandt si è dimesso in seguito allo scandalo Guillaume (una spia dell'altra Germania in piena Cancelleria federale!): e così Genscher prende agli Esteri il posto del suo compagno di partito Walter Scheel, chiamato alla presidenza della Repubblica. Con la svolta dell'82, in seguito al cambio dell'alleanza dell'Fdp, Genscher manterrà l'incarico nel governo Kohl. In questi giorni di polemiche accese c'è chi accusa il ministro di opportunismo, per questo conservarsi al potere in governi così diversi. Accusa impropria: perché la continuità di fondo della sua linea è evidente. Sta di fatto che questa instancabile attività non piace precisamente a tutti. Nel gergo politico internazionale c'è una parola nuova, Genscherismus, che viene usata con un significato assai simile a quello del famigerato appeasement di mezzo secolo fa Cioè nel senso di resa, di capitolazione, di pavida arrendevolezza. Un'analogia che reggerebbe storicamente a una condizione: che Gorbaciov fosse paragonabile a Hitler. Su Gorbaciov, Genscher ebbe una celebre battuta: bisogna prenderlo sul serio, disse. Era il febbraio dirìl'87 e il rninistro tedesco parlava del nuovo corso sovietico come di una storica occasione per rifondare su nuove basi l'ordine internazionale. Due anni più tardi, illustrando al Bundestag la linea elaborata dal governo federale sulla questione dei missili di breve gittata, ecco Genscher che elabora il concetto. E' finalmente possibile, dice, demilitarizzare e deideologizzare le relazioni EstOvest, superare attraverso la cooperazione le barriere che lacerano un'Europa indivisibile. In quella stessa occasio- ne Genscher dice un'altra cosa: come ministro della Repubblica Federale, la mia responsabilità nei confronti del popolo tedesco non si ferma sull'Elba. La responsabilità verso la nazione non può escludere la mia terra natia, la città dove sono nato, né il popolo della Repubblica Democratica Tedesca. Parole che suscitano brividi, paure, malintesi Genscher è nato nel 1927 a Reldeburg, distretto di Halle, nella Sassonia che i casi del dopoguerra hanno racchiuso fra i ben muniti confini della Ddr. Nella Ddr, il giovane HansDietrich ci ha vissuto appena tre anni, durante i quali si è curato un'affezione polmonare piuttosto grave. Nel '52, eccolo venticinquenne passare dall'altra parte della frontiera intertedesca. Fra Amburgo e Brema completa gli studi, avvia la professione (Genscher è avvocato) e si lancia in politica. Membro dell'Fdp fin dal '52, dal '65 è deputato al Bundestag. sstoacqtpshcfpGmsmltnlqpcsdcEid n suo discorso sulla responsabilità che non si arresta al confine ha molto colpito: lo hanno applaudito tutti al Bundestag, opposizione compresa. Un tempo per quel discorso avrebbero protestato i russi: avrebbero parlato di inguaribile revanscismo tedesco. Questa volta hanno brontolato gli americani: reazioni che si spiegano facilmente. Mosca non ha protestato perché sa che Genscher non pone il problema della ri unificazione ma semmai quello dell'unità: il massimo di unità compatibile con resistenza di due Stati tedeschi Gli americani vedono invece in quel riferimento la prova di un atlantismo quanto meno tiepido: come può, un alleato, parlare anche a nome del campo avversario? Come ci si può fidare di un tedesco nato al di là del confine? I fautori del ministro degli Esteri, che sono maggioranza in questo Paese, dove i sondaggi lo collocano sempre fra i primissimi in fatto di popolarità, ricordano che di ben altra stampa Genscher godeva in America all'inizio degli Anni Ottanta. Si trattava allora di installare In Europa i missili da contrapporsi agli SS-20 sovietici: e Genscher era tra i fautori più decisi della fermezza atlantica. Anche se era nato dall'altra parte, come del resto un quarto dei tedeschi federali, era considerato negli Stati Uniti un alleato sicuro e prezioso: non peccava ancora di Genscherismus. Che cosa è cambiato da allora? Risponde Genscher: Gorbaciov al posto di Breznev; vi sembra poco? Gorbaciov può cadere, dicono In America: e lui ribatte che l'atteggiamento occidentale può favorire, nell'interesse di tutti, la stabilità dell'attuale assetto sovietico. H nodo effettivo della crisi è l'ammodernamento dei Lance, sistemi missilistici la cui gittata, 130 chilometri, li sottrae al campo di applicazione del trattato che elimina le armi a raggio intermedio. Genscher chiede che ogni decisione sia rinviata, e nel frattempo si tratti la riduzione di questi sistemi. Obiezione americana: si rischia una nuova opzione zero, dunque la denuclearizzazione dell'Europa, e la fine della strategia atlantica basata sulla risposta flessibile, che non esclude la difesa atomica In caso di aggressione. Ogni volta che gli si parla di opzione zero, Genscher si richiama alla recente dichiarazione del Cancelliere. La difesa dell'Occidente, disse in quell'occasione Kohl, richie¬ de sia le armi convenzionali, sia le atomiche. C'è anche un inciso, per quanto si può valutare oggi, che lascia aperta la visione di un'Europa futura priva di armi nucleari: ma è forse vietato sognare? Tenace, testardo, il ministro dice che il suo approccio sui missili è tutt'altro che un segno di debolezza. Precisa che in questa categoria di armamenti una schiacciante predominanza sovietica rende il negoziato doppiamente doveroso. Anche i critici interni gli rendono la vita difficile. I cristiano-sociali, eredi di Strauss nei furibondi attacchi a Genscher, gli attribuiscono le peggiori ambiguità sulla questione dei missili. Lui contrattacca: state contestando la linea del governo, state pugnalando alla schiena il povero Kohl. Soprattutto gli preme chiarire al mondo certi equivoci: lo accusano di cercare una via tedesca, un patto russo-tedesco, di evocare fantasmi inquietanti. Lui insiste sull'ancoraggio irrinunciabile della Germania all'Occidente. Ma trova altrettanto irrinunciabile un ponte fra Est e Ovest: è arroganza questa, è tradimento? Parla di speciali responsabilità tedesche per ristabilire un clima di fiducia in Europa: volontà di dominio? C'è qualcosa che visibilmente lo amareggia e insieme lo stimola: il desiderio, leggibile In controluce dietro gli attacchi alla sua persona, che la Germania rinunci, semplicemente, all'idea bizzarra di avere una politica estera. Alfredo Venturi Bonn. Il ministro degli Esteri Hans Dietrich Genscher