«I due giganti fanno meno patirà»

«I due giganti fanno meno paura» «I due giganti fanno meno paura» Arthur W. Hummel Jr., autore di questo articolo, è stato ambasciatore americano in Cina dal 1981 al 1985. WASHINGTON — Il riawicinamento tra cinesi e sovietici suscita tra gli osservatori esterni una reazione ambivalente. Si teme torni a profilarsi quel blocco comunista ostile con cui l'Occidente dovette confrontarsi negli Anni 50 e insieme si avverte un rilassamento delle vecchie tensioni e la sensazione che il mondo possa diventare un luogo meno pericoloso. Bisogna guardare a questo processo, che si sta attuando sempre più rapidamente, con speranza temperata di prudenza. Per ora, almeno, ha prodotto alcuni importanti risultati positivi. Per la Cina, la riduzione della minaccia alla propria sicurezza rappresentata dall'Unione Sovietica per quasi 30 anni è stato un obbiettivo prioritario. E' probabile che i suoi leader militari siano stati persuasi ad accettare l'ultimo posto nella scala delle priorità della riforma del 1978 (dopo agricoltura, industria, scienza e tecnologia) in virtù della convinzione che per diminuire la minaccia sovietica, invece di un più necessario ma più costoso rafforzamento della macchina bellica, sarebbe stato meglio scegliere un negoziato politico. Anche prima che Michail Gorbaciov salisse al potere e desse il via alla sua diplomazia del sorriso, erano stati fatti importanti progressi verso il riawicinamento e la riduzione delle tensioni. I russi hanno ovviamente tenuto conto di quelli che i cinesi chiamano «i tre ostacoli» (Afghanistan, VietnamCambogia, e la concentrazione di truppe sovietiche al confine cinese) sebbene l'unico ostacolo rimosso sia l'occupazione dell'Afghanistan. La regione in generale ha goduto di altri due benefici: in Vietnam e in Corea. E' evidente che Gorbaciov ha in qualche modo influito sulla riforma economica vietnamita, sulle promesse di Hanoi sul futuro della Cambogia e sulla diminuita ostilità nei confronti della Cina. Non sappiamo in quali termini Gorbaciov abbia caldeggiato i cambiamenti interni ed estemi, ma il loro effetto è che il Vietnam si sta muovendo in una direzione favorevole agli interessi cinesi, sovietici e anche amerr-ni. Anche la situzione coreana mostra l'impronta degli interessi convergenti sino-sovietici. I cinesi sostengono che Pechino e Mosca abbiano discusso privatamente sul loro comune amico Kim II Sung, ritenuto il più difficile e caparbio (come anche il più orgogliosamente incrollabile) di tutti i leader comunisti. Negli ultimi sei anni, trascurando le forti resistenze della Corea del Nord, la Cina ha quietamente incrementato i suoi contatti diretti ma «non ufficiali» con la Corea del Sud. Visto che le sue proteste avevano pochi effetti, Kim II Sung ha giocato la vecchia carta di rilanciare per rappresaglia i suoi rapporti con Mosca. Ma l'attenuarsi della tensione russo-cinese ha tolto efficacia alla mossa. C'è come un elemento di tacito, se non addirittura esplicito, accordo tra Pechino e Mosca per ridurre i costi e l'instabilità causati dalla loro rivalità in Corea e Vietnam. Il millennio non è ancora arrivato, naturalmente, e ci sono potenziali disaccordi da entrambe le parti e continue rivalità internazionali che possono esplodere bloccando la cooperazione o una più stretta collaborazione. Cosi non ci si aspetta che la nuova distensione abbia subito effetto sulla tensione tra India e Pakistan, dove cinesi e russi hanno scelto parti opposte. L'obbiettivo del riawicinamento è tenuto in considerazione in Cina da una decina d'anni e addosso è finalmente emerso con Gorbaciov. Entrambe le parti cercano stabilità in campo intemazionale in modo da potersi concentrare sul potenziamento e la riforma dell'economia. Così la Cina apprezza e non critica il ruolo stabilizzante della potenza americana, rappresentato dalle basi americane in Giappone e nelle Filippine. La critica ci¬ nese alla presenza militare americana in Corea è un riflesso meccanico e riccorre soltanto durante gli incontri tra leader cinesi e Kim II Sung. La Russia, per ragioni simili, pare avere un nuovo e positivo atteggiamento nei confronti della stabilità in Europa. Le reazioni a qualsiasi annuncio provenga questa settimana da Pechino dovranno essere prudenti. Il vecchio triangolo tra Washington, Pechino e Mosca, così evidente negli Anni Settanta, è ormai caduto in disuso. Né Gorbaciov né Deng Xiaoping saranno ancora impegnati a «giocare una carta» contro un terzo partito (gli Stati Uniti) nel nome dell'interesse del proprio Stato. Il gioco dei ruoli si chiamava nel 1975, quando Pechino lamentava che gli Stati Uniti per raggiungere l'obiettivo della distensione con la Russia stavano «sulle spalle della Cina», un'accusa che aveva una certa validità. Gli Stati Uniti dovranno fare attenzione all'effetto che relazioni meno ostili e una cooperazione tra Cina e Urss avranno sui loro interessi. L'espansione dei loro rapporti economici bilaterali, già notevole, è destinata a crescere e avrà certo effetti sui commerci americani, come ad esempio l'acquisto, da parte cinese, di legname siberiano. Ma forse l'ostacolo più forte a una cooperazione sovietico-cinese è l'atteggiamento non troppo amichevole della Cina nei confronti dei propri vicini. Pechino non dimentica i conflitti storici e la minaccia diretta alla Cina negli Anni Sessanta. I cinesi sanno che le loro riforme economiche dipendono da una buona interazione con le economie occidentali. A Pechino le riforme economiche hanno la priorità. La volontà di ricavarne i massimi risultati si aggiunge come un potente fattore a sconsigliare la Cina dal volgere le spalle all'America e agli altri partner commerciali in Occidente. Arthur W. Hummel Jr. Copyright «The N. Y. Times» e per l'Italia «La Stampa»