Il litigante di Paolo Mieli

Il litigante Il litigante gsenza esporsi fino a dover indossare i panni dell'irresponsabile, di colui che distrugge gli equilibri esistenti non avendo pronti quelli per il dopo. Dalla tribuna di Rimini, Bruno Visentin! con la feroce filippica antiDe Mita lo ha tolto dall'imbarazzo. Cosicché gli è stato sufficiente pronunciare la parola verifica e tutto e andato in frantumi. A dire il vero, sono altre tre le parole che hanno provocato l'infarto dell'attuale ministero a guida de: «Mai dire mai». Le ha pronunciate tre mesi fa Arnaldo Forlani, appena eletto segretario democristiano, per rispondere a chi gli chiedeva se quello di De Mita dovesse esser considerato l'ultimo governo di questa legislatura. In quell'occasione Forlani lasciò chiaramente intendere che lui, certo, avrebbe appoggiato finché poteva De Mita, ma che, se questi fosse capitombolato, avrebbe fatto l'impossibile per salvare la legislatura e mandare un altro democristiano a Palazzo Chigi. Da quel momento, Craxi ha fatto lui il possibile per far sì che il mai chiusosi del tutto congresso democristiano andasse a parare nella direzione a cui aveva alluso Forlani. Ha concesso alla de la prospettiva di esprimere un nuovo presidente del Consiglio in questa legislatura; ha chiuso a sinistra e si è detto disponibile a restare alleato del partito cattolico nel nome della stabilità; ha proposto una ulteriore fase di riforme istituzionali su cui basare il nuovo accordo con i democristiani; nello stesso momento in cui ha pronunciato la parola «/ine» per De Mita, ha tessuto l'elogio sia di Forlani che di Giulio Andreotti. Insomma ha inviato ai partner un messaggio esplicito: togliete di mezzo De Mita e continueremo a lavorare assieme. Forlani e i suoi, tutto potevano fare meno che accogliere con euforia quelle indicazioni che venivano prima da via del Corso e adesso dall'Ansaldo. Perché sanno che la definitiva uscita di De Mita dalla scena non sarà senza un nuovo terre¬ moto; perché non è piacevole trovarsi nel pieno di un sommovimento tellurico in periodo prcelettoralc; perché temono che Craxi tra un anno possa giocare lo stesso scherzetto al successore di De Mita trascinandoi ad elezioni anticipate con alle spalle quattro governi capeggiati da un democristiano (Fanfani, Goria, De Mita e chi verrà dopo di lui) tutti fallimentari. E così, il segretario della de, pur essendosi impegnato con Craxi sulle lince generali del progetto descritto, temporeggiava, lo mandava per le lunghe, si mostrava «lento». Ma De Mita non poteva rassegnarsi ai tempi di Forlani. Non poteva vivacchiare ancora per qualche settimana, sbertucciato dai partner di governo per esser poi messo alla porta dai partner di partito. Il fiuto gli ha suggerito che se voleva restare al suo posto doveva giocare d'anticipo e annunciare, come ha fatto, la crisi già mentre era in corso il congresso socialista. Contando in tal modo che Forlani, per evitare il sisma di cui s'è detto, faccia il possibile per rimetterlo rapidissimamente in sella e contratti, per lui, il nuovo accordo con i socialisti. Subito, prima delle elezioni. Ma, qualora si apra davvero la crisi, che interesse può avere Craxi a chiudere quell'accordo prima del 18 giugno? Non gli conviene di più che la de resti paralizzata da uno scontro interno e si sottoponga dilaniata al giudizio dei propri elettori? Per stipulare nuovi patti c'è tempo. Se ne riparlerà alla fine di giugno. Paolo Mieli CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA

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