Büchner-Martone coppia da scommessa

Büchner-Martone coppia da scommessa «Woyzeck» al Cangiano da martedì 9 a domenica 21 Büchner-Martone coppia da scommessa SEMBRAVA si fosse smorzata l'onda lunga del teatro di Georg Bùchner. Negli Anni 70 se n'era fatta una ubriacatura. Poi quasi più nulla. Bùchner subiva la stessa sorte del sentimento politico: accesissimo e totalizzante nel '68 e dintorni, spianato e un po' erratico dopo. Lui era il drammaturgo dei grandi contrasti. Parlava della gelosia umana, dei rapporti tra diversi e perversi poteri, del senso rivoluzionario non disgiunto da una visione necrotica del mondo: non sembrava fatto apposta per chi vedeva e concepiva la società in termini dialettici, come opposizione di contrari? Archiviare Bùchner non significava rimuovere la presenza di un grande poeta drammatico, ma allontanare quei temi che lo yuppismo, il neo collettismo bianco, la mistica post industriale non potevano condividere. Ma ecco ora la sorpresa. Bùchner ritorna con la sua opera più densa e allarmata, con quel capolavoro assoluto che è il Woyzeck, prodotto dall'Ater, diretto da Mario Martone e interpretato da Vittorio Mezzogiorno, attore per lo più cinematografico che, di quando in quando, compie rapide incursioni nel teatro. Di lui si ricorda la partecipazione all'immenso Mahabharata di Peter Brook, che ha compiuto mezzo giro del mondo, esaltato e amato da tutti. Lo spettacolo è in scena al Carignano da martedì 9 a domenica 21. Chi segue appena un po' le cose del teatro capisce bene che l'accoppiata Bùchner-Martone promette sviluppi inconsueti e impensati. Al di là del povero barbiere soldato, vilipeso e oppresso da una gerarchia militare ottusa e arrogante, al di là della sua gelosia per la bella Maria, che lo tradisce per eccesso di vitalismo, vedremo certamente un sopramondo fantastico, turbato e modernamente conflittuale. Martone ci ha abituati ad operazioni ardite e affascinanti. E' un meraviglioso inventore, anche quando affronta testi classici o personaggi che sono divenuti prototipi di alta poesia. Pensiamo al suo Otello. Niente a che vedere con l'oleografia del nero ipergeloso, vittima di sottilissime perfidie. Lì non c'era né Shakespeare né Verdi. C'era forse Bolto, ma soprattutto c'era il cinema con i suoi miti, i trucchi, le suggestioni descrittive. E pensiamo ancora all'Opera da tre soldi, traferita in una periferia urbana, in un garage stretto da un alto muro oltre il quale si stendevano campi di grano o di granoturco, molto country, molto on the road, sotto immensi cieli americani. E ora? Lo spettacolo nasce proprio in questi giorni (ha avuto una breve anteprima del 2 maggio a Modena), non conosciamo ancora il suo nocciolo duro e probabilmente puntuto. Sappiamo quel che promette Martone, «un Woyzeck apocalittico e visionario che segue il calvario dell'umanità». In tale contesto, l'uccisione di Maria non sarà l'estrema conseguenza della gelosia, ma un definitivo atto d'amore, un tentativo per salvare la donna amata dalla catastrofe. La promessa è allettante. Non ci resta che vedere. Osvaldo Guerrieri Vittorio Mezzogiono in «Woyzeck» al Carignano

Luoghi citati: Carignano, Modena