Il megaeditore americano: «Ora venderemo a russi e cinesi» di Alain Elkann

Il megaeditore americano: «Ora venderemo a russi e cinesi» Intervista a Alberto Vitale, amministratore della più, grande «concentrazione» di libri in America Il megaeditore americano: «Ora venderemo a russi e cinesi» NEW YORK — Bantam Doubleday Dell è oggi il più grande gruppo editoriale di libri degli Stati Uniti con uno fatturato annio di oltre 500 milioni di dollari. Per poter operare sul mercato globale di lingua inglese il gruppo ha delle consociate in Canada, in Inghilterra, in Australia e in Nuova Zelanda. Quello che succede nel cuore del gruppo si riflette su tutto il mondo dell'editoria. E per capire cosa accade in questo mondo abbiamo voluto interrogare l'editore che si trova nell'angolo privilegiato di osservazione. Alberto Vitale, amministratore delegato unico delle tre case editrici, mi riceve nel suo luminoso ufficio al venticinquesimo piano di un grattacielo di Fiflh Avenue. Dalle sue finestre si vede in lontananza il Central Park e alle pareti sono bene esposti gli ultimi libri pubblicati. Vitale è italiano, ha studiato economia e commercio a Torino. Dopo aver lavorato per vari anni come direttore finanziario della Olivetti americana è tornato per un periodo a Torino dove è stato direttore alle partecipazioni dell'IFl (Istituto Finanziario Industriale). Quando poi il gruppo IFI nel 1975 acquisto la Bantam Books, Vitale venne inviato a New York come direttore amministrativo della casa editrice. Quando questa fu venduta qualche anno dopo al gruppo editoriale tedesco Bertelsmann, che la possiede ancora oggi, Vitale è stato confermato nel suo incarico e poco dopo promosso amministratore delegato dai nuovi azionisti. Nel 1987 è stato lui ad occuparsi della fusione tra la Bantam Books, Doubleday e Dell che erano state acquistate dal gruppo Bertelsmann. La fusione si è svolta nel migliore dei modi perché Bantam ha mantenuto la sua leadership di mercato e Doubleday e Dell, che erano in passivo, sono oggi in attivo. «E* importante mantenere in un gruppo, per grande che sia, una dimensione umana — mi dice Vitale — ciascuna casa editrice deve preservare la propria indipendenza nelle scelte editoriali, ma è stato molto utile unire i servizi commerciali e i servizi amministrativi di supporto. Oggi il gruppo ha due reti di vendita e centocinquanta rappresentanti. Tra Stati Uniti e Canada ci sono 1200 dipendenti e vengono stampati circa duemila titoli all'anno». — Come vede oggi la situazione dell'industria editoriale negli Stati Uniti? «E' estremamente competitiva. La concentrazione in grandi gruppi ha fatto salire enormemente il costo dei diritti dei libri». — Secondo lei oggi in America si legge meno? «Direi che la gente legge un po' di più. Si assiste a un enorme sviluppo del mercato di libri per bambini». — Qual è la situazione delle librerie americane? «Ci sono tre catene importanti di librai, Dalton, Walton e Crown, che hanno il 25 per cento del mercato totale dei libri. Le librerie tradizionali rappresentano solo il 15%. Molte librerie tradizionali hanno dovuto chiudere i battenti al crescere delle nuove catene, ma quelle che sono sopravvissute sono più forti di prima. Per un editore, il rapporto con le nuove librerie è importante per far conoscere e lanciare sul mercato nuovi scrittori. Le grandi catene vogliono solo titoli di autori noti, di cui si conosce già approssimativamente il mercato». — Vede una grande differenza tra il mercato Americano e il mercato italiano? «Chiaramente il mercato di lingua inglese è molto più vasto è permette tirature ben più alte, che rendono la professione di editore più redditizia che nei singoli paesi europei». — Cosa pensa del mercato cinese e russo? «Sono già stato due volte in Cina e siamo stati i primi a vendere libri tascabili in lingua inglese nelle edicole degli alberghi. L'inglese è la seconda lingua ufficiale dei cinesi e quindi potenzialmente si tratta di un mercato enorme per i nostri libri. Per quanto riguarda la Russia, attraverso Doubleday, stiamo operando degli scambi. Stamperemo sei libri russi nei prossimi due anni e contiamo che due editore di Doubleday vadano a lavorare per qualche mese in una casa editrice di Mosca, e due russi vengano da noi». Quali sono i suoi progetti futuri? Prevede nuove acquisizioni? «Conto di consolidare e sviluppare il gruppo attuale dall'interno. In primavera nasce la Doubleday inglese che pubblicherà il libro sull'architettura del principe Carlo». — Che cosa pensa lei dell'industria editoriale? «Non mi stanco di dire che l'industria editoriale per ben organizzata o strutturata che sia è soprattutto un'industria culturale e quindi basata essenzialmente sugli uomini, sui rapporti umani. Un casa editrice è costituita dal suo personale, ma soprattutto dai suoi autori. Ogni volta che mi è possibile, cerco di incontrare personalmente gli autori della casa che comunque sono seguiti già con molta attenzione dai singoli «editore». Voglio aggiungere che mi dà una forte carica di adrenalina lavorare nel mondo dei libri perché penso che il libro sarà sempre vivo e presente malgrado l'evoluzione tecnologica dei media. Il libro rappresenta l'espressione più diretta del pensiero libero». Alain Elkann