Goya sbarca a Venezia

Goya sbarca a Venezia UN'ANTOLOGICA DEL GRANDE PITTORE SPAGNOLO Goya sbarca a Venezia Pezzi famosi, come il piccolo «Manuel Osorio» arrivato dal Metropolitan Museum di New York, e alcuni addirittura inediti, come «Antonio Beyan de Monteagudo» del 1782 - In mostra in totale 48 dipinti, 6 disegni e 220 incisioni provenienti da raccolte europee ed americane VENEZIA — Sembra quasi di vederlo tra ponti e vicoli bagnati, guardare cupo ed estatico gondole e acqua, chiese e affreschi ed imprimersi nella mente le tinte, azzurri, gialli, ocra. Ma forse, a Venezia, Francisco Goya non c'è mai stato. Ed il suo ancora poco noto soggiorno italiano (quattro, sei mesi?) si limita a Roma e forse a Napoli. Sono le illusioni dei posteri a fargli percorrere, attraverso i dipinti e le probabili influenze, un gran pezzo di penisola, da Genova a Lucca, da Siena a Roma sino a Venezia. Ma adesso Goya a Venezia c'è davvero in una bella mostra appena inaugurata alla Galleria d'Arte Moderna di Ca' Pesaro (sino al 30 luglio). Organizzata dall'assessorato alla Cultura di Venezia e dall'amministrazione comunale di Saragozza, si inserisce in un vasto programma di celebrazione dell'artista che impegna la città spagnola sino al 1992 con congressi, mostre e la creazione di un Centro di documentazione su Goya. Questa è la prima ■manifestazione, cui la città lagunare risponde con un'importante rassegna sul Settecento veneziano che si terrà il prossimo anno a Saragozza. Curata da Fabio Rico La Casa, direttore del Museo Pablo Gargallo di Saragozza, ed allestita con buon gusto da Daniela Ferretti, l'antologica ripercorre le tappe principali dell'attività dell'artista con 48 dipinti, 6 disegni e 220 incisioni di raccolte europee e americane (catalogo Electa). Pezzi famosi come il piccolo Manuel Osorio arrivato dal Metropolitan di New York, ma anche meno noti ed addirittura inediti come l'imponente Antonio Beyan de Monteagudo, una grande tela del 1782, che appare per la prima volta in pubblico dopo la recente scoperta nei depositi del Museo di Huesca. 'O i quattro tondi con i Padri della Chiesa della parrocchiale di Remolinos (Saragozza), appena restaurati. Il primo dipinto che incontriamo è una piccola Sacra Famiglia dai colori accesi, i volti che sfiorano il grottesco, di sorprendente modernità. Databile tra il 1768 e il 1769, precede il viaggio in Italia e riflette la formazione dell'artista, poco più che ventenne, sulla pittura tardo barocca spagnola e napoletana conosciuta presso i maestri di Saragozza, José Luzan e Francisco Bayeu. Accanto, un richiamo preciso al soggiorno in Italia: Annibale che attraversa le Alpi, un piccolo olio tutto colpi di luce. E'il bozzetto firmato, scoperto recentemente, con cui il pittore partecipa nel 1771 da Roma al concorso indetto dall'Accademia di Parma. Non vince, il premio va a Paolo Borroni, ma la particolare «menzione' della giuria gli sarà utile al ritorno a Saragozza tra il 1771 e il 1772, quando lavora a grandi cicli per le chiese aragonesi. A questo momento appartengono il Sogno di San Giuseppe, dipinto per la cappella del Palazzo del Conte di Sobradiel (staccato dal muro e messo su tela) ed i quattro tondi con i Padri per la chiesa di Remolinos. Tinte incandescenti, movimento, estro: la grande pittura italiana, da Giaquinto a Luca Giordano a Tiepolo, artisti attivi anche alla corte spagnola, ha lasciato il segno. Nel 1774, una svolta. E' chiamato dal neoclassico Mengs, pittore di corte dal 1761, a lavorare per la Real Fabbrica di Santa Barbara di Madrid. L'intermediario è il cognato Francisco Bayeu, accademico reale. La Caccia al cinghiale, del 1775, uno dei nove cartoni con scene venatorie per la sala da pranzo dei principi delle Asturie nel Palazzo dell'Escoriai, è un esempio, nell'iconografia tradizionale e nello stile poco originale, del condizionamento esercitato dal Bayeu. Migliore il soffuso paesaggio campestre sullo sfondo. Anche il Ritratto del Conte della Miranda, il primo datato di Goya '1774», presenta un personaggio freddo, ufficiale nella sua uniforme decorata, svile orme del Mengs. Il tono fresco, disinvolto del periodo di Saragozza è scomparso per adattarsi ai gusti di corte. I piccoli dipinti religiosi tra il 1775 e ili 780 (Veróne del Filar, Morte di Francesco Saverio, il Battesimo di Cristo) indicano un linguaggio indefinito tra ricordi italiani e spagnoli. Ma la «scoperta» di Goya a Madrid è Velazquez, di cui l'appassionato Carlo III gli fa copiare le opere. L'espressivo Ritratto di Innocenzo X firmato ma di dubbia cronologia (1778?) e le due acqueforti con Margherita d'Austria "e Isabella di Borbone sono copie libere e personali, capaci di interpretare il modello con sobrietà e abilità. Tra il 1780 e il 1790, grande carriera: 1780, alla morte di Mengs, diventa membro della Real Accademia di San Fernando, nel 1786 «pittore del Re» e nel 1789 «pittore di Carlo IV». Entra in contatto con nobili ed illuministi, Floridablanca, Osuna, Altamira. Per loro dipinge arazzi, cartoni, ritratti, tele. Nascono le migliori pitture di Goya. Splendidi ritratti, di gran¬ de efficacia psicologica, nutriti di memorie di Velazquez e Rembrandt. Antonio Beyan de Monteagudo, cattedratico, giurista, politico di Huesca, «parla» con quel suo abito scuro e austero davanti al gran tendone verde, gli occhi curiosi, le rughe, la parrucca e soprattutto quella supplica in mano, il ricco calamaio, le penne d'oca. E' un capolavoro, eppure i committenti, cioè il Consiglio dell'Ateneo, avevano tentato di economizzare sul ritratto cercando «qualche pittore di non grande fama»: Goya appunto, che nel 1792firma il pagamento di 30 reali (sono stati ritrovati anche i documenti del dipinto, conservati nell'archivio storico di Huesca). Tra gli altri Z Infante don Luis de Borbon, fratello di Carlo III, arcivescovo mancato, sguardo acuto ed ironico dell'intellettuale, amico di artisti e di Goya stesso. Il piccolo Manuel Osorio degli Altamira (1788), elegantissimo con quel vistoso abito rosso sullo sfondo oliva pallido. L'economista illuminato Juan Martin de Goicoechea, vestito sobriamente con sul petto la Croce di Carlo III. Non mancano dipinti religiosi: la livida e luminosa Apparizione della Vergine a San Giuliano per la chiesa parrocchiale di Valdemaro (Madrid) e soprattutto la Morte di San Giuseppe, una delle tre pale realizzate da MnlqnuvrCgMsdslezpstocscapdFc1dcctdqm Goya per il monastero reale di Valladolid. A lungo incompresa, oggi rivalutata, la tela dal taglio insolitamente classico ed i violenti contrasti dì luce, ricorda motivi di Crespi, Tiepolo e Barocci. Ci sono anche vivaci e popolareschi quadretti con Giochi di bambini come quei sei provenienti dall'Asilo di Santamarca (Madrid): quasi certamente bozzetti per arazzi, fotografano divertimenti secolari tra monelli stracciati e scarmigliati. Degli anni 1790-98, quelli della malattia dell'artista, dell'abbandono e ripresa dell'attività, dei viaggi in Andalusia, dei nuovi interessi umanitari, dei piccoli quadri di «capriccio ed invenzione», dei dipinti stregoneschi per gli Osuna, la mostra non espone testimonianze. Ma ci porta al 1798 con due bozzetti per gli affreschi della cappella di Sant'Antonio della Florida a Madrid e la copia del ciclo finito (dal Carnegie Institute di Pittsburg), con il Miracolo di Sant'Antonio: un nuovo esempio di pittura religiosa anticonformista, con quella ridda di santi, popolane e mendicanti allegri dietro una ringhiera barocca. A segnare le tappe del nuovo secolo è ancora una carrellata di ritratti, dal fratello Camillo, ecclesiastico arrogante, al paffuto ed attento Marchese di Caballero, ministro di Grazia e Giustizia, dai due tranquilli e borghesi consuoceri del pittore al generale aragonese Palafox (1808), eroico difensore di Saragozza durante la guerra di indipendenza ed amico di Goya. Siamo alla guerra ed ai suoi disastri: sgozzature.feriti, fucilazioni che dominava ormai i piccoli oli dai tratti crudi e rotti, i disegni, le stampe (di cui è esposto il corpus completo dai Capricci alla Tauromachia). L'artista, stanco e preoccupato per i sospetti della corte, decide il proprio esilio in Francia. L'amico Moratin che lo ospita a Bordeaux nel 1824 così lo descrive: «... Sordo, «eccftio, pesante e senza conoscere una parola di francese, eppure contento e con tanta voglia di vedere il mondo». Si spiegano cosi, a 79 anni, quelle litografie modernissime con i Tori di Bordeaux che chiudono la rassegna, tracciati con la foga di «un giovane allievo», come lo definisce ancora l'amico. Maurizia Tazartes Francisco Goya: «Bambini che giocano ai soldati», 1777-1785 e. (Madrid, Asilo de Santamaria)