Oxilia e il muto

Oxilia e il muto UN CENTENARIO, UNA RISCOPERTA Oxilia e il muto Ha diretto Francesca Bertini e Lyda Borelli, le due dive senza paragone. Operava sia a Torino sia a Roma, le capitali del muto. Morì portato via da una granata al fronte dove si trovava per riprendere come documentarista le fasi della guerra mondiale. Titoli di merito sufficienti a chiunque per entrare nella storia del cinema. A Nino Oxilia, anche in questo centenario dalla nascita, un simile riconoscimento viene negato. Si preferisce ricordarne solo il successo strepitoso conseguito in teatro con Addio, giovinezza! scritta nel 1911 con l'amico Sandro Camasip. Eppure proprio a quell'anno risalgono due precisi momenti dell'attività precinematografica di Oxilia. Uno si collega con il suo stile impressionistico: è la novella Maggiolata, che nella vicenda in sé ma soprattutto nel ritmo e nella scansione ricorda le sequenze d'una pellicola. Sei paginette che avrebbero fatto la fortuna d'un soggettista. Siamo in provincia, a Nizza Monferrato. Un giovane elegante nel vestire e franco nel parlare ha scatenato la curiosità dei residenti. Al padrone d'una bella villa, il cav. Mémoli, si presenta come Georges du Chailler. Conversano a lungo con il contrappunto facilmente cinematografico delle ragazze di casa accovacciate nel vano della porta per origliare. * * Il convincente Du Chailler racconta di rappresentare una troupe intenzionata a girare in paese «una» film. S'inventa addirittura un comune amico, il cav. Franchi, che il padrone di casa fìnge di conoscere per non smentire la propria vanagloria. Chiede in prestito la villa per una serie di «si gira» relativi a un poliziesco (possiamo immaginare questo filmato in diretta attraverso le parole che lo evocano). Ugualmente cinematografise è. l'andirivieni delle .ragazze al momento del caffè e del sorbetto. Una, la nipote Luisella, s'imbàtte nello zio' che quasi se ne spaventa. Le altre non lasciano letteralmente più la casa: Bice si è messa un fiocchetto azzurro al collo che richiama la grinta ingentilita d'un barboncini), Anna si è trasformata in Medusa arricciandosi con posticci le chiome fluenti. Sono autentici primi piani. La finzione del furto nella villa si trasformerà in amara realtà per il cavaliere depredato di quanto umanamente si poteva trasportare senza dare nell'occhio. La troupe di ladri patentati si allontana, la que¬ stura identifica in Du Chailler un pistoiese ricercato per reati comuni. «Villano...» commenta Luisella. E c'immaginiamo un mascherino tondo che chiuda sulla sme-fia di disprezzo della signorina. L'altro passo di avvicinamento al cinema risale all' ' 11 quando Giovanni-Pastrone invita gli autori di Addio giovinezza! all'Itala per vedere come si gira. In una dichiarazione a Rolando Jotti poco "prima di morire, Pastrone conservava nitido il ricordo dell'incontro: «Avevamo bisogno di giovani preparati, con una certa cultura, e io osservavo attentamente Camasio e Oxilia. Optai senz'altro per Camasio, che era più con i piedi in terra; Oxilia era il poeta». Così solo Camasio comincia alla grande, con la riduzione per la russa Berta Nelson d'una commedia (Zingara) scritta proprio con Oxilia. Costui comincia invece alla Savoia e firma a sua volta quattro pellicole più tardi, nel 1913. Ha idee precise e, benché commediografo di successo, non esita a schierarsi dalla parte di coloro che intendono togliere lo schermo alla soggezione della scena: «No. ti cinematografo è una forma d'arte in sé — assolutamente diversa dal teatro — ma che possiede, bene intesa, una grazia ardita e profonda». La Torino di principio secolo, esaltata dalle esposizioni dell'84, '98 e '11, ha fatto sue le convinzioni di Monssù Travet quando abbandona l'impiego pubblico per un posto impegnativo presso un privato. Dalle campagne le masse accorrono al richiamo della Fiat e delle industrie nascenti. Regna una curiosa euforia, sottolineata dall'aggressiva politica coloniale. Al contrario molti talenti ironici e distaccati (Gozzano, Guglielminetti, Prosperi, Salvaneschi, Berrini, Chiaves, lo stesso consumistico ma abbottonatissimo Salvator Gotta) guardano al passato per sottrarsi alla sciocca ebbrezza del momento. Oxilia, che con Camasio ha già dato in Addio, giovinezza! un taglio crudele di classe al finale senza nozze e figli maschi, crede in tempi e linguaggi nuovi. A Torino gira come «romanzi di figure» // cadavere vivente, Giovanna d'Arco, In hoc signo vinces e // velo d'Iside. Lascia la città dove Camasio è morto di meningite e a Roma trova scritture per una decina di pellicole, da Rapsodia satanica a Fior di male. * * In Sangue bleu (1914) presentato tra gli applausi per l'apertura del Museo Nazionale del Cinema, dirige Francesca Bertini in una storia di amori infranti. Nessuna enfasi nell'attrice, così brava a suggerire con un'occhiata o a chiarire con un movimento. C'è addirittura una rustica carrellata con la cinepresa piazzata verosimilmente su un camioncino che si allontana dalla protagonista. Chissà se i filologi la situeranno prima di quelle storiche di Pastrone in Cabiria e di Griffìth in Nascita d'una nazione. Muore al fronte nel '17, facendo del cinema. Avrebbe potuto lavorare nelle retrovie con la simpatica Compagnia del Soldato. Da volontario non ritiene di tirarsi indietro e filma la marina in Serbia, gli alpini nel Veneto. A Maria Jacobini, l'attrice che adora, ha scritto: «Non piangere, non piangere. Anche l'artista che muore con me non era gran cosa. Questo solo è vasto: essere buoni». A 28 anni si rivolge contro questo documentarista il titolo del suo successo teatrale. Addio, giovinezza! Piero Perona

Luoghi citati: Nizza Monferrato, Roma, Serbia, Torino, Veneto