Donna fatale che crisi porti?

Donna fatale, che crisi porti? RITORNA IL MITO, TRA PUBBLICITÀ', MODA, CINEMA E SPORT Donna fatale, che crisi porti? Eccola di nuovo protagonista dell'immaginario collettivo, come la Marlene Dietrich degli Anni 30 - E' vero che il suo simbolo si lega al malessere di epoche diffìcili? - «E' un segnale, un fuggire alHndietro quando l'idèa del futuro esprime incertezza e angoscia» - Da Florence Griffìth ai fumetti di Valentina, ai cartoni animati ROMA — Calze scure, cilindro in lesta, gambe aperte e mani sui fianchi: Marlene Dietrich, Loia-Loia, canta con voce roca nel locale denominato l'Angelo Azzurro, a Berlino, fra uomini volgari seduti ai tavolini e atmosfere grevi di fumo; e il corpo flessuoso, il fascino ambiguo, travolgono il professor Immanuel Rath, severo insegnante di liceo, prima innamorato, poi marito tradito e ridotto all'umiliante ruolo di pagliaccio del locale, quindi suicida sulla cattedra della sua vecchia scuola. Donna fatale, Marlene. Attrazione, vertigine, ma anche emblema di un'epoca che si specchia nel suo mistero. E' la Berlino inquieta degli Anni Trenta: esasperazione di contrasti in politica e nella cultura, Thomas Mann e Bertolt Brecht, grande depressione in economia e avanguardia nelle arti, gli articoli sul teatro di Karl Krauss e gli artigli del nazismo che incombono sulla crisi. E'una galleria di simboli e richiami che si inseguono e sovrappongono, dalla letteratura al cinema, dove anche la donna fatale ha la sua nicchia: c'è l'uomo senza qualità di Musil, l'automa di Metropolis di Friz Lang e la fuga dalla civiltà di Hermann Hesse. E ci sono le gambe perfette di Marlene: bisogna includere anche lei per misurare la febbre di allora. Oggi è tempo di ritorno. La donna fatale lascia i sentieri dell'immaginario, esce dai labirinti dell'inconscio dove catturava desideri e accendeva sogni, per diventare realtà. Abbandona il vago e si fa concreta. Saluta il palcoscenico della letteratura e della musica dove sopravviveva con Manon Lescaut e Carmen, Salame, Lulu, le vampire di Poe, e entra nel presente. Cinemà',fùmetto, riviste di moda e pubblicità. Altra gallerìa: la Valentina di Crepai, la donna dell'aperitivo vestita di nero, minigonna e chiome bionde al vento, calze scure come Marlene, gambe a cavalcioni sul sedile della mega-moto; e poi attrici: lite Lemper in Cabaret, Gudrun Landgrébe e Sonia Kirchberger in Le femme flambée e La trappola di Venere. Florence Griffìth ha di mostrato che si può vincere la gara dei cento e duecento metri alle Olimpiadi e essere fatali, e non c'è periodico femminile o settimanale patinato che fra prefumi irresistibili, marche di collant e Man- cherìa intima non proponga il modello di donna misteriosa e conturbante. Perfino la Milady di D'Artagnan, il film di cartoni animati che per alcuni giorni la settimana incanta i più piccoli su una rete privata, ha la voce e gli occhi dell'ammaliatrice. Il vampiro Nella società dello spettacolo, dove l'apparire è essere è l'effimero la guida del cammino, il ritorno della donna fatale non è soltanto una semplice apparizione. Manon Lescaut ammalia il cavaliere des Grieux cinquant 'anni prima della presa della Bastiglia e dell'arrivo della ghigliottina, la Carmina di Le Fanu è il ritorno del vampiro e del mistero in una cultura di metà Ottocento ubriaca di scienza e di progresso; dietro la Lola di Marlene c'è il crepuscolo di un mondo e lo spalancarsi del baratro hitleriano. C'è una costante nel ritorno della donna fatale? E'soltanto casuale la sua ricomparsa, oppure il personaggio è legato a epoche particolari, lam¬ pada di luce ambìgua in una vetrina di manichini in conflitto, attore trasgressivo sulle scene di un teatro che si sgretola? E' vero che l'immagine della donna fatale è sintomo di malessere, mito che prospera sulla precarietà di epoche in crisi, campanello d'allarme per crepuscoli più o meno presenti? «Sì, l'immagine della donna fatale è un segnale, un fuggire indietro: quando l'idea dell'avanzare lineare del tempo versò ùria metà si attenua e l'idea di progresso si appanna, lei ricompare; è l'utopia rovesciata, l'uso del tempo ridotto all'attimo fuggevole, il godimento della vita strappato al divenire e consumato nel piacere immediato. Non a caso un archetipo molto sfruttato negli ultimi tempi è quello di Salomè: Giovanni Battista è il profeta e quindi il futuro, e lei, che con la sua danza affascina Erode e chiede la testa del prigioniero, è l'irriducibile nemica del futuro». Giuseppe Scaraffia, ricercatore all'Università -La Sapienza» di Roma, è autore de La donna fatale e H mantello di Casanova (Selleria), un saggio e un romanzo che ripropongono questo simbolo femminile in controluce. «Pensiamo a La mia droga si chiama Julie, il film di Truffaut: resistenza del tranquillo borghese è sconvolta da una donna che lo induce, pur derubandolo e deridendolo, a diventare criminale e assassino. E il borghese non sa resistere: cede, ruba, uccide, non ha armi per combattere la logica perversa del destino. Ogni volta che l'uomo pensa di non poter dominare il futuro, ecco che interviene l'idea del fato, di cui egli sente la fascinazione misteriosa e la paura La voglia di piacere diventa affascinante ma anche minacciosa: turba, ammalia, perseguita, perché al di là del piacere c'è l'abisso. E quest'idea arriva da lontano: si riallaccia ai moralisti del Seicento — Balthasar Gracian, La Rochefoucauld — che vedono la passione come malattia che turba la tranquillità dell'animo, ma accompagna anche tutta una letteratura dell'Ottocento: il piacere è trasgressione, eccesso che può portare alla morte». — Che cos'è la donna fatale? «Un'apparizione. Un attimo che colpisce l'uomo e lo rende consapevole di tutta la sua fragilità». — E'bella, elegante? «Non necessariamente: c'è anzi in lei un certo disordine di aspetto tanto più affascinante in quanto rivela un'interiorità tortuosa». La più forte — Ha un'anima la donna fatale? «La sua anima è il mistero. Ma un mistero semplice che si riduce a un interrogativo essenziale: quanto tempo impiegherà l'uomo a bruciare fra le sue braccia? Un mistero trasparente: fin dal principio l'uomo sa che la donna fatale 10 perderà, che affetti, famiglia, rispettabilità, lavoro, potranno essere travolti; eppure 11 fascino dell'abisso uccide ogni resistenza. L'uomo si arrende al mistero, si lascia ghermire, scivola dolcemente fra le spire di un piacere intimo e sensuale che lo soffocherà: ma che importa?». —Dunque la donna fatale è piùforte... «Assolutamente. Più forte in tutto, anche con la morte: basti pensare al finale della Carmen di Mérimée. La zingara provoca l'amante ribadendogli la propria ripugnanza per lui: si fa uccidere, ma non si piega». — E'femminista la donna fatale? Va ai cortei? «Non ne avrebbe bisogno, visto che l'idea di emancipazione è estranea alla sua mentalità: lei è vincitrice, oltre il tempo e la storia: che bisogno ha di sfilare? Ai cortei — lei pensa —, vanno le donne che non hanno mai vinto». — La donna fatale non è femminista. E la femminista può essere donna fatale? «Ho amiche che al mattino vanno al corteo, con divisa e trucco da corteo, e la sera si improvvisano donne fatali, conturbanti e maliziose per conquistare un uomo. Ma lo fanno con ironia, senza lasciarsi troppo coinvolgere». — Dunque non sono fatali. «No, non lo sono: lo sdoppiamento è sempre finzione». — La sua donna fatale? «Domanda difficile: Marina Ripa di Meana, direi, anche se la voce è tutt'altro che adatta al ruolo». — ElaDellerano? «Un po' rustica, anche se fa effetto». — E la Sandrelli? «Paciosa». — Perché la donna fatale vince? «Perché è indifferente». Nel salone regale di Erode Antipa, al suono di cembali e flauti, Salomè danza per il sovrano. Le braccia si sollevano, il pallore della pelle traspare sotto i veli e i gioielli, il ventre si agita, i seni sobbalzano, i cortigiani seguono come rapili. Erode ha promesso di esaudire qualunque desiderio. In carcere, intontito dalle percosse, intirizzito dall'umidità, c'è il Battistc. Il profeta, l'uomo che si nutre di erbe selvatiche e miele, l'asceta che annuncia tempi nuovi e l'arrivo di Dio. La danza termina, nella reggia cade il silenzio. «Voglio la testa del profeta», dice Salomè a Erode. Chi può dare la forza di disobbedire? Chi può dissolvere il potere della donna fatale? Chi può vincere finalmente contro di lei? L'ordine viene impartito. Lungo il corridoio sotterraneo che porta alla sua cella, l'innocente sente i passi dei soldati. Mauro Anselmo Marlene Dietrich in una celebre immagine di «L'angelo azzurro». A destra, una donna fatale nello sport: Florence Griffìth

Luoghi citati: Berlino, Meana, Roma