Il vitello con una marcia in più

Il vitello con una marcia in più E' quello della razza bovina Piemontese, che vive un momento di grande rilancio Il vitello con una marcia in più La sua carne è molto apprezzata anche all'estero per il sapore, la resa (non si ritira), ma soprattutto perché povera di grasso ■ Una speciale serata, con degustazione, organizzata a Milano dal Federagrarìo MILANO — La presentazione di un libro sulla carne bovina è stata l'occasione per parlare della «carne del secolo», che si ricava da una razza bovina antica ma da poco recuperata e valorizzata come merita: la Piemontese. Sentirla lodare dagli allevatori piemontesi non significa molto, anche se è gente che s'intende di animali e alleva il meglio, anche per ricavare il maggior reddito possibile. Ma venire a sapere che 1 bovini di razza Piemontese sono richiesti in Inghilterra, Brasile, Stati Uniti e ultimamente anche in Cina non può che costituire una prova che questi bovini hanno una marcia in più rispetto a quelli delle altre razze. Della «marcia in più» ha parlato diffusamente nell'incontro di Milano il prof. Attilio Bosticco, direttore dell'Istituto di zootecnia generale all'Università di Torino, autore con la sua équipe di studiosi, d'una ricerca sulla qualità della carne e le sue variazioni in funzione delle razze di appartenenza. Infatti la razza che ha il cuore nella nostra regione ha stracciato le altre messe a confronto (tre razze da carne: oltre alla Piemontese, la Charolaise la Limousine; due razze da latte: la Frisona e la Bruna Alpina; nonché i meticci derivati da un incrocio tra Piemontese e Frisona). Tralasciamo parametri e valutazioni particolari, che solo gli esperti possono com prendere, e veniamo a quan to può interessare il consumatore. Perché la carne dei bovini piemontesi -ha una marcia in più»? Perché non è grassa, e quindi è richiesta dal consumatore che in que sto momento si preoccupa molto della sua salute, dan ncggiata dai grassi animali, che portano ad un aumento del colesterolo nel sangue. Questo è il punto più im portante: ma ne seguono al tri. non indifferenti: ad esém- pio la resa. Citiamo un aneddoto raccontatoci da un collega, il quale aveva organizzato un pranzo con prodotti piemontesi in Inghilterra: temendo che la carne inviata dal Piemonte non fosse sufficiente, gli organizzatori ne hanno acquistato un certo quantitativo sul posto: il confronto tra la nostra e quella inglese è stato sbalorditivo e vistosissimo: a parte il sapore, la carne locale, alla cottura, si ritirava visibilmente, mentre quella piemontese manteneva la sua consistenza. Ed ecco introdotto il secondo elemento a favore della Piemontese. Infatti, come ha osservato a Milano il prof. Giuseppe Maspoli, vicedirettore della Cassa di Risparmio di Torino e Consigliere designato del Federagrario (l'Istituto a cui si deve l'ideazione e la presentazione del volume, che appare in una col¬ lana diretta da Guglielmo Solavagione), il costo superiore della Piemontese viene sicuramente ripagato, non solo in termini di qualità, ma anche come quantità per l'elevata resa. Sui costi è tornato Attilio Bosticco, ricordando che quella della Piemontese non è una carne di massa («Ci sono le altre razze bovine che producono un'ottima carne, carne che è servita e serve a sfamare le masse»), non è una carne da fast-food, ma una carne da intenditori, «che sicuramente sono dispo- sti a pagare un po' di più un prodotto che vale molto di più'. Rivolgendosi agli allevatori, Bosticco ha ricordato che la Piemontese ha altre attitudini non trascurabili, come la produzione del latte (da 25 a 30 ql); il vitello della Piemontese viene allevato fino a 4-7 mesi col latte e questo è anche uno dei motivi della bontà della carne. Inoltre, fra la razze italiane bianche da carne (Piemontese, Marchigiana, Romagnola Maremmana, Podolica), la Piemontese è l'unica ad aver mantenuto il suo patrimonio che si aggira oggi sui 610 mila capi (tanti ne fanno tutte le altre quattro razze messe in sieme). Il Piemonte — ha ricordato l'assessore all'Agricoltura Emilio Lombardi — è la prima Regione italiana ad avere una legge che garantisce la produzione delle carni bovi¬ ne: la legge ovviamente si rivolge a tutte le carni e non solo a quelle della Piemontese, ma è uno strumento in più — ha ricordato l'assessore — per dimostrare quanto la Regione abbia a cuore e tuteli il consumatore, oltre che l'agricoltore. E' stato chiesto se questa legge non fosse un doppione del Coalvi, il consorzio di tutela della carne di razza bovina Piemontese. No, è stata la risposta del presidente del Consorzio, Rabino, -perché il nostro scopo è quello di valorizzare e tutelare la qualità superiore delle carni prodotte dai bovini di razza Piemontese e di garantire la salute del bovino per difendere quella del consumatore». Rabino ha ricordato che le carni marchiate Coalvi (oltre 1100 allevatori, 26 mila capi, 108 macellerie convenzionate, di cui 26 in provincia di Torino e 6 in provincia di Milano) sono il risultato di una rigorosissima alimentazione del bovino, a base di alimenti solo naturali: orzo, mais e crusca. Prima di essere marchiate e poste in vendita «solo nelle macellerie convenzionate», le carni Coalvi vengono sottoposte a controlli frequenti e rigorosissimi. Il prof. Maspoli ha ricordato infine l'attività del Federagrarìo («una piccola banca in grande sviluppo-), che oltre ad operare nelle regioni tradizionali (Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta) ora si sta espandendo anche in Lombardia. -La nostra attività interessa una fascia di clientela molto più ampia di quanto si creda — ha detto Maspoli, — il suo campo operativo spazia oggi dall'impresa diretto-coltivatrice all'industrioa agro-alimentare, dalla ditta commerciale di esportazione di prodotti ortofrutticoli a quella artigiana, dall'attività di acquacoltura alla l pesca marittima». Livio P. il rato