E Nairobi rinuncia al business dell'avorio

E Nairobi rinuncia al business dell'avorio Il Kenya ha deciso di salvare i suoi elefanti minacciati di estinzione accettando il bando dei traffici di zanne E Nairobi rinuncia al business dell'avorio In Africa i pachidermi stanno scomparendo, negli ultimi dieci anni il loro numero si è dimezzato - L'ordine di «sparare a vista» non è bastato, i bracconieri sfidano eserciti e governi - In ottobre a Ginevra si dovrebbero bloccare definitivamente i commerci, ma non tutti i Paesi sono d'accordo - Le quotazioni continuano a salire NOSTRO SERVIZIO NAIROBI — Il Kenya ha cambiato idea. Dopo aver avversato per anni il bando dei traffici di avorio, giudicandolo un dramma per le finanze nazionali, martedì scorso si è impegnato a porre fine a tali commerci per salvare dall'estinzione gli ormai decimati branchi di elefanti che ancora vivono nei suoi parchi nazionali. Una decisione sofferta, cui il governo di Nairobi è giunto dopo aver imboccato numerose scorciatoie. Qualche mese fa, il presidente Daniel Arap Moi aveva adottato misure drastiche contro i bracconieri, come ad esempio lo -sparate a vista*. Ma tutto, con un sostanziale nulla di fatto. Il mercato internazionale dell'avorio è in effervescenza. I prezzi (oggi quello grezzo viene venduto a circa 200 mila lire il chilogrammo) sono in continua crescita e i magazzini degli speculatori sono stipati in vista di sviluppi ancor più favorevoli. Bande di bracconieri e di mercenari riciclati battono l'Africa occidentale e australe alla ricerca di branchi da sterminare. In Uganda sono stati segnalati casi in cui i cacciatori hanno fatto ricorso addirittura a bombe a razzo per affrontare elefanti e rinoceronti. Nel 1980 l'Africa era popolata da circa un milione e 300 mila elefanti. Oggi ne restano 750 mila esemplari. Un giro d'affari colossale che vede soci i trafficanti asiatici (Hong Kong è uno dei punti nevralgici del traf] fico), europei ed americani con i cacciatori africani e con le autorità disposte a chiudere un occhio. Quando i poliziotti non stanno al gioco, lo fanno a loro rischio e pericolo. Dopo l'ordine di sparare a vista, dato dal governo keniota, alcuni uomini delle forze dell'ordine sono rimasti uccisi, a Meni, in uno scontro notturno con i cacciatori di frodo. Un caso su tanti, e un deterrente per altre iniziative del genere. Un tentativo di regolamentazione internazionale del traffico di avorio era stato fatto, alla fine degli Anni Settanta, con la stipula della Convenzione di Washington, un accordo tra numerosi Paesi che creava un si¬ stema di quote di mercato calcolate in maniera da limitare le esportazioni e proteggere, quindi, la specie. I risultati sono stati inconsistenti. E' stato calcolato che ogni anno il mercato mondiale acquisisce disponibilità di avorio per circa 500 tonnellate, quantità che richiede lo sterminio di oltre 40 mila elefanti. Esattamente tre volte di quanto consentito dall'accordo di Washington. E quando esigenze economico-finanziarie lo richiedono, basta che i Paesi aderenti abbandonino la Convezione, cosa che non hanno tardato a fare gli Emirati Arabi nel gennaio del 1988. Non sono poi sconosciuti casi di triangolazioni che consentono di aggirare i vincoli legali. La Somalia, ad esempio, negli ultimi anni ha esportato, ufficialmente, avorio per una quantità tre volte superiore al totale della disponibilità sul suo territorio. ■ Violazioni dell'accordo sono segnalate in quasi tutti i Paesi africani, dal Sud Africa allo Zaire, dal Ruanda al Mozambico. Jonas Savimbi, 11 leader del guerriglieri angolani dell'Unita, ha dichiarato di reperire con il commercio di zanne d'elefante la gran parte dei proventi necessari a finanziare la guerra di liberazione. In Gambia, GuineaBissau, Lesotho e Swaziland gli elefanti si sono già definitivamente estinti. L'annuncio della decisione keniota di appoggiore iniziative per bandire il traffico di avorio non è estemporaneo. Segue di un giorno l'appello degli Stati Uniti di porre fine a tali traffici per difendere una razza ormai In estinzione e le dichiarazioni con cui il governo tanzaniano ha condannato, la scorsa settimana, lo sterminio degli elefanti sul suo territorio. Queste tre nuove prese di posizione potrebbero avere conseguenze importanti sul colloqui intemazionali che si terranno, il prossimo ottobre a Ginevra, tra i Paesi aderenti alla Convenzione di Washington. Se la proposta di bandire il traffico di avorio di elefante dovesse essere approvata dai due terzi dei partecipanti, la proibizione potrebbe avere effetto addirittura ci al 10 gennaio prossimo. Per i Paesi africani, già provati da continue crisi eòòriorhiche, comunque, una tale decisione avrebbe, almeno nel breve periodo, conseguenze finanziarie molto gravi. Lo stesso ministro del Turismo e dell'Ambiente del Kenya, Katana Ngala, ha fino all'altro ieri lamentato che il bando totale penalizzerebbe gravemente l'economia del suo Paese, che non potrebbe nemmeno realizzare gli ingenti stock di avorio confiscato accumulati, e renderebbe ancor più effervescente il mercato internazionale, dove la domanda supererebbe in maniera eccessiva l'offerta. E per i cacciatori di frodo sarebbe un ulteriore stimolo a violare le leggi. e. st.

Persone citate: Daniel Arap Moi, Jonas Savimbi, Kenya, Meni