L'ombro di Perón sulle urne argentine di Mimmo Candito

L'ombra di Perón sulle urne argentine Oggi si sceglie l'erede di Alfonsin: favorito Menem contro il radicale Angeloz L'ombra di Perón sulle urne argentine Si devono eleggere 600 Grandi Elettori, che nomineranno il Capo dello Stato - Il Paese è assediato dalla crisi economica - Entrambi i candidati propongono un patto sociale per evitare la bancarotta DAL NOSTRO INVIATO BUENOS AIRES — Contro tutte le paure e le angosce di sei lunghi anni difficili, contro quattro sollevazioni militari, contro tredici scioperi generali, contro il vero e proprio colpo di Stato economico consumato in queste ultime settimane, alla fine oggi l'Argentina arriva a votare il nuovo presidente, successore in borghese di un altro presidente in borghese, Raul Alfonsin. Non accadeva da 61 anni. Si chiude la transizione alla democrazia, e una società avvezza a trascinarsi nei corridoi delle caserme per attenderne le decisioni e gli umori labili dei generali ritrova oggi una identità smarrita da troppo tempo. Deve mutarsi ora definitivamente una cultura, un costume a lungo introiettato, la ferita psicologica di traumi ripetuti e ricorrenti; l'immaginario collettivo di un popolo deve riformarsi e ricrescere. E' una mutazione genetica. non sarà facile. Ma un tempo si è chiuso. Mi dice José M. Pasquini Duràn, uno dei più lucidi intellettuali della generazione di mezzo: «Abbiamo fatto della storia nazionale un'eterna Penelope :senza nessun Ulisse da aspettare. Ora basta-. Pasquini è anche volterriano, ma non è detto che la chiusura di un tempo nelle simbologie istituzionali, e nel campo serrato del confronto tra società civile e potere militare, chiuda per sempre anche il tempo delle attese messianiche. Gli Ulisse di una memoria che talvolta rischia di apparire eterna sono già pronti a sbarcare sulla Casa Rosada per salvare un Paese nuovamente allo sfascio. E il fantasma del peronismo sta acquattato dietro la porta dei seggi, ad aspettare il risultato di stanotte. Questa infinita campagna elettorale ha mostrato tentazioni ripetute di credere che la soluzione della crisi vada posta nelle mani di un uomo inviato dalla Provvidenza: sono i rischi fisiologici di ogni sistema presidenziale, ma qui, da ottobre, da quando sono cominciati comizi, raduni accesi di folla, cortei e stadi pieni di descamisados, si è visto che il progressivo distruggersi di ogni consistenza economica proiettava sul Candidato, naturalmente Carlos Saul Menem, speranze e desideri senza più alcun legame con la realtà dei problemi e delle carenze del Paese. Dice un al- tro intellettuale argentino, James Neilson: -Riappaiono la barbarie caudillesca, i deliri di grandezza-. Ma quest'Argentina incerta e tentata è perfino più complessa, e intrigante, di una schematica dicotomia politica: da una parte il candidato radicale Eduardo Cesar Angeloz, rappresentante di una società europea, moderna, laica, però minoritaria, e dall'altra il peronista Menem, inteiprete delle pulsioni oscurantiste e dei rigurgiti mistici di una società che nella sua maggioranza ancora non è riuscita a modernizzarsi. I due sono certamente questo; ma sono, l'uno e l'altro, anche qualcosa di più e di diverso. Intrigante. complicata, stesa sempre sul lettino dell'analista, quest'Argentina continua ancora a resistere ai nostri desideri di omologazione. E di fronte a tutte le società del mondo che vanno scoprendo i vantaggi e i ri¬ chiami delle tecnologie elettroniche per la diffusione dei messaggi elettorali, qui la campagna presidenziale è stata come una volta, come sempre, un lungo viaggio dei candidati in ogni città e in ogni villaggio di questa sterminata terra australe, con comizi oceanici, bagni di folla, strette di mano a chiunque, abbracci sudati, assalti rischiosi di militanti fanatici e di donne innamorate della mitologia. Menem e Angeloz ne sono usciti senza danni evidenti per la loro integrità fisica e senza evidenti turbamenti delia loro pace coniugale; ma il difficile resta ancora tutto da venire. Gli indicalori economici sono angosciosi, la produzione industriale e quasi paralizzata, la perdita di valore reale dei salari ha raggiunto livelli insopportabili: un maestro per Mimmo Candito (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires