Il prezzo del successo nella «poesia del popolo» di Ferdinando Camon

Il prezzo del successo nella «poesia del popolo» Il prezzo del successo nella «poesia del popolo» Il festival di Sanremo era dunque truccato? Le gare, i patemi, gli svenimenti dei partecipanti cran finti? I vincitori e gli esclusi erano stabiliti in partenza? Qualche autorevole giornale ha fatto correre questo sospetto. Non so se verrà mai provato. Ctrto. le notizie sono fragorose e dettagliale: denunce di cantanti 'esclusi, indica/ioni di tangenti richieste e talvolta pagate (dai 50 ai I(IO milioni a testa), vendette dei perdenti, ricatti e minacce, perfino con pistola in pugno. Quando scoppia una notizia del genere, niente può far sì che essa scompaia: perché essa conferma un'idea inconscia sempre presente nello spettatore medio, cioè che il successo si ottiene attraverso la corruzione. Questa idea è fondamentale nell'uomo medio, cioè è il suo fondamento: perché gli prova che se lui non ha successo, è perché non entra, né attivamente né passivamente, nella corruzione. La canzone è la poesia del popolo: la casalinga che non ha mai letto «A Silvia» sa però cantare ogni strofetta di «Marina»; il commesso che non sa perché Dante è andato in esi¬ lio sa benissimo che Albano e Romina vivono ritirati a Cellino San Marco. Il mondo della canzone forma un sistema assoluto e autonomo, che non ha bisogno di completamenti dall'esterno: i suoi personaggi hanno, per il popolo, anche una funzione morale, di guide sentimentali ed esistenziali. Perciò, al pubblico della canzone lo scandalo di Sanremo, se verrà provalo, brucerà in maniera particolare: perché il vero ingannalo è proprio e solo lui, il pubblico. Non è l'organizzazione, non è la Rai, non sono i cantanti sconfitti o esclusi. Il risultato della montatura, infatti, dovrebbe essere quello di guidare il pubblico verso vóci, musiche, messaggi da imparare, tenere a memoria e cantare per qualche anno, come se interpretassero e rappresentassero il gusto e la tendenza del suo tempo; quindi, se il pubblico sulle prime non li apprezza e non li capisce, si deve «convertire», per entrare in sintonia con la propria epoca. Ora, scoprire che il congegno era truccalo, e che seguendolo il pubblico non si metteva in rapporto con il gusto contemporaneo, ma semplicemente con gli interessi di poche persone, gli dà. giustamente, l'impressione di essere espropriato dei propri sentimenti: un furto di cui la giustizia non potrà in alcun modo risarcirlo. Tulio questo riguarda la canzone. Ma se è corrotto il cuore del suo mondo sentimenlale-cullurale. il popolo pensa subito che. a maggior ragione, saranno eorrolti i mondi culturali altrui, quelli del libro e dei premi letterari, del Iilm e dei festival cinematografici, dell'università c dei concorsi, della Rai e delle rubriche televisive... E bisognerà lispondere, prima o poi, a questo enorme sospetto: è questo il prezzo del successo? Tutto ciò che ha successo ha sempre un delitto alle spalle, come diceva Dalzac? Certo, il successo si può costruire ovunque, eludendo o ingannando la volontà del pubblico; ma bisognerà tenere conio di alcune grosse differenze. Anzitutto, la portata dell'inganno. Poiché lo scopo dell'inganno è economico, è logico pensare che esso sia di più laddove il risultato economico è maggiore. Nel cinema, per esempio. Il libro è piccola cosa: ha un piccolo costo, si vende pochino (in confronto al disco), l'autore ha un guadagno basso (in confronto con quello di un altore. o di un vincitore di cattedra). Non vai la pena creare inganni mastodontici: il trucco più usalo sembra quello di certe classifiche dei best seller. Questo trucco, aggiunto ad un lancio dispendioso, e a qualche passaggio in tv. può ottenere, quando va bene, come risultato, quello di ingannare al massimo una decina di migliaia di lettori acquirenti. Non di più. Dopo di che. il libro «muore». Allora, costruirci sopra una costosa montatura non è remunerativo. E quanto ai premi, i maggiori sono organizzati in maniera tale che nemmeno i loro «padroni» (com'erano Repaci per il Viareggio e la signora Bellona per lo Strega, come sono gli industriali veneti per il Campiello) possono garantire il risultato. Più di un anno Repaci usci dalle discussioni imprecando (chi scrive questo articolo era in giuria con lui), perché aveva perduto. E la signora Bellonci vide la giuria spaccarsi (quasi 500 membri, tutti scrittori), ma non piegarsi. Più manovrabili paiono i grandi festival cinematografici, ma non sulla base della corruzione, bensì del gusto delle giurie, anche quando si tratti di una giuria immensa come quella degli Oscar. Gli Oscar si vincono non comprando la giuria, ma andando incontro al suo gusto, costruendo il film per lei: se c'è un inganno verso il pubblico (e spesso c'è), esso sta qui: l'autore vicn premiato non perché interpreta il pubblico, ma perché interpreta la giuria. In letteratura, che un narratore butti fuori il suo primo libro pagando delle tangenti, non gli garantirebbe nulla, anzi, se il libro non vale, lo esporrebbe soltanto alle stroncature: il libro, infatti, va allo sbaraglio, necessariamente indifeso, per 3-5 mesi. L'apparizione a Sanremo no: essa è già. di per sé, un traguardo. L'esordiente che è arrivato lì esiste: il pubblico è obbligato a vederlo e a sentirlo, c dopo non può non ricordarlo. Se c'è stata truffa, a Sanremo, è questo pubblico la vera parte lesa. Ferdinando Camon

Persone citate: Bellona, Bellonci, Repaci

Luoghi citati: Cellino San Marco, Sanremo