«La lobby delle armi dietro Bush» di Ennio Caretto

«La lobby delle armi dietro Bush» Accuse dall'ex capo del Pentagono, McNamara, e dall'ex comandante Nato, Goodpaster «La lobby delle armi dietro Bush» «Con gli ammodernamenti la Casa Bianca vuol compensare l'industria militare delle minori commesse dovute ai tagli di bilancio» - Il politologo Streinbruner: «E' l'altra faccia del protezionismo Usa» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Una nuova accusa, oltre a quella di incertezza e incompetenza, viene rivolta all'Amministrazione repubblicana per il suo rifiuto di negoziare con 'Urss la riduzione delle armi tattiche in Europa: quella di avere ceduto alle pressioni dell'industria bellica Usa per ammodernare i missili corti e gli armamenti convenzionali della Nato. Secondo molti opinion makers, come l'ex ministro della difesa di John Kennedy, Robert McNamara, e il generale a riposo Andrew Goodpaster, ex comandante in capo delle Forze Armate dell'Alleanza, la Casa Bianca insiste per rinnovare il deterrente atomico e gli altri arsenali in Germania anche per garantire aìl'establishment militar-industriale commesse che compensino i tagli al bilancio della Difesa degli Stati Uniti. La nuova accusa è giunta quasi contemporaneamente all'ultimo colpo di scena della disputa Bonn-Washington sulla riduzione delle armi tattiche: la minaccia, fatta l'altro ieri da Washington, di ritirare le truppe americane dall'Europa. Senza l'ombrello atomico, hanno dichiarato il ministro della difesa Dick Cheney e il capo della Commissione alle Forze Armate della Camera Les Aspin, i soldati Usa non resterebbero in Germania. La prospettiva ■No nukes no troops», niente armi nucleari niente truppe, ha detto testualmente Aspin, «é un rischio reale: non per quest 'anno, ma per il futuro». -Noi non concepiamo la possibilità di continuare a dispiegare i nostri soldati in Europa — ha aggiunto Cheney — a meno che non abbiano una protezione atomica». L'accusa di McNamara, Goodpaster e altri è circostanziata. L'anno prossimo, il bilancio della Difesa Usa scenderà dell'1-2% in termini reali, ed eventuali progressi nel disarmo implicherebbero ulteriori tagli. La California, la cui economia dipende per il 28% dalle commesse militari e paramilitari, ha già avvertito i primi effetti negativi: licenziamenti alla Lockheed e in altre società, caduta dei profitti. McNamara, un ex «ragazzo prodigio» del management industriale — era numero due della Ford quando Kennedy lo chiamò a Washington, e ha presieduto la Banca Mondiale — ha calcolato che Usa e Urss potrebbero risparmiare 150 miliardi di dollari l'anno, quasi 200 mila miliardi di lire, se ristrutturassero le loro forze nucleari e convenzionali a fini esclusivamente difensivi e non anche offensivi, e si impegnassero a osservare un «codice di buona condotta». La Washington Post ha scritto che un piano del Dipartimento dì Stato per ridurre gli arsenali convenzionali della Nato del 25% è stato silurato su intervento dell'establishment militar-industriale. In sé, la sostituzione delle 88 rampe di Lance in Germania sarebbe solo una goccia nel mare finanziario dell'in¬ dustria bellica americana. La Vought Corporation di Dallas, la società leader della commessa, ha rifiutato di quantificarcela, e così hanno fatto la Martin Manetta — l'azienda produttrice dei Pershìng-1 e dei Pershing-2, in via di smantellamento in Europa — e la General Dynamics, che ha fabbricato i Cruise. Ma la 'lobby degli armatoli», che raccoglie nomi come la Rockwell, la Boeing, la General Electric, guarda oltre i missili corti: pensa già alle cosiddette «armi incelligenti», atomiche e convenzionali, che spingerebbero il Pentagono a nuovi, enormi investimenti. Quella lobby, forse la più potente di tutte, non ha nascosto il suo allarme per la tendenza dell'Europa a rafforzare la propria industria bellica a danno di quella americana, tendenza manifestatasi apertamente l'anno scorso nel rifiuto dì accettare il nuovo caccia Usa F18 e ài costruire al suo posto VEurofighter: insieme con questa commessa, Washin gton ne ha persa anche un'altra, ancora più importante: quella di nuovi sistemi radar. "E' l'altra faccia del protezionismo Usa», ha ammonito John Streinbruner, un politologo della Brookings lnstitulion, osservando che Vcstablishment militar-industriale cerca ora di promuovere joint ventures con gli alleati «per assicurarsi almeno metà della torta». "Respinto dall'Europa '— ha detto Streinbruner — è riuscito a concludere un accordo con Tokyo per la coproduzione del nuovo caccia, assicurandosi il 40K dei profitti. Sta inoltre discutendo con Bonn la coproduzione di un missile convenzionale non nucleare, YSX90, con raggio di 500 km, che potrebbe sostituire una parte dei Lance». Contemporaneamente, ha concluso il politologo, appoggiata dal Congresso, l'industria bellica americana spinge il Pentagono ad annullare alcune delle commesse assegnate alle aziende straniere. Ennio Caretto