Nasce la laurea «corta» di Clemente Granata

Nasce la laurea «corta» Anche in Italia una rete di scuole universitarie di primo livello Nasce la laurea «corta» Nelle facoltà un diploma intermedio dopo due o tre anni di studio - Ci saranno l'ingegnere non dottore e il medico terapeuta - Il ministro Ruberti: i giovani potranno così misurarsi con le richieste professionali del mercato europeo ROMA — Nuove, originali figure di studenti stanno per apparire sulla scena universitaria: il futuro -ingegnere non dottore», privo della laurea canonica; l'abile tecnico, che opera nella diagnostica manovrando apparecchiature elettroniche ed informatiche, senza essere medico; il terapeuta specialista in certi settori rieducativi, neppure lui medico; e poi il chimico, il fisico, l'economista, muniti di diploma dopo un paio d'anni di frequenza degli atenei. E' il segno della prossima flessibilità di un sistema universitario ingessato in rigide strutture contro ogni logica didattica, contro ogni esigenza di mercato, con il risultato dell'abbandono degli studi e del disadattamento sociale. Ed è un segno che giunge, benché in modo indiretto, dalla legge approvata l'altro giorno sul trasferimento delle competenze universitarie dal ministero della Pubblica Istruzione a quello della Ricerca Scientifica. Via indiretta perché occorreranno nuove norme per mettere in piedi il meccanismo delle -facoltà senza laurea». Ma tappa importante perché, dice per esempio il prorettore dell'Università di Torino. Vincenzo Caramelli, il passaggio permetterà di ridurre le pastoie burocratiche. Tappa importante, precisano alla Confindustria, perché c'è fame di diplomi intermedi. Per il ministro Antonio Ruberti tutto il complesso delle nuove norme costituisce una strada aperta ai giovani, as sieme a quelle del diritto allo studio, del dottorato di ricerca e delle borse di studio post-dottorato. -Il miglior contributo che si può dare agli studenti — afferma — è quello di offrire loro l'opportunità di una formazione di grande qualità, che gli consenta di misurarsi sul mercato europeo delle professioni, un appuntamento ormai vi cino-. E aggiunge: «Ai giovani, dopo anni di stasi nell'immissione di nuove leve, si devono aprire opportunità trasparenti di accesso per immettere sangue nuovo, di cui il sistema ha grande bisogno e per farlo crescere al livello che il Paese ha assunto nel contesto internazionale'. Erano 26 anni che si parlava di trasferire le competenze sull'università a un nuovo ministero, sono almeno quindici, che si parla di diplomi intermedi. La nostra istituzione è stata prevista come un blocco monolitico: si entra negli atenei con certe cognizioni, si esce con un titolo di studio uguale per tutti, che presuppone il raggiungimento di un complesso di conoscenze e di abilità professionali. Blocco, sorretto da una concezione un po' semplicistica. Dice il professor Antonio Rossi, rettore a Ferrara: 'Negli atenei però non si può pretendere di entrare a qualunque livello e di uscire al massimo livello. Dipende dai giovani meritare di rimanere nell'università sino alla fine'. In mancanza di meccanismi flessibili s'è registrato quello che nessuno avrebbe voluto: una selezione silenziosa, ma selvaggia e spietata. Mario Ali, capo segreteria al ministero della Ricerca Scientifica, nel suo volume «La laurea difficile», ha quantificato 11 fenomeno a «La Sapienza» di Roma: dopo il primo anno gli abbandoni rappresentano il 30-35 per cento; dopo un ciclo di otto anni il 70 per cento. Energie sprecate e anche, dice Antonio Rossi, soldi del contribuente buttati al vento. Perché, allora, non cercare di sfruttare al massimo le competenze comunque acquisite dopo un certo periodo trascorso all'università? In altri Paesi l'idea ha trovato da tempo applicazione. In Francia, per esemplo, tra «deug», diploma biennale, «licence» triennale, -maitrise», che ha il valore della laurea, e «doctorat», i livelli universitari sono quattro. Da noi si è istituito il dottorato di ricerca successivo alla laurea, il quale ha bisogno di essere irrobustito assieme alla regolamentazione dello stato giuridico dei ricercatori, che secondo Ruberti è da conside¬ rare 'questione prioritaria'. Ma è essenziale anche prevedere traguardi che precedano la laurea tradizionale. L'autonomia degli atenei favorirà questo processo perché permetterà di ridurre alcuni meccanismi burocratici. Un certo snellimento, dice il prorettore di Torino Vincenzo Caramelli, lo si è già ottenuto per l'istituzione di scuole a fini speciali, come quella in amministrazione aziendale. I posti disponibili nel capoluogo piemontese sono 70 all'anno, le domande dei candidati, provenienti dai licei scientifici, ma anche da altre facoltà, circa 400. Si fa un concorso d'ammissione, la scuola dura due anni e al termine si ha la sicurezza dell'occupazione. Ecco, i di- plomi intermedi dovrebbero essere qualcosa di simile: efficienti, collegati con il mercato del lavoro, pronti a sostenere l'agguerrita concorrenza degli altri Paesi europei. I campi d'applicazione possono essere 1 più vari. Le facoltà scientifiche sono quelle che si prestano meglio a una graduazione delle competenze. SI profilano opportunità interessanti nell'ambito della preparazione dei quadri manageriali, nel settore agrario e persino in quello veterinario. (Nel campo medico già s'intravede un possibile conflitto di competenza con le Regioni che curano la preparazione degli infermieri professionali). Ma anche il settore delle discipline umanistiche, e soprattutto quello delle facoltà di lingue, può essere interessato. L'importante, a questo punto, è evitare che si formi una mentalità per cui chi ottiene il diploma dì primo livello sia da considerarsi un laureato mancato. Dunque, da un lato può essere opportuno ammettere la possibilità di proseguire gli studi sino al conseguimento della laurea, dall'altro è indispensabile fornire i corsi di diploma dei necessari supporti perché si possa conseguire un'effettiva specializzazione tecnica. Nello stesso tempo, dicono per esemplo alla Confindustria, sarà opportuno coordinare, in sede nazionale, le iniziative dei vari atenei. Suggerimento non campato per aria, affermano. Se, infatti, tra un anno non ci sarà la legge sull'autonomia (legata a quella sul trasferimento delle competenze) i senati accademici potranno modificare gli statuti come vorranno. Potrebbe allora registrarsi una sorta di corsa selvaggia all'istituzione dei diplomi di primo livello. Con pregiudizio evidente della loro qualità. Clemente Granata

Persone citate: Antonio Rossi, Antonio Ruberti, Mario Ali, Ruberti, Vincenzo Caramelli

Luoghi citati: Ferrara, Francia, Italia, Roma, Torino