Vassalli di A. Galante Garrone

Vassalli Vassalli de di questi giorni, sempre su taluni inquietanti aspetti della nostra giustizia. Vorremmo, per dirla in breve, che ognuno facesse la sua parte, stesse nei propri limiti. Più volte accade che qualche giornalista, dotato di scarso autocontrollo e. aggiungiamo, magari favorito da irresponsabili confidenze dell'ufficio inquirente, abusi del proprio diritto-dovere di libera cronaca. Valga d'esempio la trista favola della bambina di Limbiate. di cui ieri ci parlava con giusta indignazione Livio Zanetti. Questo duplice travalicamento dei confini prestabiliti dalla legge c dal costume è sempre foriero di gravi inciampi al sereno corso della giustizia. E vorremmo anche dire che non è compito del ministro Guardasigilli, dinnanzi ad un gravissimo problema com'è oggi quello dell'imperversare della mafia, l'e¬ largire plausi o botte a questo o quel grado di giurisdizione. I vecchi come me serbano un ingrato ricordo delle direttive impartite dai Guardasigilli del regime fascista, e imposte con circolari, sollecitazioni, larvate intimidazioni (come in tema di aborto). Non vorremmo che si finisse per ricalcare quelle orme. Nessuno dubita dello schietto antifascismo di Vassalli. Ma è altrettanto certo che non tocca a un ministro Guardasigilli rilasciare diplomi di benemerenza o biasimi ai diversi orientamenti della giurisprudenza patria. Altri sono i suoi preminenti doveri nella lotta alla mafia: per esempio, sollecitare dal Parlamento l'energica prosecuzione della via segnata dalla legge Rognoni-La Torre, secondo le ultime richieste della Guardia di Finanza. Giustissimo il richiamo ai magistrati ciarlieri, esibizionisti, malati di «protagonismo», perché non si avventurino a parlare dei processi in corso di cui si stanno oc¬ cupando, o di quelli che li avessero coinvolti in passato. Ma fuori di questi limiti, sia lecito a tutti i giudici, in quanto cittadini, di agitare i grandi temi della giustizia. Già Kant, nel saggio famoso Che cosa è l'illuminismo, aveva sostenuto doversi riconoscere al funzionario, inserito in qualsiasi meccanismo statale, il diritto di -fare pubblicamente uso del proprio intelletto» e \'-ìllimitaia libertà di senirsi della sua ragione, di parlare in persona propria», di fare le sue -proposte» per un migliore ordinamento dello Stato. Infine, si astenga la magistratura da una difesa ad oltranza dei propri membri, dall'orgoglioso recingersi in una specie di casta d'intoccabili. Sia inflessibile e severa prima di tutto verso sé stessa. E chi sgarra, ne risponda sempre. Non ci è piaciuta la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura che. nell'esaminare il comportamento di alcuni giudici nel maxipro¬ cesso della camorra a Napoli, ha sorvolato con troppa benignità su episodi gravi come la detenzione, protrattasi per mesi e addirittura per anni, di numerose persone erroneamente arrestate solo per omonimia. E tutto questo, nonostante le stringenti precisazioni, sempre in sede di Csm. del giudice Giancarlo Caselli. Milioni di italiani hanno potuto ascollare quell'ineffabile magistrato, il quale tentava di sminuire la gravità del fatto sostenendo che si era trattato soltanto di alcune decine di imputati (e scusate se è poco!). E abbiamo anche sentito alla tv un probo giudice sostenere, con stupefacente candore, che dopo tutto si era trattato di fenomeni -fisiologici». E non abbiamo neanche dimenticato quel P.M. che in pubblica udienza gratuitamente insultava Enzo Tortora come -eletto con i voli della camorra». Ogni commento ci parrebbe superfluo. A. Galante Garrone

Persone citate: Enzo Tortora, Giancarlo Caselli, Kant, La Torre, Livio Zanetti, Vassalli

Luoghi citati: Limbiate, Napoli