Tutti a Superga per ricordare

Tutti a Superga, per ricordare Ieri, a 40 anni dalla tragedia, il Torino e tanta folla sono saliti alla Basilica Tutti a Superga, per ricordare L'intasamento ha impedito a molti di raggiungere la collina ■ La messa celebrata dal vescovo Saldarmi - Discorsi, emozione, applausi TORINO — Ieri erano quaranfanni dalla tragedia di Superga: difficile commemorare con qualcosa che fosse insieme forte, tenero e giusto. Sono stati commessi inevitabili errori, ma era impossibile non sbagliare. E sosteniamo che nessuno, specie se lo si pensa visitato anche, in una giornata cosi, dall'affanno, dal dolore, poteva far meglio. A meno di commissionare tutto a un'agenzia specializzata, come quella che a Monza manda i para coi cani lupo: nello sciagurato calcio industriale di oggi qualcuno potrebbe anche pensarci. Giornata lunga, pesante, difficile. Cominciata per Gianmauro Borsano (un presidente al quale la gente granata sta dedicando affetto e stima insieme, non nelle ipertrofiche dosi comprate da taluni con la demagogia, ma con costante attenta distillazione piemontesarda) al mattino, radio e televisioni alla sede sociale. Nel primissimo pomeriggio ancora impegni con i media, poi al Filadelfia, con la squadra, a mettere una corona di fiori al centro dello spazio magico. E quindi Superga. Ai piedi della collina che si impennacchia con la Basilica, dove alle 17 era in programma la messa officiata dal nuovo vescovo, Saldarini, ci sono stati problemi per tifosi motorizzati bloccati troppo solertemente, costretti ai 6 duri chilometri a piedi. In vetta ci son stati problemi per l'accesso al tempio, subito riempito di personaggi ufficiali. Molti hanno protestato, alcuni hanno gridato, il servizio di cooordinamento dei club granata ha faticato tanto e bene, ma ci sono stati alterchi fisiologici, gente ci ha chiesto di segnalare questo e quell'inconveniente, richiesta sacrosanta. Ci han detto di scrivere che i Vip sono arrivati alla messa in ritardo, qualche Vip ci ha chiesto di spiegare che la strada era intasata di magnifici pellegrini granata. Ma alla fine le cose più importanti e giuste sono avvenute. Si è pregato, la squadra granata da una parte dell'altare, Cravero a segnarsi come il musulmano Skoro, i famigliari dei caduti dall'altra, contornati dai ragazzini della scuola di calcio Gabetto. Le autorità compattate nel banco alla destra del vescovo: Magnani Noya sindaco, Bodrato vicese¬ gretario democristiano, Pagani segretario piemontese, Novelli eurodeputato (il massimo degli applausi in chiesa a lui, comunista). Con loro Boniperti, teso: il 4 maggio 1949 perse tanti amici. E ancora: Catella e Gota del Coni, Tigani della Lega, Montanari del Milan (rossonera l'unica corona di un altro club, fra le molte di enti cittadini), Edoardo Agnelli. Con i cognomi dei caduti, i Tosatti, Grezar, Ballarin, Mazzola, Bacigalupo, Ossola, Rigamonti, Casalbore, Maroso. Per quel calcio Borei, Rava, Francesco Rosetta. Nessuno della federazione. Teso, compreso Borsano accanto a Pi anelli. n vescovo ha detto cose giuste sullo sport, e ha mostrato di sapere bene cos'era il Grande Torino, per la società dell'Italia di allora e per i cuori che sono da millenni gli stessi. La chiesa era piena, davanti alla chiesa c'era ressa. Sino alle 18 gente saliva ancora al colle, mentre dalla chiesa i personaggi ufficiali sfollavano e andavano al cippo dove si schiantò l'aereo, si trovarono i corpi, sono incisi i nomi. E' stato suonato il silenzio, hanno cantato gli alpini, hanno parlato il sindaco e Borsano. La gente ha pianto, applaudito, ricordato. Ognuno ha fatto i suoi scavi nella memoria, ha messo dentro di sè un altro po' d'amore per quella squadra, di dolore per la scomparsa, e anche di orgoglio dell'amore e del dolore, tragicamente unici nel mondo dello sport. La sera, prima della partita fra Granata Campioni 1976 e Club Italia, è stata come ripresa la funzione. La gente della Maratona ha trasformato lo stadio in un altro tempio. Ha parlato di nuovo il sindaco, ha parlato anche Nizzola per la Lega, il collega B arietti ha letto un magnifico telegramma di Cossiga. In venticinquemila hanno inneggiato ad ogni nome di quelli di Superga e di quelli del 1976. Gente di panza, gente di pelo antico ha pianto insieme con giovani che hanno ricevuto il seme di Superga e vorrebbero fame un baobab. Prima della gara hanno esposto uno striscione a centrocampo, diceva, riferendosi -Ula loro origine: «20 anni fa nasceva un mito. La vostra storia è la nostra forza. Auguri. Ultras». Gian Paolo Ormezzano L'ultima foto di Mazzola, a Lisbona con Ferreira

Luoghi citati: Filadelfia, Italia, Lisbona, Monza, Ossola, Torino