Italia e Santa Sede rischio di crisi di Marcello Sorgi
Italia e Santa Sede, rischio di crisi Intervista con il cardinale Potetti alla vigilia del dibattito sull'ora di religione Italia e Santa Sede, rischio di crisi «Chi vuol capovolgere la situazione deve rendersi responsabile di fronte al popolo italiano» - «Non c'è stata coerenza nelle scelte politiche» ROMA — Sull'ora di religione può saltare il Concordato. Alla vigilia del dibattito parlamentare dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull'insegnamento religioso, l'allarme viene dal cardinale Ugo Poletti, capo dei vescovi italiani e vicario del Papa. Negli uffici della Conferenza episcopale italiana, in via della Circonvallazione Aurelia, c'è tensione; si teme che martedì alla Camera possa prendere corpo quella «maggioranza anticoncordataria» che s'è già coagulata occasionalmente in altri dibàttiti sugli stessi problemi. Póletti, il vescovo segretario generale della Cei Camillo Ruini e il responsabile della commissione paritetica che d'intesa con il governo italiano presiede all'applicazione del Concordato, monsignor Attilio Nicora, in un'intervista «a più voci» alla Slampa spiegano la «sorpresa» dell'episcopato per la «mancanza di coerenza» dei partiti italiani (prima largamente favorevoli al Concordato e ora incerti sul possibile «capovolgimento della situazione») e confermano che la gerarchia della Chiesa attende «con animo perplesso» le decisioni del Parlamento. «Se il Parlamento mettesse in crisi le scelte concordatarie, le conseguenze sarebbero gravi — sottolinea il cardinale Poletti —: chi vuol capovolgere la situazione deve rendersi responsabile davanti all'opinione del popolo italiano». — Eminenza, lei è il vicario del Papa a Roma, il presidente della Conferenza episcopale, l'interlocutore del governo italiano per l'attuazione del Concordato. A cinque anni dalla firma del trattato, a quattro dalla sua entrata in vigore e alla vigilia del nuovo dibattito parlamentare sull'ora di religione a scuola previsto per martedì prossimo alla Camera, qual è il suo giudizio sullo stato di applicazione degli accordi? «C'è un certo numero di problemi risolti, primo fra tutti quello delle nuove norme per il sostentamento del clero, e altri aperti o in via di risoluzione. Fra questi, l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche regolato dall'articolo 9 del Concordato. Con nostra sorpresa, questo problema sta creando nuove difficoltà. — Quali erano i punti qualificanti dell'accordo e quali le divergenze insorte? «H nuovo Concordato ha messo da parte l'affermazione di quello precedente che riconosceva la religione cattolica come religione di Stato. Tuttavia, partendo dalla realtà storica, culturale ed esistenziale, lo Stato ha sentito di dover farsi carico dei rapporti fra il popolo italiano e la Chiesa cattolica in Italia. Con l'applicazione dell'arti¬ colo 9 del Concordato attraverso un'intesa fra la Cei e il governo italiano s'è tradotto in norme concrete quanto il testo concordatario riconosceva ai cittadini italiani come diritto. Il diritto di scegliere se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica, riconoscendolo come materia del programma globale di studi scolastici e nel quadro orario normale delle lezioni». — A questo punto è nato il problema che si trascina da due anni: perché i partiti laici sostengono che chi non sceglie l'insegnamento religioso dev'essere lìbero di uscire da scuola, democristiani e socialisti in modi diversi vorrebbero integrare nell'orario scolastico sia l'ora di religione, sia quella «alternativa», e il ministro del¬ l'Istruzione non riesce a trovare un compromesso buono per tuttL «Purtroppo s'è aperto un contenzioso originato da valutazioni diverse, comprese quelle di altre confessioni religiose esistenti in Italia, e sono nate difficoltà giuridiche e costituzionali. L'aspetto costituzionale del problema è stato risolto con la recente sentenza della Consulta dell'11 aprile, che riconosce la costituzionalità dell'insegnamento della religione cattolica, lasciando sempre al ministro competente il dovere di provvedere per quegli studenti che non hanno esercitato questo diritto». — Restano appunto gli ostacoli politici, che lei definisce «giuridici». «Le difficoltà che vengono sollevate riguardavano e ri¬ guardano le modalità dell'attuazione concordataria, la collocazione dell'insegnamento nel programma e nell'orario scolastico, lo stato giuridico degli insegnanti. Queste difficoltà hanno assunto, anche a livello parlamentare, un riflesso politico». — E ciò ha determinato già in altre occasioni dure prese di posizione da parte dell'episcopato. Ma oggi, davanti a un problema che si ripropone senza nuove soluzioni, qual è la vostra reazione? «Istintivamente, di sorpresa. Con animo perplesso osserviamo: la gran parte del popolo italiano, attraverso genitori e studenti, in una percentuale di oltre il novanta per cento, ha scelto di avvalersi del diritto all'insegnamento religioso. Di fatto que¬ sta scelta non è tenuta nel giusto conto da alcuni partiti, che a nostro modo di vedere vorrebbero decidere in modo difforme dalla volontà della massima parte del popolo italiano». — Eminenza, la novità del dibattito è data dalla recente scelta laica del pei. Se i comunisti si spostano, si profila l'eventualità di una maggioranza anticoncordataria in Parlamento, sia pure sul punto specifico dell'ora di religione. Avete messo in conto questa possibilità? «La riflessione spontanea che scaturisce riguarda la mancanza di coerenza a livello di scelte politiche. Quando il Concordato fu presentato al Parlamento ottenne una larga maggioranza. Adesso non riusciamo a capire per quale ragione questa mag¬ gioranza si sia indebolita e rischi di dar vita a una coalizione anticoncordataria. Perché? Cos'è cambiato nello Stato e nel popolo italiano? La storia e la situazione attuale si sono forse capovolte? Se il Parlamento mettesse in crisi l'oggettività delle scelte concordatarie, le conseguenze sul piano costituzionale sarebbero gravi, perché verrebbe compromesso il patto sancito fra lo Stato italiano e la Santa Sede». — Ma a suo giudizio si sta facendo tutto il necessario per fronteggiare il rischio di una rottura fra Italia e Santa Sede? «Come parte interessata, non intendiamo e non abbiamo titolo per formulare giudizi di responsabilità. Questi emergono dalla situazione e i cittadini stessi possono valutare. Possiamo rilevare che ci sono state certamente inadempienze da cui sono scaturite discussioni, polemiche, interpretazioni in sedi politiche e parlamentari che rischiano di capovolgere la situazione. Chi vuol capovolgere la situazione deve rendersi responsabile davanti all'opinione del popolo italiano». Qui il discorso sull'ora di religione si chiude, n cardinale Poletti tiene a sottolineare che se l'ora di religione è una questione aperta, che preoccupa i vescovi, altri punti del Concordato hanno avuto un più facile iter di attuazione. Come spiega monsignor Attilio Nicora, incaricato dalla Cei di seguire il processo attuativo d'intesa col gover- no italiano, è risolto il nodo delle festività religiose riconosciute civilmente, -l'unico che non ha trovato intoppi, perché, grazie a a Dio, sulle vacanze è facile mettersi d'accordo». E sono in via di risoluzione i problemi del riconoscimento civile dei titoli rilasciati da facoltà universitarie ecclesiastiche (articolo 10), della rldefinizione dell'assistenza spirituale assicurata dai cappellani ai cattolici presenti in ospedali, carceri, caserme (articolo 11), della conservazione e della valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici (articolo 12). Su questi, lavora dal febbraio '87 la commissione paritetica italo-vaticana. Lavora come può: «Subendo — sottolinea Nicora—l'inevitabile condizionamento delle vicende governative. La commissione è composta da una delegazione del Vaticano, che è certamente un'istituzione stabile, e una delegazione italiana, che risponde a un governo. E dalla firma del Concordato a oggi ci sono stati: la fine del governo Craxi, il governo Fanfani e i governi Goria e De Mita». Infine, ricorda il vescovo segretario generale della Cei, monsignor Camillo Ruini, c'è un problema importante, già risolto in termini giuridici, e che proprio in questi giorni sta cominciando ad affrontare la sua verifica pratica. E' il nuovo sistema di sostentamento del clero affidato direttamente ai cittadini, che possono contribuire con versamenti fino a due milioni de traibili dalla denun-ia dei redditi (Irpef) o destinando [ alla Chiesa l'otto per mille delle loro imposte. «Lo Stato ha fatto quanto era necessario, il Parlamento ha approvato una legge. Noi ci attendiamo che i cittadini utilizzino gli strumenti che ora hanno a disposizione», soggiunge Ruini. «Stavolta la nostra attesa è fiduciosa», conclude il cardinale Poletti. Marcello Sorgi
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