Solzenicyn mi ha sacrificata di Emanuele Novazio

Solzenicyn mi ha sacrificata INTERVISTA CON NATALIA RESHETOVSKAIA, LA PRIMA MOGLIE Solzenicyn mi ha sacrificata A settantanni, sola, ha appena scritto a Gorbaciov per «far smettere le calunnie» contro lo scrittore - Dice di amarlo ancora: «La mia vita con Alexandr continua» • Ma lo accusa di averla abbandonata non solo per l'amore di un'altra ma per la gloria - «Fui io a sorreggerlo mentre era nel Gulag» • «Lui scrìve quel che gli serve, ma è falso ch'io l'abbia compromesso con la polizia» • «Non vorrei morire senza rivederlo» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Lo difende e Io accusa, dice di volergli ancora bene ma gli rimprovera di averla «sacrificata* per inseguire il suo destino e la gloria. Nega di averlo incontrato, quell'ultima volta alla stazione, per obbedire alla polizia segreta, ma gli rimprovera di avere distorto nel libri la sua figura, il ricordo che Natalia Reshetovskaia ha di suo marito Alexandr Solzenicyn e dei trent'anni vissuti insieme con lui, fino alla separazione e poi al divorzio del '72, è tutto questo e altro ancora, rancore e amore. Natalia Reshetovskaia ha settanfanri, è in pensione dall'Università dove ha insegnato, dice di vivere attorno al nome e alla figura di quel grande controverso, ha appena scritto a Gorbaciov per chiedergli di •far smettere le calunnie intorno a lui*. Natalia Reshetovskaia ha vinto il cancro, ma gli occhi non vedono quasi nulla ormai, e per spostarsi fra il pianoforte e i mobili della stanza buona ha bisogno di toccare ogni cosa, a ogni passo. — Lei sposò Solzenicyn nel '40. Avete vissuto a lungo insieme. Cos'è accaduto poi? •Sono state circostanze fatali a separarci. Le circostanze sono state più forti di noi*. — Come andò? •Si sono sovrapposti il Premio Nobel e la nascita del figlio che lui aspettava da un'altra. Noi non abbiamo avuto figli, Alexandr Isaevich non sospettava di avere sentimenti paterni nascosti, ripeteva sempre che persone come lui potevano avere soltanto figli spirituali, diceva che la tragedia di Tolstoj, il conflitto con la moglie, la fuga da casa, erano dovuti ai figli. Ma quando gli capitò sorse un dilemma: se avesse lasciato il Paese c'era il rischio che non potesse più tornare e avrebbe perduto suo figlio. Dove va scegliere chi sacrificare: il figlio e la madre del bambino, che gli era diventata cara, oppure la donna che gli aveva salvato la vita mentre era nei campi e con la quale aveva vissuto per trent'anni — Solzenicyn l'accusa di averlo tradito quasi nel momento decisivo per lui, la pubblicazione in Occidente di Arcipelago Gulag. •Alexander Isaevich scrive che bisogna vivere senza mentire, ma credo che negli episodi autobiografici dei suoi libri abbia una certa in- fluenza l'immaginazione artistica. Forse è inevitabile, quando si è uno scrittore. Per questo ci sono varie improprietà nella Quercia e i! Vitello, e ih Arcipelago Gulag, un 'opera che pure considero grande, ci sono alcune cose che gli rimprovero». — Per esempio? •Per esempio scritie di essere sopravvissuto nei campi grazie alla matematica. Intendeva il suo trasferimento nel lager "Sharanskha" dove lavoravano degli studiosi, le condizioni di vita erano più facili e si mangiava abbastanza bene. In quei quattro anni non ha avuto bisogno della mia assistenza, ma negli altri quattro sono stata io a sorreggerlo. Quando era in un campo di Mosca e preparavo il dottorato all'università, gli portavo dei pacchi due volte la settimana. Erano tempi difficili, tra l'autunno del '45 e l'estate del '46. Per altri tre anni ho continuato a mandargli dei pacchi, in modo indiretto perché allora lavoravo a Riazan e per ottenere un posto avevo nascosto che mio marito era prigioniero politico. La verità è che sono sempre stata una sua fedele alleata e l'ho sempre difeso, anche nei tempi più difficili. Lo difendo anche oggi, anche se non ne ha più bisogno. Ma l'ho difeso soprattutto quando gli altri non volevano rischiare».' - *• - • ' — Perché, allora, una rottura cosi definitiva? •Per un po' non sono riuscita a capire perché ha distorto la mia immagine. Forse una certa influenza l'ha avuta il libro di memorie che preparavo, può darsi che temesse di essere denigrato. Chi ha letto quel libro capisce, nonostante i tagli e le manipolazioni, che non ho mai smesso di amarlo, e che la sua immagine non è certo quella della propaganda ufficiale. Credo lo abbia fatto per alleggerire il tormento della sua coscienza. Diceva: "Credo nelle cose in cui voglio credere". Aveva bisogno di distorcere la mia immagine e di credere che era un'immagine vera». — Quando vi incontraste per l'ultima volta? •Nel settembre del '73, alla stazione Kazanski. Solzenicyn descrive quell'incontro ma si inventa molte cose. Scrive che gli ho chiesto "a nome dello Stato" di bloccare la pubblicazione in Occidente di Arcipelago Gulag tri cambio della pubblicazione in Urss di Divisione cancro. Non è vero, è stata una mia iniziativa personale: avevo dei contatti all'agenzia Novosti e cercavo di fermarlo perché capivo che la pubblicazione di Arcipelago Gulag avrebbe provocalo delle sanzioni serie nei suoi confronti. Capivo che se l'avesse fatto avremmo potuto non vederci più». — Solzenicyn scrive anche che lei lo ha compromesso fornendo alla polizia alcune sue lettere perché confrontassero la calligrafia. •Lui scrive quel che gli serve, tutto questo è falso: perché non dev'essere possibile polemizzare apertamente con Solzenicyn? Ho resistito alla nostra trage dia perdendo la salute, ma sono felice di essere vissuta fino al momento in cui è possibile far sentire la mia vo ce. E gli rimprovero la soli tudine in cui sono piombata dopo la nostra separazione. Dicevo sempre: i nemici di mio marito sono anche miei, e ho perso molti amici per questo. Ma in un momento difficile e cruciale della sua vita hanno cercato di convincerlo che ero un peso inutile per lui, che gli impedivo di soddisfare la vita alla quale era destinato. Mi ha sacrificato». — Come mai la polizia non le ha mai dato noie? •Ho avuto a che fare col KGB una sola volta, nell'agosto del 73, quando trovarono il manoscritto dell'Arcipelago in casa di un amico p di una delle ragazze che lo battevano a macchina, a Leningrado. Ero a Riazan, mi portarono in un albergo, mi accusarono di avere la versione definitiva del libro. Risposi di cercarla pure, dissi che non mi importava più di niente perché avevo perso tutto. Ma dissi anche che Alexandr Isaevich non pretendeva di raccontare una verità assoluta, perché la sua era una "analisi artistica" come diceva il sottotitolo. Cercavo di ridurre la sua "colpa", ma non mi è riuscito. Tutto qui, invece lui mi accusa di avere avuto contatti con il KGB. Non è facile vivere così, ma la mia coscienza è pulita». — Condivide le sue idee politiche? •Alexandr Isaevich diceva sempre che la moglie deve confortare e non frenare (c'è consonanza in russo: podder'zivat e uder'zivat;. Quando ci siamo incontrati mi ha chiesto se potevo essere una donna molto dolce. Come nel racconto di Cekov, Duscechka, dove la donna si scioglie completamente nell'uomo che ama e poi in suo figlio. Non ho esitato un istante, gli ho subito detto di si». — Pensa che abbia fatto bene a lasciare I'Urss? Non l'ha fatto di sua volontà. A differenza di molti altri ha sempre combattuto, fino all'ultimo. Ha scritto tante lettere ai capi del Paese, in cui ha anticipato molti dei cambiamenti di oggi. E' stata la prima persona a dire che ci aspettava una luce chiara, un'alba. Molti gli chiedevano: "Dove vede quella luce?", e lui rispondeva: "In ginocchio, ma ci trasciniamo verso la luce"». — Crede che tornerà in Urss? •La sua posizione è sempre la stessa: prima le opere, poi lui». — Ha ancora contatti con Solzenicyn? •Da quando è partito ho ricevuto una sola letterascriveva della sua colpa nei miei confronti, diceva che l'avrebbe conservata fino alla morte. Gli ho scrìtto spesso, ma non mi ha mai risposto. Credo che la spiegazione sia psicologica: è stato difficile per lui separarsi da me, ci sono state le mie lacrime, ci sono state le sue. Credo gli sia difficile vivere con questo senso di colpa». — Vorrebbe incontrarlo? •Non vorrei morire sema rivederlo, ma credo che se mai accadesse sarebbe il nostro ultimo incontro». — Crede che Solzenicyn debba essere riabilitato? •Non ne ha bisogno. Ma devono riammetterlo nell'Unione scrittori, se non sarà sciolta, e restituirgli la cittadinanza sovietica. Toccherà a lui decidere che cosa farne*. — Che cosa prova per lui, oggi? •Quello che provavo quando eravamo separati dalla guerra e poi dal filo spinato, e quando eravamo insieme, quando la fama ancora non era arrivata e lui scriveva sema che nessuno dovesse saperlo. La mia vita con Alexandr Isaevich continua, è stato lui a interromperla, non io». Emanuele Novazio Alexandr Solzenicyn con Natalia Reshetovskaia: «Mi chiese se potevo essere una donna molto dolce: gli dissi subito di si»

Luoghi citati: Leningrado, Mosca, Urss