Se Kohl

Bisogna amare il disordine? Persone di Lietta Tornabuoni Bisogna amare il disordine? II disordine c adesso, nella vita quotidiana, un fantasma ansiogeno sempre presente. Si manifesta in sgomenti («qua orinili non si capisce piti niente»); nella sensazione smarrita eli non avere più alcun punto di riferimento né regola né valore sicuro: nella mania di «fare ordine» tra le cose della casa e del lavoro o nella propria persona fisica, come per esorcizzare e domare la confusione interiore: nell'atteggiamento ostile verso ogni innovazione, in quel misoneismo che porta a considerare persone e idee nuove con fastidio, come un'intrusione e invasione indebita: nella moda nostalgica di tutto ciò (arredi, vestiti, stili, film) che imiti e faccia rivivere e conservi il passato. Nell'analisi sociale, si sa. il disordine è la modernità: prodotto del movimento e dell'incertezza. Naturalmente infiniti studiosi se ne sono già occupati, e un altro libro francese interessante se ne occupa: Le désordre, pubblicato in Francia da Fayard. scritto da Georges Balandier. un sociologo e antropologo docente universitario alla Sorbona. L'autore esamina nella prima parte la antagonistica accoppiata ordine-disordine nel mito, nella scienza, nel sapere sociale; nella seconda parte esplora le specie attuali del disordine c le reazioni all'irruzione del disordine (risposta politica totalitaria, risposta individuale religiosa, risposta pragmatica). E in conclusione fa V'elogio del movimento», ricordando che un tempo le civiltà c le culture generalmente intese venivano fatte rientrare in due tipi: apollinee (da Apollo, il dio greco della luce c della bellezza, ispiratore della poesia e del pensiero filosofico), che privilegiavano l'ordine, la misura c l'armonia, che consideravano variazioni e cambiamenti come il mule, la catastrofe; c culture, civiltà dioni- siache (da Dioniso, dio greco dell'ebrezza, della vegetazione e della continuità tra vita e morte), che privilegiavano la fecondità del disordine, l'eccesso, l'effervescenza, che consideravano vitale il cambiamento e mortuaria la staticità. Oggi, ripete Balandier, questa ripartizione non esiste più. Nella modernità, ogni cultura c ogni società è mobile, complessa, contraddittoria. Conviene quindi dissipare i timori e sfruttare le paure del cambiamento, gestire il movimento, ammirare il disordine, amarlo. Già: ma in pratica, poi, come difficile, almeno in Italia. Stupidaggine Che stupidaggine: fa impressione vedere Arafat che a Parigi arriva all'Eliseo in una lunga lustra automobile scura da potente, fa impressione l'autista che scatta a aprirgli lo sportello. Che stupidaggine: fa impressione sentire alla radio l'annuncio pubblicitario che fa pubblicità alla pubblicità televisiva («non perdetevi il prossimo spot del bambino del tonno rubato»), in un raddoppio quasi esemplare. Amici amici All'amico (termine anche troppo svergognato dalla mafia e dalla politica), all'amicizia bellissima che è un settimo senso, agli Amici amici, e intitolata e dedicata la nuova raccolta di aforismi e frammenti di Dino Basili, consigliere del presidente della Repubblica per gli Affati Culturali, che Mondadori pubblicherà presto. Il titolo è spiegato in due battute: «Siete veramente amici? Sì. Amici amici', ed è chiosato con sentimento: «"Amici amici". Con toni diversi, può essere un richiamo con o senza esclamativo, un sospiro, una sommessa invocazione». Le citazioni vanno da Elias Canetti ('Ognuno vuole amici potenti. Ma loro ne vogliono di più potenti») a Jules Renard («E' amico chi indovina sempre il momento nel quale abbiamo bisogno di lui'), a Tocqueville («Niente è più egoista d'una vera amicizia-), alla frase finale d'una lettera a un amico di Carlo Michelstacdtcr, suicida a ventitré anni: «Baciati a nome mio nello specchio». Gli aforismi dell'autore suonano a volte scoraggiati: «Che l'aggettivo spesso vacilli è evidente nel "governo amico": lo vorrebbero dimissionario gli slessi deputati della maggioranza»; «Legge di Achille: è sempre implicita l'inferiorità dell'amico»; «Attenzione al lessico dell'amicizia. I nuovi barbari, per esempio, continuano a scambiare l'affetto con l'essere in combutta»; «Anche l'amicizia più robusta si piega alla forza dell'ebetudine». E i giochi verbali poco innocenti destinati a divertire gli amici sono, per esempio: «Puoi scegliere, sono parecchie, le scuole di sovrappensiero», oppure: «Segue con tenacia solidi principi. A ima cena distanza».

Persone citate: Arafat, Balandier, Dino Basili, Elias Canetti, Georges Balandier, Jules Renard, Lietta Tornabuoni, Mondadori, Tocqueville

Luoghi citati: Fayard, Francia, Italia, Parigi