Coro di fischi, la Ricciarelli rinuncia alla Scala

Coro di fischi, la Ricciarelli rinuncia alla Scala Turbolenta prima della «Luisa Miller» di Verdi - Il direttore del teatro: «E' una congiura» Coro di fischi, la Ricciarelli rinuncia alla Scala MILANO — Contestata dal pubblico. Katia Ricciarelli lascia la Scala. Potrebbe essere questa la prima conseguenza dell'infelice «prima» di Luisa Miller, punteggiata da fischi, muggiti, urla, invettive del pubblico. Martedì sera, appena il sipario si è chiuso, il soprano ha detto: «Sono indignata, mi rifiuto di presentarmi ancora una volta su questo palcoscenico». Salvo imprevisti ripensamenti, fin dalla recita di domani, Katia Ricciarelli sarà sostituita dalla soprano statunitense Kallen Esperian, vincitrice del concorso Pavarotti nel 1985 e più volte impegnata nel ruolo di Mimi, in Bohème, a fianco del celebre tenore nelle tournée in Cina e in Germania. L'anno prossimo, Kallen canterà nella seconda compagnia approntata per / vespri siciliani, di Verdi, opera scelta per l'inaugurazione della stagione. Dal teatro milanese Katia Ricciarelli mancava dal settembre '85; l'ultimo impegno fu il Viaggio a Reims di Rossini diretto da Claudio Abbado. L'artista, per il rientro, si era preparata con scrupolo, ma non avrebbe mai potuto prevedere che in sala erano già ad attenderla con i fischietti non pochi di coloro che hanno poi contestato duramente la sua interpretazione. I primi «buuu!» sono cosi piovuti appena Katia Ricciarelli è entrata in scena: quando ancora non aveva aperto bocca. La contestazione dei loggionisti ha inevitabilmente coinvolto il pubblico della platea e dei palchi. «Uno stadio», «un mercato», «una stalla-: le definizioni sono di altri appassionati di lirica, ai quali l'opera non è piaciuta, ma che non avrebbero mai espresso in modo volgare il loro dissenso. Il pubblico era per la stragrande maggioranza composto di abbonati del turno A. cioè di quegli spettatori che, tanto tempo fa. venivano considerati così riservati da rifuggire persino dalla serata di Sant'Ambrogio. Gruppi di scalmanati, magari al soldo, pronti a sfruttare le rivalità fra cantanti, hanno cosi inscenato la loro protesta. Congiura o partito preso, quello contro Katia? Alcuni appassionati di lirica escludono però entrambe le ipotesi: «Alla Scala queste cose succedono. Basti pensare che sono stati fischiati persino Callas e Di Stefano, e non dimentichiamo la guerra che dovette sopportarsi Renata Tebaldi». •Al di là di qualsiasi valutazione sullo spettacolo, che ognuno è evidentemente libero di fare — dice il direttore artistico Cesare Mazzonis — c'è il problema storico dell'ineducazione, della violenza di una parte di pubblico. Mi chiedo come un artista riesca ad affrontare parti ardue con la sensazione chiara, netta, di essere su una corda tesa e che tutti aspettano che precipiti. Non è civile né umano, né tantomeno musicale o artistico: è semplice¬ mente un divertimento sadico-. Un altro fortemente contestato, è stato il direttore d'orchestra Zoltan Pesko. «reo-, secondo •. contestatori, di aver rallentato i tempi musicali. -Tempo, maestro.'-, gli hanno infatti urlato all'inizio del terzo atto, accogliendolo con una salva di fischi. E' l'appunto che gli ha mosso pure Marcella Pobbe, che ha assistito allo spettacolo, qualificandolo di «grigio piattume». Altri però ricordano che tempi lenti erano stati richiesti al direttore proprio da qualche interprete, durante le prove, e Pesko non aveva potuto non adeguarsi. Disapprovazione più o meno rumorosa anche per la regia di Antonello Madau Diaz, ritenuta banale, -troppo povera, sciatta, per un teatro come la Scala». Ma forse il bersaglio più autentico voleva essere proprio questo: il Teatro alla Scala. Se così fosse, quei fischi in¬ tendevano non tanto bocciare determinati cantanti, quanto protestare contro una conduzione. -Provincia! provincia! vergogna!», si sentiva gridare mentre l'esecuzione di Luisa Miller era in corso. Il commento di Mazzonis è: -Sarebbe bene che il pubblico chiarisse cosa vuole dal nostro ente. Un teatro festival, fatto praticamente di sole eccezioni, oppure uno che produca di più, avvicinandosi leggermente al teatro di repertorio?». •Si scatena infatti lo scontento — continua il direttore artistico — quando la Scala per aumentare il numero di recite di opere popolari rinuncia ad esecuzioni da antologia, a spettacoli che abbisognano di un numero alto di prove e dell'eccezionalità su tutti i piani. Così, realizzazioni che "passerebbero" bene in tanti teatri seri, nel nostro diventano occasione di bagarre». Ornella Rota

Luoghi citati: Cina, Germania, Milano