L'America gusta il Piemonte di Sandro Doglio

L'America gusta il Piemonte L'America gusta il Piemonte Sessantadue proprietari dei più grandi ristoranti italiani d'America, accompagnati da una dozzina di giornalisti della stampa specializzata statunitense e canadese, sono rimasti una settimana In Piemonte per scoprire prodotti, vini e piatti della nostra cucina regionale. Le cronache ne hanno già dato notizia, ma può essere interessante una piccola indagine fra gli ospiti — venuti qui grazie al contributo della Regione, con l'organizzazione della Associazione Cuochi Torinesi — per scoprire che cosa ha impressionato di più, e favorevolmente, gli ospiti americani. I menù erano stati studiati in modo da dare esclusivamente piatti di stagione e della tradizione; i cuochi erano stati scelti tra i massimi del Piemonte; i vini avevano le migliori etichette in assoluto. Prima di tutto, la sorpresa è stata generale: tutti, assolutamente, sono stati concordi nel dire che non credevano che questa regione potesse offrire una simile varietà e ricchezza di piatti (figuriamoci fossero venuti in autunno, con fonduta e tartufi, bagna caoda e oche, cisrà e dolci di castagne...). II riso (usato come minestra, non soltanto come contorno: i risotti, \apanisa e la panisela; Giuliana Grossi della Torre di Casale Monferrato è riuscita a metterlo persino negli antipasti e nel dolce) è stata la prima grande rivelazione. Poi il Gorgonzola (nei suoi possibili tanti impieghi in cucina, inventati da Claudio Zuin del Macallé di Momo), e naturalmente gli altri nostri grandi e spesso sconosciuti formaggi: Castelmagno, Rascherà, Bra, Murazzano, ricotta. Dei pesci no¬ strani, sui laghi hanno gustato le alborelle fritte e una stupenda «tartara di trotapreparata dall'Emiliano di Stresa; ad Asti un meraviglioso filetto di anguilla marinata; in un pranzo allestito alla Cinzano da Carlo Bagatin dei Due Lampioni e da Luigi Caputo della Balbo di Torino, un incredibile storione del Po (esistono, esistono ancora). Sagra di alta gastronomia per le carni: stinco di vitello (preparato a Stresa da Romano Felisl con salsa allo spumante e semi di senape); costolettine di agnello alle erbe della vai Vigezzo, capolavoro di Piero Bertinotti del Pinocchio di Borgomanero; bocconcini dì agnello al tartufo nero (delicatamente preparati fra cento altre golosità da Armando Zanetti della Vecchia Lanterna di Torino), faraona alle erbe; il classico e intramontabile brasato al Barolo al Belvedere di La Morra; un filetto di «fassone» in agrodolce preparato al Museo Martini da Mary Barale del Rododendro di Boves; un capretto di Langa al forno cotto da Lidia Alciati e servito da Guido alla locanda Gancia; e una trionfale coscia di daino preparata da Libralon all'Antica Zecca di Caselle. Sono stati una scoperta i piatti nostri più caratteristici: la straordinaria finanziera, per esempio, che è stata servita da Giuseppina e Piero Fassi al Gener Neuv di Asti, o la tofeja o — grandissimi — i tajarin di Gian Bovio, gli agnolotti, il vitello tonnato. E poi i morbidi salami della (loia, il paté di fegato di anatra muta, l'uovo in pasta tartufato; il bianco di piccione aromatizzato; le crépes alle erbe; il peperone giallo ripieno al forno. Sandro Doglio