La tecnologia riscopre il Barocco

La tecnologia riscopre il Barocco Centoventi spazi sacri in Piemonte nello studio di Prola e Jano La tecnologia riscopre il Barocco LO studio e l'indagine sull'architettura del Barocco in Piemonte fra '600 e '700, sotto i principati di Carlo Emanuele II, Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele HI, e la sua caratterizzazione come una delle aree creative europee fondamentali, contano una vasta e valida serie di contributi primariamente centrata sui capolavori dei grandi, da Guarini a Juvarra a Vittone. Lo stupendo volume edito da Alinari e dedicato a 120 Spazi Sacri della provincia piemontese (Torino è presente con due esempi «minori», nel '600 l'anonima Madonna del Pilone, nel '700 S. Pelagio del Nicolis di Robilant) è una nuova e fondamentale tappa, non solo per l'approfondimento del discorso sul «tessuto» tipologicamente ricchissimo e variegato che supporta e giustifica i vertici di quei grandi, ma anche per originalità di metodi e di risultati nel rapporto fra ricerca, testo e immagine. n libro nasce dall'intima collaborazione fra Domenico Prola, Soprintendente della Regione Valle d'Aosta, e il fotografo e tecnico di apparati fotografici Giorgio Jano. Nello studio e documentazione dello spazio architettonico l'immagine fotografica, abbinata a quella grafica di rilevamento, è strumento essenziale e imprescindibile. Ma in questo caso, nei metodi e nei risultati, la collaborazione fra studioso e fotografo è andata al di la. Il testo del Prola, ricco, densamente argomentato su un raggio culturale assai vasto (in felice equilibrio con l'asciuttezza e l'essenzialità delle schede! si apre e si chiude con citazioni pregnanti da Heidegger sul «tempio», che «apre un mondo e lo riconduce, nello slesso tempo, alla terra», e sull'«abitare... questo misurare, disporre la dimensione guardando verso l'alto: nella dimensione il cielo e la terra hanno parimenti il loro posto». Questa idea ha accompagnato, vitalizzato per • anni gli infiniti percorsi attraverso pianure, colline, valli alla ricerca e registrazione di documenti sempre vitali della grande stagione barocca piemontese. Non a caso. Prola cita la Relazione di Piamonte di Giovanni Boterò del 1607, al momento del decollo italiano ed europeo dopo la rinascita con Emanuele Filiberto: essere il Ducato «una città di trecento miglia di giro». Una citta-territorio con il suo manto sempre più diffuso di «spazi sacri» barocchi. Per far sentire l'essenza sempre nuova della loro spazialità, rifiutando ogni appiattimento di normalizzazione ottica. Prola e Jano hanno recuperato dal primo '900 l'ottica Hypergon. il massimo grandangolo fino quasi a 140 gradi. Marco Rosei

Luoghi citati: Piemonte, Torino, Valle D'aosta