Caro Rossellini, so dire solo «ti amo» di Gianni Rondolino

Caro Rossellini, so dire solo «ti amo» Anteprima — Il maestro del neorealismo nella biografia di Gianni Rondolino: l'incontro con Ingrid Bergman Caro Rossellini, so dire solo «ti amo» La prima biografìa critica di Roberto Rossellini sta per uscire dalla Utet, nella collana «La vita sociale della nuova Italia». L'ha scritta Gianni Rondolino, già autore presso la stessa casa editrice di una grande «Storia del cinema» in tre volumi. «Roberto Rossellini» (XII - 428 pagine, 50 illustrazioni morì testo, 48.000 lire) sarà nelle librerie dal primi giorni di maggio. Il libro ripercorre la vita e la carriera artistica del regista, maestro del neorealismo, dai primi documentari ai grandi film del dopoguerra, dall'esperienza indiana ai contatti col cinema televisivo. Per concessione dell'editore, pubblichiamo in anteprima le pagine sull'incontro tra Rossellini e Ingrid Bergman. ALLA fine di febbraio del 1949 Roberto Rossellini, che era andato a New York un mese prima per ritirare il premio della critica newyorkese conferito a Paisà come «miglior film straniero», tornava a Roma. , Questo viaggio americano fu il punto d'arrivo, la conclusione, d'una storia che'era iniziata parecchi mesi prima, nel maggio del 1948, quand'egli aveva appena finito di girare // miracolo sulla costa amalfitana: una storia, che si ammantò ben presto dei colori della leggenda, quasi del mito, Perché da questa storia, da questa avventura americana, non soltanto nacque l'amore con Ingrid Bergman, e poi il matrimonio, la nuova famiglia, nuove abitudini di vita, ma anche quello che venne definito il nuovo corso del cinema rosselliniano. Sappiamo che, a ben guardare, già a partire da Germania anno zero c prima ancora da Una voce umana, Rossellini aveva modificato in maniera alquanto sensibile il proprio stile di ripresa, o meglio aveva approfondito e sviluppato, sino alle estreme conseguenze, taluni caratteri del suo stile precedente. E poi con La macchina ammazzacattivi si era in larga misura affrancato dai condizionamenti dello spettacolo, di una storia drammaturgicamente costruita, di un soggetto sufficientemente articolato e conseguente. Ma fu con i film che egli realizzò con Ingrid Bergman, a partire da Stromboli, che il suo modo di ;ar cinema imboccò una strada senza ritomo, contro ogni convenzione drammaturgica, alienandosi ancor più i già scarsi favori della critica e del pubblico. Non solo, ma l'incontro con la Bergman, e le conseguenze del loro amore, provocò una tale reazione da parte dell'opinione pubblica americana, ma anche italiana ed europea, che la coppia divenne il centro sia del pettegolezzo intemazionale, sia delle accuse più infamanti.-! Come in ogni leggenda, in ogni storia mitologica, tutto cominciò da un piccolo fatto, apparentemente insignificante (almeno cosi tramandano le cronache, e così hanno divulgato i vari biografi di Ingrid Bergman e la stessa attrice): una lettera giunta a Rossellini, fra le alterne vicende, l'8 maggio 1948, giorno del suo quarantesimo compleanno. La lettera diceva: Caro signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, che si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo -ti amo», sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei. Ingrid Bergman. A questa lettera Rossellini rispose con il seguente telegramma: La sua lettera, che ho letto con grande emozione, è arrivata il giorno del mio compleanno, ed è stato il regalo più bello che ho ricevuto. E' da mollo tempo che sognavo di fare un film con lei e, da questo momento, farò tutto il possibile perché il sogno si realizzi. Le scriverò più a lungo per sottoporle le mie idee. Le sono profondamente grato e la prego di accettare, oltre alla mia ammirazione, i miei migliori saluti. Roberto Rossellini, Hotel Excelsior, Roma. Era un modo, tutto rosselliniano, di suscitare simpatia e affetto, di «catturare» il prossimo con lusinghe e promesse, di giocare con i sentimenti, soprattutto quando si trattava di una donna. C'era la coincidenza della data del suo compleanno (certamente artefatta), il suo regalo più bello, il desiderio di lavorare con lei, il sogno da realizzare, l'ammirazione; c'era persino un indirizzo prestigioso, da uomo di mondo, quell'Hotel Excelsior, in cui abitualmente Rossellini abitava quand'era a Roma, nella stanza 515. Ed anche sul gioco di queste coincidenze poteva nascere un nuovo rapporto, e magari un nuovo amore: una sorta di destino, che andava coltivato (come quando, molti anni dopo rivedendo insieme Roma città aperta, Rossellini e la Bergman si accorsero che il nome del personaggio della donna tedesca era Ingrid, e quello del maggiore nazista Bergmann). Qualche tempo dopo Rossellini scrisse la lettera promessa, di ben quattro pagine, in cui, a vero dire, più che raccontarle nei dettagli il soggetto del film da girare, si divulgava sul suo modo di lavorare e su una sua recente esperienza, dalla quale aveva tratto lo spunto per una storia ambientata in un'isola delle Lipari, invitando l'attrice a raggiungerlo in Italia e a studiare insieme il progetto. La lettera esordiva cosi: ^Cara signora Bergman, ho atteso un po' prima di scriverle perché volevo essere sicuro di quello che le avrei proposto. Prima di tutto, però, voglio che lei sappia che il mio modo di lavorare è estremamente personale. Evito qualsiasi sceneggiatura che, a mio parere, limita enormemente il campo d'azione. Ovviamente parto da idee molto precise e da una serie di dialoghi e di situazioni che scelgo e modifico nel corso della lavorazione. A questo punto non posso fare a meno di confessarle che sono molto eccitato all'idea di lavorare con lei. E concludeva: Non so se sono riuscito a esprimere appieno quello che volevo dire. E' molto difficile dar corpo alle idee e alle sensazioni la cui vi-ta è legata ali 'immaginazione. Per raccontare-devo vedere: il cinema racconta con le im¬ magini, ma io sono certo, assolutamente certo, che con il suo aiuto riuscirò a dar vita a un essere umano che, attraverso esperienze diffìcili e amare, riesce a conquistare la pace e a liberarsi da ogni egoismo, raggiungendo cosi l'unica vera felicità che sia stata concessa all'umanità, quella che permette di vivere in modo più semplice e vicino alla creazione. Non era soltanto, questa lettera, una dichiarazione di poetica, ma anche e forse so¬ prattutto una confessione personale, l'esplosione di un atteggiamento etico, di una sorta di professione di fede (che Rossellini aveva già espresso nella maggiore parte dei suoi film precedenti). Non v'è dubbio che il soggiorno amalfitano aveva prodotto i suoi frutti, che la frequentazione della gente di Maiori, i vagabondaggi per quei luoghi, le meditazioni sull'essenza della vita si coniugavano con l'esperienza di Germania anno zero dando origine a una più intensa e autentica visione del mondo all'insegna della semplicità, della genuinità del vivere. Di qui il progetto di un film in cui la protagonista «improvvisamente capisce il valore della verità eterna che regola la vita degli uomini, capisce l'enorme potere di chi non possiede niente, la forza straordinaria che nasce dalla libertà»; di qui probabilmente il progetto di un film su San Francesco, che maturerà l'anno seguente (e già nella lettera alla Bergman, tratteggiando il carattere del personaggio del film, aveva scritto: «[...] diventa una specie di San Francesco»). In quell'estate del 1948 la Bergman era impegnata a Londra nella lavorazione del film di Alfred Hitchcock Under Capricorn (Il peccato di Lady Consìdine), ed era quindi possibile organizzare un incontro con Rossellini, fra Londra e Roma (magari a Parigi, a mezza strada) ; in ogni caso, continuavano i rapporti epistolari fra i due. Alla fine di settembre la Bergman scrive una lettera alla sua amica Ruth Roberts in cui dice: Rossellini mi ha comunicato che il suo film ha un titolo, Terra di Dio. Gli ho risposto che l'idea mi sembrava interessante e gli ho chiesto di vedere la sceneggiatura. Ho voluto anche sapere quanto sarebbe durata la lavorazione e in che lingua avrei parlato. Gli ho detto che forse sarebbe stato meglio incontrarsi per parlarne. Roberto mi ha risposto che era in partenza per Amalfi, ma che sarebbe stato lieto di incontrarmi a Parigi, all'Hotel George V, in qualsiasi data mi fosse apparsa conveniente. Gli ho mandato un telegramma ad Amalfi, per indicargli quando mi sarebbe stato possibile essere a Parigi con mio marito. Pare che questo telegramma, giunto ad Amalfi quando Rossellini era in compagnia di Anna Magnani, provocò una delle abituali scenate di gelosia che accadevano spesso fra i due. Certamente i loro rapporti stavano deteriorandosi in quei mesi, e il viaggio negli Stati Uniti di Roberto accelerò la fine del loro amore. L'incontro fra Rossellini, la Bergman e suo marito Petter Lindstrom, che era anche l'agente dell'attrice, si svolse il mese seguente a Parigi, ma l'accordo produttivo, il progetto cinematografico, i tempi di lavorazione, rimasero nel vago, com'era abitudine di Rossellini. Anche la lettera che il regista mandò alla Bergman ai primi di novembre non chia¬ riva la situazione. Le mando, come promesso — scriveva Rossellini —, una breve traccia della mia storia, anche se mi sembra strano definirla tale. Ho l'abitudine dì lavorare seguendo alcune idee di base sviluppandole poco a poco durante il lavoro, poiché le scene molto spesso mi vengono ispirate direttamente dalla realtà. Non so se le mie parole saranno altrettanto convincenti delle immagini. Le assicuro comunque che, durante questa prima fase del lavoro, ho provato emozioni di un'intensità mai raggiunta in precedenza. Era evidente che la Bergman non aveva ben compreso quanto Rossellini le aveva scritto nella sua prima lettera, né che il metodo rosselliniano le era stato chiarito nel suo incontro col regista a Parigi, e forse non aveva nemmeno ben compreso il carattere stilistico e la novità di Roma città aperta e di Paisà, che pure aveva ammirato moltissimo. Erano due modi diversi di concepire il cine-, ma, da un lato la scuola hollywoodiana, alla quale l'attrice era stata educata, dall'altro il neorealismo di Rossellini, che a quella scuola si opponeva radicalmente. Ma se la Bergman, nella sua intelligenza e sensibilità, e nel suo amore per Roberto, avrebbe capito e accettato quasi subito li nuovo stile, la nuova tecnica di ripresa e, quindi, di recitazione; Hollywood l'industria cinematografica americana, non si sarebbe piegata ai desideri, al voleri, del regista. Nonostante la stima che lo circondava, la calorosa accoglienza che gli venne tributata, le manifestazioni di simpatia, le offerte di collaborazione, i produttori americani rimasero sulle loro posizioni; anzi, lo scontro che ben presto si manifestò fra Rossellini e le grandi case hollywoodiane (in particolare, la rottura fra lui e Samuel Goldwyn), produssero una ferita che non si sarebbe rimarginata. Tornata a Hollywood, la Bergman cominciò a informarsi sulle possibilità concrete di produrre il nuovo film. In quel periodo non sapevo ancora chi avrebbe finanziato il film — ricordò in seguito — né a chi sarebbero stati affidati i vari • compiti, per cui capii che la cosa migliore da fare era quella di discutere ogni cosa con Roberto quando fosse arrivato a Hollywood I...J Quando Roberto arrivò in America nel gennaio del 1949, potè portare con sé pochissimo denaro per via delle restrizioni monetarie italiane. A Hollywood alloggiava al Beverly Hills Hotel, un albergo assai caro; lo invitammo a venire a stare in casa nostra, nell'appartamento per gli ospiti. Questo soggiorno californiano fu all'origine della sua storia d'amore con Ingrid Bergman ed anche della sua impossibile convivenza con le abitudini, le convenzioni, le regole della produzione cinematografica hollywoodiana. Gianni Rondolino Roberto Rossellini e Ingrid Bergman in via Veneto nel I9S1