Torino, come ti creo un campione

Torino, come ti creo un campione Viaggio nel vivaio granata, la più famosa fabbrica di calciatori in Italia Torino, come ti creo un campione I primi calci a 6 anni: «Prendiamo anche chi non potrà mai emergere» dice l'allenatore Vaila - «Un sogno: la Primavera in serie A» E' un profugo dalmata il mago senza segreti di G. P. ORMEZZANO TORINO — Sergio Vatta è dalmata delle Casermette, più torinese di tanti indigeni che non si sono «sgrumati» dal suo difficile, stimolante punto di partenza questa città dura e affascinante, che l'hanno magari visitata, conosciuta, posseduta scendendo dalla collina, o diramandosi dal centro. La Torino di Vatta è stata da Vatta conquistata. Il responsabile del calcio giovane del Toro, quello che vince sempre tutto, dice: -Con le mie origini, la mia infanzia durissima, la mia giovinezza dura in questa città, i miei anni da operaio, non potevo non essere del Toro, non amare il Toro, che è sangue caldo della gente-. E' ormai granata a vita, il suo contratto dice otto anni, lui dice per sempre. "Ho una moglie saggia, che non mi chiede di girare il mondo a fare soldi'. Vatta è riconosciuto dal calcio italiano come il massimo forgiatore nostrano, e chissà se soltanto nostrano, di giocatori. Lui non nega, non può negare, parlano i risultati. Dice però "Bisognerà che si cominci a perdere qualcosa di importante, sennò le vittorie non vengono più apprezzate, da gente abituata troppo bene-. E' anche rispettoso del valore di chi l'ha preceduto, oltre di chi collabora adesso con lui, e fa pure qualche nome del passato: "Carlin Rocca che allevava giovani quarant'anni fa, al tempo del Grande Torino; poi Ussello, Rabitti, gente che ha insegnato il pallone ai ragazzini-. Pretendere di estirpargli un segreto, il segreto, è pretendere che i! segreto — del successo — esista. Per lui, non c'è. •// segreto è il lavoro comune, il sacrificio, la collaborazione, l'attenzione massima all'insieme e ai particolari. Io credo che noi al Torino abbiamo messo su un sistema di lavoro collettivo che funziona. E che va dall'esame precoce del bambino, quando magari ha soltanto sei anni, e pazienza se ci dicono che lo condizioniamo, alla cura attenta del ragazzo, perchè viva in un certo modo, studi anche, e sia anche educato in un certo modo-. Vatta dà l'idea di non credere ai talenti puri, di crede re al lavoro purissimo. Deve essere così, per uno che, da profugo, ha penato per avere un letto vero in una stanza sua: "Ero bambino e alle Ca scrmette sentivo certe mani me dire ai bambini; se non state bravi, domani vi fac damo mangiare dai profu giti'. Parla cosi dei suo: giocatori: "Sono bravi di natura, si capisce, ma questo ?ion vorrebbe dire niente senza fatica, senza serietà. Tanti ne ho visti perdersi, sparire. Io li voglio avere uniti, li voglio vedere, controllare, tenere sotto dialogo continuo. Io so no certo che la squadra Pri mavera del Torino, quella che vince a Viareggio, quella che ha vinto la Coppa Italia e sta dominando il campionato, potrebbe fare, con pochi ritocchi, e comunque di giovani, uno dal Milan, uno dal Napoli o dalla Roma, un ottimo campionato di serie A. A patto che io potessi sempre comandarli, averli uniti nella nostra foresteria'. A Vatta un esperimento così interesserebbe, la tentazione sarebbe decisiva per un suo sì. Ma è maturo il nostro calcio per accoglierlo? "Non so, non mi riguarda. Io parlo dei miei ragazzi e basta, lo garantisco per loro. Li abituo anche alla lealtà: guai se li vedo ricorrere a truecketti, mezzucci. Vatta ha una tesi rivoluzionaria: "Torino, che dicono incapace ormai di produrre calciatori di valore, è in grado da subito di dare trecento, dico trecento calciatori alla serie A. E gente valida: non fuoriclasse, che' il talento è una cosa naturale, non inventabile, però giocatori veri, forti. Ma bisogna che su di essi si lavori con un certo criterio, e che questo criterio venga mantenuto anche quando diventano famosi. Invece Torino produce pochi calciatori, e intanto anche pochi cestisti, pochi pollavo- listi, pochi rugbisti, e tutti incompleti, inespressi'. Pensandolo in A lo si deve vedere dunque con i suoi ventenni, o anche meno, serrati in una vita da college. "Però niente di stressante, per carità. Lavoro con il dottor Prunelli, uno psicologo di grande valore, che sa studiare, capire, spiegare i ragazzi». Vatta e Prunelli e Trucchi dell'Isef e altri collaboratori sono le anime dell'operazione «primi calci» del Torino: seicento bimbi, sui sei-sette anni, l'altro giorno sono stati raggruppati al Filadelfia, presi in consegna dagli istruttori, esaminati dallo psicologo. Dice Vatta: "Non cerchiamo, come ha detto qualcuno accusandoci di preselezioni impietose, soltanto futuri talenti, condizionando i bambini. Cerchiamo di insegnare sport e vita ai pupi. Prendiamo anche i miopi, gli obesi. Seguiamo anche quelli che chiaramente hanno tendenze per altre discipline'. Dice Prunelli: "Insegniamo che l'onestà è ancora un ottimo affare, chi si comporta bene finisce per essere il più bravo, per ottenere i migliori risultati. Perchè è proprio COSÌ'. Sono parole normali per loro, strane — pensiamo, temiamo — per tanto mondo del nostro sport. Evviva loro, peggio per questo mondo. Roberto Cravero, uno dei tanti campioni usciti dal vivaio

Luoghi citati: Filadelfia, Italia, Torino, Viareggio