Trasporti nel caos fino a maggio Poi arriva lo sciopero generale

Genova, sulla vertenza porto ora scopia la polemica pci-psi Il comunista Bassolino accusa di ambiguità la Cgil Genova, sulla vertenza porto ora scopia la polemica pci-psi Replica il socialista Intini: dando ragione ai camalli, si blocca lo sviluppo della città GENOVA — I camalli tornano stamane al lavoro in porto, ma si atterranno scrupolosamente ai regolamenti, quasi uno «sciopero bianco» sulle banchine. Oltre alla tensione sindacale, ormai il caso Genova è diventato politico, aprendo divisioni a sinistra. Dopo la rottura tra il console Batini e la Cgil, che aveva accusato i portuali di voler «salire e scendere dal sindacato come da un taxi», è nata una nuova polemica tra pei e psi. Protagonisti il comunista Antonio Bassolino, che in una intervista all'Unità di ieri ha consigliato i camalli di trattare direttamente con il Consorzio e ha parlato di «ambiguità» della Cgil, e il socialista Ugo Intini, che invece se la prende con •la marcia indietro del pei». Secondo il portavoce di via del Corso «la vera ambiguità è proprio quella del pei», perché «ancora una volta il gruppo dirìgente nel pei frena il sindacalo proprio mentre cerca di abbandonare po¬ sizioni conservatrici». Continua Intuii: «Il conservatorismo comunista ha tutelato a Genova e nei porti italiani, per anni, situazioni di monopolio e di non competitività, che sono costate al Paese migliaia di miliardi». Secondo il leader psi, «ti caso del porto di Genova è un caso emblematico di enorme importanza nazionale». Intini quindi invita «quanti nel pei puntano al rinnovamento» a valutare le pressioni dei «conservatori contro la linea riformista della Cgil». L'intervista di Bassolino, un ingraiano ora entrato nella segreteria di Occhetto, dà spazio ai camalli soprattuto quando propone «una trattativa diretta Compagnia-Consorzio- (come titolava l'Unità di ieri) e soprattuto nel punto in cui dice che «ambigua è stata anche la Cgil». Bisogna ora valutare quanto peseranno questi contrasti «romani» sulla vertenza. Certo, a Genova la frattura è clamorosa: i portuali sono sempre stati un grande serbatoio per la maggiore confederazione sindacale e per il pei. Dagli anni della fraternità si è passati addirittura agli insulti: il console Paride Batini, leader della Compagnia unica merci varie (Culmv, 2136 dipendenti), si è spinto molto in avanti, insultando Bruno Trentin, come un dirigente «forse troppo invecchiato» e che, «avendo aspettato tanto tempo a sostituire Pizzinato, forse avrebbe dovuto aspettare ancora un po'». Un trauma per molti, soprattutto per Danilo Oliva, segretario regionale della Cgil, centinaia di ore passate al tavolo delle inutili trattative, che si è dimesso. La sua dichiarazione, «me resto sempre accanto ai camalli», è molto deamicisiana ma non troppo credibile. Su Danilo Oliva e l'intera Cgil è piovuta nei giorni scorsi la scomunica della Culmv: «Non siete più autorizzati a trattare per conto nostro». E ora, che ac¬ cadrà? Bloccata a Genova, la trattativa riprenderà mercoledì a Roma, forse con 11 presidente del Consiglio. Ci sarà anche un referendum. «Ma faremmo bene ad evitarlo — ammette un sindacalista della Cgil—perché rischiamo di uscirne con le ossa rotte». E la Compagnia comincia a rivelare smagliature: un centinaio di soci si sono dissociati dalla linea dura del console Batini fondando una cooperativa di post-camalli, la «Zena» (nome di Genova in dialetto), disponibile a subentrare al nucleo originario. E un'altra cooperativa, la «Elettronica e Nautica» (composta da tecnici), si propone per la parte informatica del porto. Si allunga il plotone di chi vede lo scalo non più come una corporazione per pochi, riluttante alle nuove strategie del lavoro, ma come una «azienda» proiettata nel futuro, competitiva, aperta alle leggi del mercato. g.c.

Luoghi citati: Genova, Roma