L' Adamo che sedusse i Carrand

L'Adamo che sedusse i Carrand FIRENZE: IL MUSEO DEL BARGELLO HA RIORDINATO IL SUO TESORO L'Adamo che sedusse i Carrand Fu scolpito in avorio tra il IV e il V Secolo - E' uno dei 3300 oggetti della raccolta donata un secolo fa - Ora il più importante museo italiano delle arti minori la ripresenta, in nuove vetrine climatizzate - Bronzi, smalti, cristalli, cammei, oreficerie, armi raccontano l'avventura di due antiquari di Lione e di una collezione straordinaria FIRENZE — Un piccolo, morbido, nudo Adamo, i quattro fiumi del paradiso terrestre che sgorgano dalla roccia, e poi la serie di animali cui Adamo dà il nome: aquila, corvo, pantera, leonessa, leone, cinghiale, cavallo, toro, capra, serpente, un elefantino, scolpiti nell'avorio con l'occhio senza tempo del grande artista. Chissà chi era quello scultore e chissà quante mani sono passate su quel minuscolo dittico religioso, con le due scene di Adamo nel paradiso terrestre e Vita di San Paolo, realizzato chissà dove (in Italia o, come si credeva, nella regione di Magonza) tra la fine del quarto e l'inizio del quinto secolo dopo Cristo. Serviva forse per appoggiarvi le tavolette di cera con i nomi dei defunti, ma con quelle linee sinuose e allegre indica che il mondo pagano con la sua bellezza ed il suo ottimismo non era ancora tramontato. Immerso nel mistero, è un oggetto straordinario, quasi moderno. Uno dei 3300, rari e preziosi, della collezione Carrand, che da un secolo costituisce il nucleo principale di quella del Museo Nazionale del Bargello, il più importante in Italia di -arti minori'. Riordinata, risistemata in nuove vetrine climatizzate nelle vecchie sale del museo, la raccolta si ripresenta al pubblico, nel centenario della donazione, con due novità. Un ricco volume di oltre 500 pagine f Arti del Medio Evo e del Rinascimento. Omaggio ai Carrand 1889-1989J, edito dalla Spes e curato da trenta specialisti e una piccola ma raffinata mostra introduttiva (1 Carrand e il collezionismo francese 1820-1888, Sala della Cortaccia). Emergono, per la prima volta dopo un secolo, un pezzo di storia del collezionismo francese ottocentesco, due antiquari di Lione, Jean Baptiste Carrand (1792-1871) e il figlio Louis (1827-1888), una serie di oggetti (avori, bronzi, cuoi, smalti, cristalli, cammei, oreficerie, armi e altro ancora) studiati e riscoperti in circa 250 schede di catalogo. I pionieri Jean Baptiste Carrand, figlio di un fabbricante di calze di Lione, era uno dei tanti appassionati di storia medioevale e di archeologia, che la Francia postrivoluzionaria poteva vantare in quei primi anni del 1800. Era il momento di un nuovo interesse per il Medio Evo e i suoi aspetti minori, legato alle applicazioni industriali, che si manifestava in forme vivaci, anche se diverse, a Parigi e nella provincia. A Parigi, David è tra i primi a diffondere con la sua 'Pittura di storio> il gusto per il costume e l'arredo antichi. Alexandre Lenoir, pittore e collezionista, fonda il -Musée des monuments francais», in cui raccoglie, con una spregiudicata museografia, oggetti e sculture medioevali, rinascimentali e barocche. Nicolas-Xavier Willemin pubblica grandi repertori illustrati di 'arti minori' (i 'Monuments francais inédits pour servir à l'histoire des arts depuis le VI siede jusq'au commencement du XVII...' del 1806). Alexandre Du Sommerard colleziona 'antichità, mobili, vetri, armi' ed il figlio Edmond li raccoglie più tardi nel museo di Cluny. Anche in provincia, a Lione, città culturalmente all'avanguardia, con una grossa tradizione nel commercio della seta e dell'editoria, ci sono pittori come Pierre Révoil, che non solo dipingono scene storiche con attenzione minuta agli oggetti, ma collezionano curiosità, 'meravìglie", dalle armi agli stendardi, dagli scudi alle gualdrappe medioevali, agli orologi. Ci sono collezionisti come Durand ed antiquari. Jean Baptiste è uno di loro. Cerca, studia, colleziona manufatti del Medio Evo e del Rinascimento, erranti sul mercato o usciti dai monasteri soppressi. E li espone, distinguendosi per la qualità delle scelte, come nelle mostre di Lione del 1826 e 1827. Allora, nel 1826, aveva presentato tra le altre cose proprio quel¬ l'Orante in avorio dì tricheco, un pezzo norvegese del 1200, tutto lavoralo, adesso al Bargello, una serie di preziosi cofanetti e specchi in avorio del VII-VIII secolo, e piccoli dipinti olandesi. Nel 1835, dopo un viaggio in Italia, si stabilisce a Parigi, entra in contatto con altri amatori, arricchisce la collezione di avori, cristalli, oreficerie, vetri e bronzi. E collabora alla creazione di importanti raccolte come quella del principe Alexis Soltykoff. Dieci anni dopo riesce ad accaparrarsi un pezzo rarissimo, il famoso Flabellum dell'abbazia di Tournos, un grande ventaglio in pergamena dipinta con uno splendido manico d'avorio lavorato, del IX secolo, che serviva a ventilare l'altare e ad allontanare gli insetti durante la Messa (ne esistono solo altri due in Europa, non completi). La collezione è cospicua, -meravigliosamente sceltacome sottolinea nel 1860 la Gazette des Beaux-Arts. Eppure Lione, cui Carrand l'aveva offerta, non l'accetta. A ereditarla nel 1871 è il figlio, che la amplia e in parte la trasforma. Ma che, in polemica con le idee repubblicane del suo Paese, scappa in Italia con tutti i suoi 3 mila reperti. A Pisa, nel 1881, e poi a Firenze nel 1886. Qui, lusingato per l'invito a partecipare alle manifestazioni per Donatello, dona, alla morte nel 1888, tutta la collezione alla città, con la clausola di esporla al Bargello. Il museo fiorentino, organizzato nel 1859 come 'Museo di antichi monumenti... per illustrare la storia della Toscana' sulla scia di quello francese di Lenoir (chiuso nel 1816), amplio, enormemente il suo patrimonio, acquistando carattere europeo. Oggi, nella stretta Sala della Cortaccia, a pianterreno dell'umido e un po'triste edificio pieno di stemmi (era il palazzo del podestà), si possono ripercorrere le tappe di queste vicende attraverso incisioni, disegni e alcuni oggetti significativi. Il Flabellum, /'Olifante, un Riccio di pastorale appartenuto a S. Ivo, vescovo di Chartres, cofanetti del VII e Vili secolo, una curiosa borsa in pelle ricamata francese o fiamminga del 1500, valve di specchi in avorio, candellieri, smalti e maioliche. Stelle d'oro Ma il bello viene al primo piano. Li, in quattro sale dai soffitti neogotici, blu a stelle d'oro, si dipana l'antica raccolta con le sue migliaia di pezzi curiosi e rari. Gli avori, innanzitutto, 265 dal V al XVII secolo. Dittici sacri, placchette per rilegature di codici, crocefissi, statuine di santi e Madonne, giochi di scarchi, coltelli, specchi, pettini. Quali i più belli? Certamente il dittico di Adamo, disteso tranquillo in una vetrina. E poi le valve, o custodie, di specchi medioevali che le gentildonne del tempo si portavano appese alle cinture. Intagliate con finezza, rappresentano minute e fantastiche scene d'amore tra boschi e castelli. Ce ne sono di francesi, di tedesche e anche forse di false ottocentesche, come quella col Castello d'amore, dove satiri e donzelle si accarezzano in un'atmosfera un po' troppo pittoresca. Un "Imperatrice Arianna, agghindata e severa, spunta in un dittico bizantino del VI secolo, mentre dalle botteghe carolinge provengono straordinarie placchette scolpite del IX (David in trono, Vita di S. Pietro, le Virtù che trionfano sui vizi;. Francese, e non italiano come si credeva, è anche un bellissimo Crocefisso della fine del 1200, insolitamente appoggiato su una croce di lamine d'oro. Eccezionale una scacchiera con sul verso il gioco del tric-trac: sembra di vederli quegli antichi signori giocare, guardando sulle fasce scene galanti e cortesi, cacce e combattimenti. Nella Sala Carrand, subito dopo, c'è di tutto. Dai gioielli agli smalti, dai piccoli dipinti fiamminghi ed italiani agli oggetti di ferro e metallo, dai bronzi ai cammei, dagli orologi ai profumatoi orientali. Louis sorride soddisfatto in un bel busto di italo Vagnetti. La gente guarda curiosa: quale la vetrinapiù attraente, quella degli smalti o dei gioielli? I gioielli, forse. Raffinati ed elaborati orecchini, pendenti, collane e fermagli, bizantini, franchi, longobardi del VI-VII secolo, che le grosse lenti piazzate nelle vetrine ci fanno apprezzare sino in fondo. Ma anche oreficerie dal 1400 al 1800, come quella complicatissima spilla parigina con Dromedario in oro, smalto, pietre, perle e «péii» durati: un giardino del Rinascimenlo in pochi millimetri. Molto ricca la sezione degli smalti, testiinoniata da una grande varietà di tecniche e di forme. Dai rari reliquiari e pissidi bizantine, di cui la collezione offre parecchi esempì, alle placchette medioevali mosane e di Limoges, agli splendidi smalti dipUUi su rame nel 1500 dalia bottega limosina di Jean Pénìcaud, che facevano impazzire i co'U'zionisti ottocenteschi. Sino alle eleganti coppe firmale, ancora a Limoges. da Pierre Raymond, nel seco7ido trentennio del 1500, ispirate ai costumi dell'epoca e alla scuola di Fontainebleau. Di piccolo formalo, preziosi come miniature, non motti (59 in tutto) sono i dipìnti, soprattutto italiani e fiamminghi del 1300 e 1400. Ben scelti, anche se non tra gli oggetti preferiti dai Carrand. sono pezzi famosi come il piccolo dittico forse lussemburghese del 1360 o il grande dìttico del 13X0 rsacra conversazione e Crocefissione;, tutto incastonato in una preziosa edicola di legno, uscito forse da un atelier parigino legato al duca di Berry. Curiosa la serie dei metal li, tra cui spiccano gli 'acquamanili-: piccoli guerrieri a cavallo, sassoni e svevi del 1300 e 1400 con un beccuccio da cui usciva l'acqua per lavarsi le mani dopo i pasti. Ce n'è una bella serie, curata in ogni particolare del costume, armatura, lancia, elmo. E con loro,, decine di brocche, bacili, piatti fiamminghi, tedeschi, francesi ed italiani. Maurizia Tazartes Firenze. «Adamo nel paradiso terrestre» (avorio, tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, Museo nazionale del Bargello) «Astrolabio» in ottone dorato (Collezione Carrand)