I gatti invasori di Mario Baudino

I gatti invasori PARLA LO SCRITTORE COULIANO I gatti invasori . Il giorno che gli zorabi invasero la Giormania la storia di quell'infelice paese europeo sembrò sul punto di cambiare radicalmente. Il presidente Gologan venne sbranato in pochi minuti, e per buona misura anche evirato, mentre la moglie, madame Mortu, fu semplicemente sgozzata. Poi il primo zorabo se ne andò in giro per il paese riproducendosi a un ritmo frenetico, e generando legioni di suoi simili, ferocissimi e assassini, nonostante avessero l'aspetto di un normale gattone. Il grande sussulto politico e sociale che ne derivò permise agli oppositori di instaurare un regime democratico, anche se sotto tutela del vicino impero Maculista, la cui polizia segreta aveva per l'appunto provocato il rivolgimento inviando il terribile felino. Poi tutto finì più o meno come la primavera di Praga, anche se non è detto che gli zorabi si siano completamente estinti. «Per la verità, io credo che quei gatti — li avevo immaginati nell'86 — ora siano di nuovo in marcia. E auspico che invadano al più presto la Giormania». Joan P. Couliano, che questa storia ha scritto insieme con altri brevi e deliziosi racconti pubblicati ora da Jaca Book in prima mondiale con il titolo La collezione di smeraldi, fa dell'ironia piuttosto amara. La tragedia della Giormania, in cui è facile individuare la Romania, è quella del suo paese, da cui se ne è andato nel '72 per venire a studiare in Italia. Privato della cittadinanza nel 78, Codiano ha lavorato con Ugo Bianchi alla Cattolica di Milano prima di diventare professore a Gronningen (nei Paesi Bassi) ed approdare infine all'Università di Chicago, dove ha insegnato fino alla morte uno dei suoi grandi maestri, Mircea Eliade. Studioso di storia delle religioni e del Rinascimento italiano (la sua tesi di laurea, a Bucarest, era stata su Marsilio Ficino), ha pubblicato nell'87, per Il Saggiatore, Eros e magia nel Rinascimento. Proprio fra eros e magia propone ora, contemporaneamente, un impegnativo studio su / miti dei dualismi occidentali, ossia sul filone «gnostico» — quello che vede una radicale e inconciliabile separazione fra bene e male — della nostra cultura, e una raccolta di racconti che per certi versi possono ricordare Borges, e per alti i testimoniano di una attenzione particolare alla narrativa fantastica nella letteratura balcanica (basti pensare alle opere di Danilo Kis, scrittore jugoslavo che ora vive a Parigi, presentate in Italia da Adelphi, e agli stessi romanzi di Eliade). Ma perché uno studioso si mette a scrivere bracconti? «La spinta — spiega Couliano — è sempre un'attività appartenente al pensiero. Potrei dirle che non sono io a produrre racconti, ma ogni uomo è un momento della storia del pensiero». E La collezione di smeraldi in qualche modo sembra confermare questa stretta parentela tra lo studioso e il narratore. Si spazia dal santo musulmano che scopre le proprietà del suono e riesce a dimostrare che la creazione è un gioco, facendo nascere un mondo parallelo ed effimero da un mormorio, all'uomo fantasma che dice sempre la verità e pone tutti di fronte all'impossibilità di continuare a mentire, senza però alterare in modo sostanziale l'aspetto del mondo o i rapporti tra le grandi potenze; per finire con il corridore tibetano che percorre in stato di trance chilometri e chilometri senza poter ricordare il messaggio che i monaci gli hanno impresso nell'inconscio. Tutti i protagonisti della Collana di smeraldi sono eroi dell'immaginazione, costruiscono degli scenari in cui è lo sguardo dell'uomo che crea gli oggetti, il mondo. Anche se questo sguardo in qualche modo non è mai «libero», forse non può scegliere. Proprio come nei miti: e che cosa leghi questi due aspetti dell'esistenza, Couliano lo spiega nello studio sulla Gnosi. I miti diventano pezzi di una grande scacchiera. «Ciò che ho raccolto in questo studio forma un sistema che può essere in qualche modo previsto prima che entri nella storia. Basta pensarci, e si troverà tutto ciò che è destinato a incarnarsi nella storia umana. E' un discorso che vale per tutte le religioni del mondo». La novità è proprio nel fatto che Couliano critica e rovescia la tradizionale interpretazione secondo cui la Gnosi (l'insieme cioè di quei movimenti religiosi sviluppatisi nei primi secoli del cristianesimo e parallelamente nell'ebraismo) abbia una sorta di luogo d'origine: le antiche credenze religiose iraniane. E dimostra che atteggiamenti «anticosmici», dove cioè il creato viene visto come un inganno di un dio malvagio, sono presenti in tutte le tradizioni, dall'America all'Asia. Il «demiurgo malvagio», insomma, è un po' dovunque, fa parte di una generale esperienza del mondo. Ma tutto questo che cosa ci insegna? «Che tutte le attività umane vanno riconsiderate in quanto prevedibili, perché sono prodotte da un pensiero le cui radici storiche non vengono mai messe in discussione. E' un processo che non ha nessuna garanzia di verità». E questo ce lo dicono i miti? «Sì, ma anche la storia della scienza. Con un buon computer forse potremmo generare tutti i programmi politici a partire da un certo numero di idee». Lei conclude il suo studio lasciando poche speranze. «Bisogna rassegnarsi — scrive — al fatto che ogni attività umana è il risultato di un bricolage mitico e che i suoi stessi principi non offrono alcuna garanzia di verità... Nella scienza vi sono alcuni miti più veri degli altri... ma nella società tutti gli esperimenti sembrano allo stesso grado possibili». Viviamo insomma in un «conflitto mitico», e la «dannazione della razza umana è che tutti i suoi miti sono egualmente veri. E' solo il potere che ne rende alcuni più veri degli altri, ma alla fine ogni potere viene eliminato da un altro, che ha motivazioni mitiche diverse». Sembra di leggere una teorizzazione, per tornare al suo Paese, della sua assai pessimistica «perestrojka dei gatti». Non le sembra che una conclusione del genere condanni in qualche modo all'inattività? «No, io scrivo moltissimo contro il regime di terrore della Romania, e cerco di tenere i contatti con gli esuli. Ma non sono ottimista che le cose possano cambiare, almeno senza un forte impegno di giustizia. I romeni non hanno fin'ora protestato, e se l'hanno fatto sono stati repressi. Un cambiamento non potrà che partire dall'alto, ma scatenerà un movimento di rivolta che non potrà avere un atteggiamento pacato rispetto a quanto ha compiuto questo regime». La Romania ha prodotto grandi figure intellettuali, come Ionesco, Cioran, Eliade, che però sembrano non avere in qualche modo eredi. Come lo spiega? «Col fatto che appartengono a una generazione diversa, e sono cresciuti in un altro paese, con un'altra identità e un altro sentimento di essa. Soprattutto in Eliade tutto ciò è molto presente. Non dimentichiamo che dopo la prima guerra mondiale la Romania era fra le potenze vincitrici, e sviluppò un fortissimo sentimento di identità culturale e nazionale. Questi grandi inrellettuali ne facevano parte. Poi c'è stata la dittatura. Le confesso che speravo che la mia generazione potesse fare molto di più». Mario Baudino